Sono sempre di più le donne coreane che abbandonano il lavoro per prendersi cura dei figli e, dicono le statistiche, il loro numero, in costante se pure lieve aumento negli ultimi anni, ha avuto un’impennata nel 2014. Gli esperti di Korea Statistics mettono in relazione l’incremento con il baby boom del 2007, intitolato, secondo il calendario cinese, al maiale d’oro, e considerato un anno che assicura a chi vi nasce un’eccezionale prosperità e buona sorte. I coreani, come i cinesi, ci credono ciecamente e si sono affrettati a far nascere i propri figli in quell’anno fortunato. Sette anni dopo è arrivato il momento per tutti questi bambini di andare a scuola (in Corea le elementari iniziano a sette anni) e le madri – il soggetto, lavorativamente parlando, più “debole” della famiglia – hanno lasciato in massa il lavoro per sostenere i bambini nei primi anni di scuola. La notizia si comprende meglio se si tiene conto che le scuole coreane – tra le migliori del mondo in quanto a risultati e performance – esigono moltissimo dai propri studenti e fin dai primi anni.
La competizione per accedere alle università migliori – quelle che assicurano gli impieghi più prestigiosi e meglio retribuiti – è altissima e inizia prestissimo: lo studente, che supera le classi elementari con voti elevati, infatti, può permettersi di iscriversi alla scuola migliore tra quelle di grado superiore, e così via. A reggere il peso di questa corsa al successo per la prole sono le mamme, che sacrificano posto di lavoro e aspirazioni sia perché generalmente guadagnano meno dei mariti, sia perché è opinione diffusa che spetti a loro occuparsi delle necessità dei figli. Gli uomini coreani, inoltre, risultano particolarmente restii al lavoro entro le mura domestiche. Un’altra statistica, targata Ocse, dice infatti che mariti e padri coreani dedicano ai lavori domestici e alla cura dei figli non più di 45 minuti al giorno, meno di un terzo della media dei Paesi Ocse (141 minuti). La stessa statistica che presenta sotto una cattiva luce gli uomini coreani, premia invece i danesi, che, con 186 minuti al giorno trascorsi a lavorare in casa a fianco delle proprie donne, sono i mariti più “virtuosi” del pianeta.