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Corea del Nord: fare turismo in uno dei Paesi più misteriosi del mondo

La buona notizia è che oramai andare in Corea del Nord è molto facile: si ottiene il visto in pochi giorni, una agenzia turistica italiana provvede ad organizzare tutto il viaggio e all’arrivo i controlli sono incredibilmente minimi, i doganieri sono gentili e rispettosi, si può tenere qualsiasi apparecchiatura elettronica si abbia, compreso il telefonino, che comunque non funzionerà.

Ma in effetti le similitudini con la nostra realtà finiscono qui, perché andare in Corea del Nord oggi significa entrare in un mondo distopico, dove apparentemente le cose funzionano come da noi, con novità visibili e moderne, ma anche con grandissime limitazioni e difficoltà dovute ad un regime bizzarro ed unico nel suo genere.

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PYONGYANG

In Corea del Nord si arriva attualmente solo da due posti, da Pechino e Vladivostok in Russia, ci sono solo pochi voli al giorno (in alcuni giorni non arriva né parte nessun aereo) e il piccolo ma moderno aeroporto della capitale riporta sui tabelloni al massimo quattro o cinque voli al giorno. Arrivando a Pyongyang di notte si sorvola un paese assolutamente buio ed anche arrivati nella capitale si capisce come il primo grosso problema nordcoreano sia l’approvvigionamento elettrico.

Nella stessa capitale le strade illuminate sono decisamente poche, e anche di quelle principali, magari a 6 corsie, spesso è illuminata solo metà carreggiata. Nei negozi è facile restare vittime di blackout mentre negli hotel per i turisti stranieri generalmente non ci sono problemi anche se la facciata dell’hotel, come il resto dei palazzi della capitale sono illuminati solo fino alle 22, poi cala un buio pesante. Rimangono sempre accesi solo i principali monumenti del regime. La colpa viene attribuita al fatto che la Corea non produce sufficiente energia elettrica per sé stessa e che “a causa delle sanzioni”, non sia possibile acquistarla dall’estero.

La capitale è comunque un’isola fortunata e quindi se ci sono problemi qui è facile capire nel resto del paese come vadano le cose. A Pyongyang è presente, molto visibile ed inquietante, una centrale a carbone quasi in centro città, che produce un fumo nero e avvolgente per tutto il giorno. La capitale è dominata da strade enormi, pulitissime ma assolutamente sproporzionate per il traffico esistente, che comunque rispetto agli scorsi anni è molto aumentato, segno di timide aperture verso chi può comprare un’auto anche di lusso: comunque sembra di essere in un pomeriggio di ferragosto di una nostra città, file, traffico, clacson ed ingorghi sono del tutto sconosciuti qui. Parecchi i taxi, molti i mezzi pubblici talvolta anche abbastanza moderni.

Non esistono insegne pubblicitarie, di nessun genere, i radi negozi sono a malapena segnalati da piccole insegne, non esistono cartelloni, non c’è assolutamente nulla di ciò che è presente nelle economie di mercato. Eppure molte zone sono state rinnovate, ci sono bei condomini colorati anche di un certo design, a spezzare la monotonia di palazzoni in stile sovietico che generalmente dominano il panorama, si vedono anche i semafori agli incroci laddove fino a poco tempo fa c’erano solo graziose ed inflessibili vigilesse a regolare il traffico. Non è insomma una città ferma nel tempo ma è certamente lontanissima dagli standard occidentali o cinesi, anche se esistono centri commerciali che nulla hanno da invidiare ai nostri, e sembrano anche molto frequentati a giudicare dalle persone viste, che non possono certo essere tutte comparse del regime. Esistono ristoranti, frequentati quasi esclusivamente dai turisti, che però chiudono alle 21. Nulla è stato possibile sapere sulla vita notturna, dato che i turisti rimangono segregati in albergo.

“Mass games” coreani con coreografie fatte da migliaia di persone – Enrico Maria Ferrari
Lo sfarzo della metropolitana di Pyongyang – Enrico Maria Ferrari

Gli alberghi dove vengono portati i turisti sono il meglio possibile in Nord Corea e sono generalmente strutture di buon livello, anche se spesso si notano i segni del tempo (sono quasi tutti costruiti negli anni ’80 e ’90) come carta da parati rovinata, bagni vecchi, acqua non potabile. Ottimo in genere il cibo proposto. Esistono cittadelle dello sport con impianti molti nuovi e funzionali, particolarmente curati e ricchi i centri culturali dove i giovani possono ricevere una formazione supplementare: è in questa “accademia” che i turisti possono vedere degli spettacoli con bambini bravissimi (ed inquietanti) scelti per il loro talento.

Nella capitale si tengono settimanalmente anche i famosi “mass games”, una sorta di spettacolo globale al quale partecipano circa 40.000 figuranti (in uno stadio che può contenere oltre 100.000 persone) di cui la gran parte impiegata a fare i “pixel umani”: dotati di cartoncini colorati, eseguono in maniera perfettamente coordinata delle coreografie colorate facendo apparire su una tribuna disegni a tema come fosse un gigantesco display.

Un palazzo di Pyongyang – Enrico Maria Ferrari

Pyongyang è comunque un mondo a parte, privilegiato rispetto al resto del paese per disponibilità di prodotti e strutture, il trasferimento nella capitale, come da e per qualsiasi altra parte del paese, non è comunque di libera scelta delle persone. Nella capitale c’è un enorme luna park in stile occidentale, parchi acquatici e biblioteche in giganteschi palazzi in puro stile sovietico che dominano il panorama e sono generalmente deputati a contenere i monumenti del regime.

IL TURISMO E L’ECONOMIA

E’ una delle voci sulla quale il regime di Pyongyang conta molto, ma bisogna capire bene che tipo di turismo è permesso. Chi arriva dall’estero non può girare liberamente, mai: è sempre accompagnato ovunque da una o due guide, non può scegliere l’albergo né i ristoranti, c’è una certa flessibilità nel programma proposto ma non è consentito mai allontanarsi da soli. La sera non si può uscire dall’albergo. Il telefonino come detto non funzionerà in quanto non c’è roaming coi nostri operatori, si può comprare a caro prezzo una sim locale che servirà comunque solo per fare telefonate (comunque possibili dal centralino dell’albergo). Anche con la sim locale il collegamento dati è di fatto limitato ad una grossa rete locale, non si naviga come da noi.

In Corea del Nord non c’è internet, in nessun modo, quindi niente Facebook, Whatsapp e siti web. Ovviamente nell’albergo non c’è nessun Wifi per collegarsi. Anche girando per il paese gli alberghi per i turisti sono di buon livello, diversamente dagli alberghi per i coreani (vecchi e brutti con strutture fatiscenti) spesso molto carini ma risentono delle carenze generali del paese: c’è magari sempre l’elettricità, ma l’acqua calda può esserci solo a giorni alterni. Anche l’acqua può rappresentare ancora un problema come approvvigionamento ed usufruendo di bagni o strutture non dedicate ai turisti è facile vedere come ovunque ci siano bacini di raccolta, segno di interruzioni nella fornitura di acqua. Negli alberghi della capitale è presente la tv satellitare, ma fuori si riescono a vedere solo i canali locali (uno o due), perennemente occupati da sceneggiati patriottici o notizie enfatiche sui progressi del regime.

Le infrastrutture nel paese sono carenti: ci sono autostrade enormi, a 3 o 4 corsie per carreggiata, ma totalmente dissestate, senza alcuna segnaletica e senza ovviamente traffico, le gallerie sono totalmente buie. Non si va oltre i 90 km/h a causa delle buche, quindi i trasferimenti sono lunghi. Sono viaggi faticosi, le stazioni di servizio non esistono e quando si trovano, uno o due ogni 100 chilometri, sono deserte, non c’è neanche il distributore di benzina, al massimo si può comprare qualche snack.

La desolazione dell’autostrada più importante della Corea del Nord – Enrico Maria Ferrari

Le autostrade sono così poco frequentate che spesso si vedono biciclette sulla carreggiata, anche contromano, scooter, gente che cammina ai lati o semplicemente ferma ai margini della strada. I pochi guidatori hanno una guida pessima anche in città, dove non concedono mai la precedenza sulle strisce pedonali o fanno manovre azzardate a causa dello scarso traffico.

Molto frequenti i posti di blocco, letteralmente al centro dell’autostrada, anche se questo non è un problema per il turista che non può naturalmente viaggiare da solo e che si affida ai permessi che mostra la propria guida locale.

Cosa c’è da vedere in Corea del Nord? Soprattutto i monumenti del regime, che fuori dalla capitale si concretizzano in strutture dove i leader della nazione hanno lasciato il segno per qualche motivo, magari solo un discorso su una panca. Ma anche una natura meravigliosa, campi coltivati a perdita d’occhio, (segno che la grande crisi alimentare degli scorsi anni è comunque archiviata), molte montagne, località termali e persino resort dove andare a sciare, per quanto sembri bizzarro.

Immagini dei leader sui palazzi pubblici a Pyongyang – Enrico Maria Ferrari

Ci sono anche tombe delle antiche dinastie ed un certo numero di templi visitabili: purtroppo la maggior parte delle strutture, anche quelle antiche, è stata vittima della guerra e rimane quindi di originale ben poco. Il turismo è comunque scarso ad eccezione di quello cinese. Ovunque si vedono pullman di turisti cinesi che per numero surclassano di molte lunghezze quello occidentale, basta considerare che i turisti annuali in Corea del Nord che provengono dall’Italia ogni anno sono meno di 300, secondo i dati della nostra guida.

Non esiste il modo di usare le carte di credito ed i pagamenti possono essere effettuati solo con valuta estera senza poter cambiare in denaro locale. Si paga in valuta, si riceve il resto in valuta, euro o dollari o yuan cinesi. Per i turisti vige la logica che c’era nei paesi socialisti, negozi dedicati con prezzi alti come e più che da noi, ad esempio una Coca Cola costa 2 euro, l’ingresso ai “mass games” dello stadio costa 100 euro, una cifra assolutamente sproporzionata per i locali, i souvenir costano come in occidente.

Come detto non sembra un paese ridotto alla fame, anche se sicuramente le condizioni generali sono molto basse: le coltivazioni, riso e mais, sono ovunque e si vedono macchinari moderni che affiancano il lavoro manuale nei campi. Per quel che riguarda il lavoro manuale è interessante notare come gran parte della manodopera sia coatta: dato che Kim Il Sung disse che “i soldati devono sì difendere la nazione ma anche costruirla”, ecco che l’enorme massa di militari di uno degli eserciti più numerosi del mondo viene anche utilizzata per costruire strade, ponti e palazzi. Inoltre anche i civili hanno una settimana o due l’anno di lavoro volontario nei campi, per affiancare ed aiutare i coltivatori. I lavoratori hanno una pausa dalle 12 alle 14, durante la quale possono anche dormire sul luogo di lavoro, in aree appositamente predisposte negli uffici o nelle fabbriche.

Manca ovviamente qualsiasi prodotto della globalizzazione, e generalmente non c’è nessun prodotto occidentale al quale siamo abituati, nessun fast food, nessun marchio o firma o merce che si vede dalle nostre parti, tranne che nel centro commerciale di Pyongyang dove si possono trovare frigoriferi tedeschi, vino italiano e elettrodomestici a prezzi uguali che da noi, segno che comunque esiste una classe di privilegiati che può permetterseli.

IL REGIME E IL CONTROLLO

Non si può parlare della Corea del Nord senza rendersi conto di cosa sia il regime che la governa. Retta da 70 anni da una dinastia che si tramanda il potere dal nonno Kim Il Sung al figlio Kim Jong Il e all’attuale nipote regnante, Kim Jong Un, la Corea del Nord si basa essenzialmente su un culto della personalità totale, assoluto e pervasivo. Ogni palazzo pubblico, come ogni vagone della splendida metro, autobus o hall dell’albergo o angolo di strada importante ha l’immagine dei due leader morti: non si tratta di un appoggio formale, ma di un convinto omaggio che per noi rasenta il fanatismo ideologico. Superiore di molto al culto della personalità di tipo staliniano, quello coreano è ai nostri occhi un incomprensibile rito con caratteristiche più religiose che politiche, i leader sono assolutamente equiparati a divinità. E’ molto scortese, quando non esplicitamente vietato, fare foto turistiche alle immagini dei leader che vanno al contrario omaggiati con un inchino, quando non direttamente con la deposizione di un mazzo di fiori. Inchino e mazzo di fiori sono obbligatori anche per i turisti, ci siamo trovati ad inchinarci davanti alla tv in occasione di una commemorazione che riguardava i due leder.

In Corea del Nord le commemorazioni fanno parte del culto: ci sono sempre anniversari di morte o nascita dei leader, di fondazioni del partito, di battaglie importanti o di traguardi raggiunti e sono tutte occasioni ufficiali da celebrare col dovuto omaggio.

Immagini dei leader nei vagoni della metro di Pyongyang – Enrico Maria Ferrari

Ovunque sono riportate, anche a caratteri cubitali, frasi o motti dei tre leader: nei musei di arte se uno dei leader si è soffermato ed ha apprezzato un’opera d’arte lì è riportata su apposta targhetta quello che ha detto o la data del suo passaggio. Nel paese non si contano villaggi e casupole dove Kim Il Sung è passato (o così si dice), spronando i soldati, elaborando strategie, lodando i lavoratori e per ogni singolo oggetto che ha avuto a che fare coi leader è presente una targa, o un edificio conservato o uno scranno di legno preservato. I due leader sono sempre rappresentati sorridenti, o con lo sguardo rivolto al futuro o circondati da folle adoranti.

A Pyongyang esistono due luoghi dove il culto è massimo e dove si deve andare preparati, cioè ben vestiti e con fiori: il Palazzo del Sole che contiene le salme dei due leader e il Grande Monumento con le enormi statue di bronzo dei due leader.

Il Palazzo del Sole è una gigantesca costruzione in stile sovietico adibita esclusivamente a mausoleo dei due leader scomparsi: dopo infiniti corridoi e stanze lunghe anche cento metri si è ammessi in due locali giganteschi con la luce attenuata dove in una bara di cristallo è custodito il corpo imbalsamato del padre e in un’altra stanza il figlio della dinastia al potere, obbligatori tre inchini ai lati della bara.

Il Grande Monumento Mansudae è un complesso di costruzioni all’aperto sorto per commemorare la rivoluzione coreana ed i due leader rappresentati in enormi statue di bronzo alte 20 metri: obbligatoria la giacca, l’inchino e la deposizione di un mazzo di fiori. Solo dopo aver guadagnato la fiducia delle proprie guide si possono fare le foto al Grande Monumento. Generalmente in Corea del Nord fare foto o video come lo intendiamo noi amanti del selfie è un problema non di poco conto e non sono gradite foto dirette alle persone locali se non su invito della guida. Come detto le foto ai leader sono a fatica permesse ma devono essere sempre rispettose, ad esempio le statue vanno fotografate per intero e ovviamente niente selfie in atteggiamenti scherzosi.

Omaggio al Palazzo del Sole – Enrico Maria Ferrari

MA CI CREDONO VERAMENTE?

Per chi ricorda i paesi del blocco sovietico e le forme di dissenso anche eclatante che vi albergavano la domanda fondamentale è: i coreani credono veramente nella loro propaganda o fanno finta, magari terrorizzati dalle conseguenze di gesti di sfida?

L’impressione è che ci credano in maniera totale ed assoluta: spesso i nordcoreani raccontano di sogni al limite del misticismo in occasione della morte di uno dei leader o raccontano come reali episodi chiaramente agiografici, come il volo di aironi su un palazzo del potere alla morte di Kim Il Sung.

70 anni di culto dell’immagine e propaganda ossessiva non sono passati invano. Va considerato anche l’isolamento forzato in cui vivono i nordcoreani: anche chi è a contatto coi turisti, come le guide, dorme in una parte separata dell’albergo, dove ad esempio non hanno la tv satellitare. La curiosità verso l’esterno c’è, ma in maniera molto moderata, si limita a qualche domanda e alla richiesta, assolutamente clandestina, di copiare su una chiavetta USB qualche film o canzone straniera. D’altra parte dal loro punto di vista non c’è ragione per dissentire, il sistema socialista garantisce a tutti educazione, scuola e lavoro e non vengono creati bisogni indotti. Le notizie scomode semplicemente non esistono: volendo parlare del fratellastro Kim Jong Nam (fratellastro dell’attuale leader) ucciso in circostanze misteriose nel 2017, ci si scontra davanti ad un muro di gomma, le nostre guide candidamente ammettono di non sapere neanche come sia composta la famiglia dell’attuale leader Kim Jong Un.

Tutto il sistema è basato su una realtà alterata e raccontata all’interno, secondo i locali la guerra di Corea è stata ad esempio provocata dagli americani che sono stati ricacciati fino al 38 parallelo grazie all’eroismo nordcoreano. Non esiste nella loro storia l’invasione della Corea del Sud, gli aiuti russi e cinesi e gli americani, come i giapponesi che invasero il paese fino alle seconda guerra mondiale, sono comunque i nemici responsabili di ogni guaio fra cui le odiatissime sanzioni.

I nordcoreani rappresentano sempre il loro paese come una penisola riunificata e dal loro punto di vista non ha nessun senso che per noi rappresentino una minaccia per la Corea del Sud: ambiscono ad uno stato riunificato come una confederazione con due sistemi di governo differenti ed è per questo che ben volentieri portano i turisti nella zona di confine più militarizzata del mondo vista mille volte in televisione.

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A Panmunjeom è stata firmata una tregua alla fine della guerra di Corea, ma ufficialmente fra USA e Corea del Nord vige ancora uno stato di guerra non superato da un trattato di pace mai concordato: in questa località i nordcoreani fanno visitare molto volentieri il confine dove si sono incontrati Kim Jong Un e Trump e raccontano la loro versione della Storia fra militari insolitamente alti e con equipaggiamento migliore di quello visto nel resto del Paese. Anche questa località fa parte del rito collettivo di alterazione della verità, in attesa che succeda qualcosa o che, magari complice Trump, arrivi il primo Mc Donald’s anche in Corea del Nord.

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Categories: Mondo

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