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Coronavirus, spartiacque della storia tra prima (a.C.) e dopo (d.C.)

Thomas Friedman, l’autore de “Il mondo è piatto”, ha scritto un editoriale sul New York Times, che goWare presenta qui nella versione italiana, che divide il mondo tra a.C. (avanti il Corona) e d.C. (dopo il Corona) di cui si intravedono alcune trndenze: ecco quali

Coronavirus, spartiacque della storia tra prima (a.C.) e  dopo (d.C.)

Thomas Friedman non ha bisogno di tante presentazioni neppure per il pubblico italiano. Editorialista d’eccellenza del New York Times ha scritto molti libri sull’attualità (tradotti in italiano da Mondadori). Ha vinto tre premi Pulitzer per i suoi reportage dal Libano. Il suo libro del 2014, Il mondo è piatto non è passato inosservato suscitando molte discussioni e molte critiche. Il premio Nobel Joseph Stiglitz, pur apprezzando il lavoro di Friedman, dissente con vigore dall’analisi di Friedman “il mondo non è piatto. Non solo il mondo non è piatto in molti modi, ma sta diventando sempre meno piatto”. Evidente riferimento alle diseguaglianze che la globalizzazione spinta dalle tesi di Friedman stava producendo. 

Le opinioni di Friedman erano tenute molto in considerazioni da Steve Jobs, che pur aborrendo i giornalisti, spesso telefonava a Friedman per consigli.  

Si dice che lo stesso leader cinese Xi Jinping legga con avidità gli articoli di Friedman e si ispiri alla prosa creativa di Friedman per coniare slogan e parole d’ordine. L’attuale motto del Partito comunista cinese (Chinese Dream –中國夢) sembra sia balenato nella mente di Xi dalla lettura di un pezzo di Friedman dal titolo China Needs Its Own Dream, apparso sul New York Times il 2 ottobre 2012. Il New Yotk Times offre gli articoli di Friedman anche in lingua cinese. 

Vi proponiamo la traduzione italiane dell’editoriale apparso sul giornale di New York il 17 marzo 2020. 

È un bel contributo. Vale la pena dedicarci qualche minuto. 

Il mondo è molto più che piatto 

Prima della crisi del coronavirus, stavo meditando di scrivere un libro sui partiti politici del XXI secolo. Alla luce di questa epidemia globale è ovvio che ciò non ha più senso. C’è un mondo a.C. – avanti il Corona – e un mondo d.C. – dopo il Corona. E non abbiamo nemmeno iniziato a immaginare come potrà essere questo mondo d.C.! Ma ecco alcune tendenze che sto osservando.

Nel 2004 ho scritto un libro, Il mondo è piatto, sulla crescente interconnessione globale. Da allora il mondo è diventato molto più piatto e molto più interconnesso. Diamine, quando ho iniziato a scrivere quel libro, Facebook era appena stato lanciato; Twitter era solo un cinguettio; il Cloud era ancora nel cielo; 4G era un parcheggio; LinkedIn era una prigione; per la maggior parte delle persone, le applicazioni erano cure per i dolori; Skype era un errore di battitura e Big Data una star del rap. E l’iPhone era ancora il progetto segreto di Steve Jobs. 

Tutti questi strumenti di connettività, per non parlare del commercio globale e del turismo, sono esplosi dopo il 2004 e hanno davvero cablato il mondo intero. Ecco perché il nostro pianeta oggi non è solo interconnesso, ma è interdipendente – e per molti versi anche fuso in un unico stampo. 

Tutto questo ha portato una grande crescita economica. Ma ha anche significato che quando le cose vanno male in un posto, quell’andar male viene trasferito subito agli altri posti nel modo più veloce, più profondo e meno costoso che mai. Così, se un pipistrello pieno di virus morde un pangolino in Cina, quella bestiolina viene venduta al mercato della selvaggina di Wuhan, la sua carne contaminata infetta un commensale in una tavola calda della Cina con un nuovo coronavirus e in poche settimane tutte le scuole del mondo chiudono e capita che dobbiamo stare a un metro e mezzo l’uno dall’altro e non possiamo più andare al lavoro. 

Ma è per questa interdipendenza che la crisi del virus è appena cominciata. Bill Joy, il tecnologo che ha cofondato la Sun Microsystems e Netscape, mi ha detto: “Era piuttosto prevedibile il modo in cui la pandemia si è diffusa in queste settimane. Ma ora siamo arrivati a un punto imprevedibile nel quale tutti i nostri sistemi di connessione, ognuno con i propri cicli di feedback, si stanno spegnendo. Questo porterà inevitabilmente ad alcune conseguenze accidentali e caotiche – come il fatto che nessuno si occuperà più dei figli degli operatori sanitari impegnati nel combattere il virus”. 

La potenza dellesponenziale 

Una delle cose più difficili da afferrare per la mente umana è la potenza riproduttiva di un esponenziale – qualcosa che continua a crescere a potenza senza sosta, come una pandemia. Il cervello non riesce a capire quanto velocemente 5000 casi di infezione confermata da coronavirus in America possano esplodere in un milione di casi se non la blocchiamo subito. 

Ecco un modo semplice per spiegare la minaccia esponenziale che dobbiamo affrontare – un modo che un immobiliarista, spesso fallito, come Donald Trump potrebbe capire. A spiegarlo bene è ancora Bill Joy: “Il virus è come uno strozzino che fa pagare il 25 per cento di interesse al giorno. Abbiamo preso a prestito 1 dollaro. Poi abbiamo traccheggiato per 40 giorni. Ora siamo in debito di 7500 dollari. Se aspettiamo altre tre settimane per pagare, saremo in debito di quasi 1 milione di dollari”. 

Ecco perché lavorare ogni giorno per rallentare il tasso di contagio e testare tutti i possibili contagiati è tutto. Perdere questa battaglia significa perdere la guerra. 

Ecco il motivo pe cui l’unico numero che ora mi interessa non è il tasso di interesse della Federal Reserve, ma il numero di pazienti affetti da coronavirus in terapia intensiva rispetto al numero di posti letto in ospedale e in terapia intensiva necessari per le cure. Se il secondo numero può contenere il primo quando il virus raggiunge il suo picco, allora siamo a posto. 

Il lato positivo dellesponenziale 

C’è, però, un altro esponenziale che potrebbe finire per salvarci. È quello della legge di Moore, elaborata nel 1965 dal cofondatore di Intel, Gordon Moore. La legge dice che la velocità e la potenza di elaborazione dei computer raddoppia ogni due anni, poiché sempre più componenti possono essere stipati sulla medesima superficie di un microchip. 

Intel, per spiegare la forza della legge di Moore nel rendere ogni genere di cose migliori, più intelligenti e più veloci, chiese ai suoi tecnologi di stimare cosa sarebbe oggi un Maggiolino Volkswagen del 1971 se avesse avuto la stessa velocità esponenziale d’incremento dei microchip dal 1971. I tecnologi di Intel sentenziarono che il Maggiolino Volkswagen oggi avrebbe raggiunto i 500 mila chilometri orari di velocità, percorso 6 milioni di miglia con un litro e sarebbe costato 4 centesimi di dollaro. 

Questo è il potenziale positivo di un’esponenziale nell’ingegneria – e potrebbe essere proprio il tipo di esponenziale in grado di portare rapidamente a una cura e un vaccino contro il coronavirus. 

Come ha scritto domenica Nitin Pai, direttore della Takshashila Institution, un centro di ricerca indipendente di Bangalore, India, su livemint.com: “I progressi dell’informatica e della biologia sintetica hanno rivoluzionato l’individuazione e la diagnosi degli agenti patogeni, come pure i processi di progettazione e sviluppo dei vaccini, sottoponendoli a cicli simili alla legge di Moore. Le recenti epidemie, a partire dalla SARS e che includono H1N1, Ebola, Zika e ora Covid-19, indirizzeranno più talenti e inventività verso le scienze biologiche ed epidemiologiche”. 

Accadrà abbastanza velocemente? Anche nell’era dei supercomputer, ha notato Gautam Mukunda, un ricercatore del Centro per la leadership pubblica della Harvard Kennedy School, “non abbiamo ancora un vaccino per l’HIV o la malaria – due malattie gravi e ancora diffuse che combattiamo da anni. È sicuramente vero che la scienza raggiungerà il punto in cui potremo sviluppare al volo nuovi vaccini; il problema è che è ancora molto, molto difficile”. 

La pandemia cambierà il quadro politico americano? 

So per certo che c’è una barzelletta che i repubblicani non racconteranno quest’anno durante la campagna elettorale. È quella in cui contestano il Deep State, i burocrati del governo, e suscitano ilarità nel pubblico dicendo: “Ciao, sono del governo e sono qui per dare una mano”. 

Supereremo questa crisi grazie alla profondità, alla competenza e all’impegno disinteressato del nostro Deep State e del nostro “big government”. Sarà la mobilitazione degli scienziati, dei professionisti della medicina, dei professionisti dei disastri, degli esperti ambientali – tutte persone a cui Trump ha cercato di tagliare le gambe. In questo momento io tifo sia per il “big government” quanto per i “Big Pharma”. Loro possono salvarci davvero. 

Anche la nostra cultura politica sta per cambiare prima che tutto questo sia finito. La mia amica Prof. Michele Gelfand dell’Università del Maryland è l’autrice di Rule MakersRule Breakers: How Tight and Loose Cultures Wire the World

In un intervento sul “Boston Globe” della scorsa settimana, la Gelfand ha ricordato un articolo pubblicato su “Science” diversi anni fa. In quell’articolo lei e i suoi colleghi avevano classificato i paesi in termini di priorità data alla libertà in società “strette” e in società “sciolte”. Scrive: “Le società ristrette, come la Cina, Singapore e l’Austria, hanno molte regole e punizioni che disciplinano il comportamento sociale. I cittadini di quei luoghi sono abituati a un alto grado di monitoraggio volto a rafforzare il buon comportamento. Le culture sciolte in paesi come gli Stati Uniti, l’Italia e il Brasile hanno regole più rilassate e sono molto più permissive”. 

Queste differenze sul modo d’intendere la libertà individuale non sono casuali: “I paesi con le leggi più severe e le punizioni più dure sono quelli con storie di carestie, guerre, disastri naturali e, sì, epidemie di agenti patogeni. Queste nazioni inclini al disastro hanno imparato nel corso dei secoli la strada difficile da percorrere: regole ferree e ordine salvano vite umane. Nel frattempo, le culture che hanno affrontato poche minacce – come gli Stati Uniti – possono permettersi il lusso di rimanere “sciolte”. 

È abbastanza ovvio, ha osservato la Gelfand, che “società notoriamente strette”, come Singapore e Hong Kong, abbiamo messo in campo una risposta più efficace a Covid-19”. 

Allo stesso tempo, le carenze nel coordinamento della Casa Bianca e figure pubbliche sconsiderate  – come Larry Kudlow, Sean Hannity, Laura Ingraham, Rush Limbaugh, Kellyanne Conway, Devin Nunes e lo stesso Trump – che inizialmente hanno minimizzato l’impatto potenziale del virus o hanno imputato motivazioni politiche a coloro che domandavano un’azione, hanno contribuito ad aggravare i rischi per tutti noi. 

La Gelfand ha così concluso il suo articolo: “In tutta questa incertezza dobbiamo ricordare che la traiettoria del virus ha tanto a che fare con la natura del coronavirus quanto con la cultura. La nostra libera programmazione culturale deve fare un grande cambiamento nei giorni a venire”. 

La Greatest Generation ci è riuscita nella Grande depressione e nella Seconda guerra mondiale. Possiamo farlo adesso? 

Solo la generosità ci salverà 

Ci sono milioni di imprenditori e datori di lavoro là fuori che hanno investito in attività a lungo termine che si supponeva sarebbero salite di valore – un’azione, una società, una casa, un ristorante, un negozio – con denaro preso in prestito. Sono soldi che ora non possono più restituire. 

Quindi, non abbiamo solo bisogno che la Fed aiuti le loro banche a evitare un tracollo totale, non abbiamo solo bisogno che le banche ristrutturino i loro debiti, abbiamo bisogno di far entrare del denaro fresco nelle tasche di tutti i lavoratori in modo che possano mangiare dopo che il loro ultimo stipendio è stato speso. È incoraggiante vedere l’amministrazione e il Congresso muoversi rapidamente per fare proprio questa cosa. 

Più serriamo la nostra cultura e più apriamo i nostri portafogli, più la società diventerà forte e gentile nell’era d.C., dopo corona. 

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