Le decisioni di politica economica delle prossime settimane si articolano su due fronti: quello europeo e quello interno. È evidente che ciò che si decide in Europa avrà grande impatto sullo scenario politico ed economico ma non si devono trascurare le importanti scelte che rientrano nella esclusiva responsabilità del governo italiano. E qui sarebbe utile distinguere gli interventi finalizzati a fronteggiare l’emergenza – dove va rafforzato l’aiuto diretto alle famiglie e ai lavoratori autonomi e sostenuta la liquidità e la solvibilità delle imprese – da quelli che vanno rapidamente messi in cantiere per la ripresa.
Gli interventi del governo con il decreto del 25 marzo e con quello di prossima emanazione rientrano prevalentemente nel primo gruppo di politiche (l’emergenza). Ma se si vuole evitare una recessione ad U, e anche una U con un tratto orizzontale prolungato nel tempo, bisogna pensare a quella che Romano Prodi ha definito qualche giorno fa “la ricostruzione”. E forse qui bisogna concentrarsi sulle politiche microeconomiche di medio periodo non essendo utili le politiche monetarie e fiscali.
Si possono indicare almeno tre campi d’intervento: evitare – o minimizzare – ricadute sensibili del fenomeno epidemico che blocchino nuovamente il sistema produttivo; alleggerire il peso della burocrazia per rendere rapida la ripresa degli investimenti; stimolare l’innovazione tecnologica attraverso la domanda pubblica.
Sul primo versante l’obiettivo dovrebbe essere rendere compatibili diritto al lavoro e diritto alla salute. Sembrano essere disponibili due strumenti, anche se entrambi con qualche criticità: patentino per gli immunizzati (che richiede però test sierologici che non sembrano al momento del tutto affidabili) e monitoraggio dei comportamenti (in questo caso i problemi del rispetto della privacy sembrano risolvibili attraverso l’identità digitale). In ogni caso non è ancora chiaro come il governo vorrà procedere. E visto che qualsiasi sistema richiede tempo per essere reso operativo sarebbe utile fare chiarezza sugli obiettivi e cominciare a discutere su come si intende procedere.
Sul peso eccessivo degli oneri burocratici alcune proposte sono già state indicate. In primo luogo, bisogna alleggerire il peso eccessivo della responsabilità sui funzionari (prevedendo ad esempio che questi risponda solo in caso di dolo e non di colpa grave). Poi si potrebbe chiarire la piena e diretta applicabilità per i prossimi due anni della norma (che già esiste nel codice degli appalti) che dà la possibilità alle amministrazioni aggiudicatrici, nei casi di estrema urgenza – e che non vanno limitate al materiale sanitario – di procedere ad affidamento mediante procedura senza pubblicazione del bando di gara (possibilità ribadita proprio in questi giorni da una comunicazione della Commissione). E, da ultimo. le deroghe che sono concesse alla Protezione Civile andrebbero estese alle stazioni appaltanti di maggiore dimensione.
Infine, è chiaro che l’epidemia richiede un salto nella diffusione delle tecnologie: sul fronte sanitario in primo luogo ma anche per rendere possibili stili di vita e di lavoro più distanziati. La comunicazione digitale sarà l’architrave delle relazioni sociali e, molto di più di ieri, dell’organizzazione produttiva, soprattutto nei servizi. E qui scontiamo un forte ritardo del nostro paese: nella pubblica amministrazione (come dimostra il caso INPS) ma anche nel settore privato che esita su decisioni di importanza strategica come dimostra il caso della banda larga. È quindi urgente riprendere il piano di informatizzazione del paese, sostenere l’infrastrutturazione e scegliere tra concorrenza e monopolio nelle rete.
Il programma è vasto, come si usa dire. E forse sarebbe utile che la differenza emergenza/ricostruzione trovi anche all’interno del governo luoghi di elaborazione e strumenti legislativi distinti. Portare tutto sullo stesso tavolo e negli stessi momenti rischia di aumentare la confusione e di questo già adesso non si sente proprio il bisogno.