Il ruggito della Signora. Che forse non basterà a salvare la stagione, ma quantomeno la renderà meno amara, sempre che domenica sera, nell’ultima giornata, non arrivi la qualificazione in Champions: allora sì che in casa Juve si potrebbe tornare a far festa sul serio. Ma a prescindere questa Coppa Italia, la 14esima della storia bianconera, non può che far bene, anche perché ottenuta contro un avversario temutissimo come l’Atalanta di Gasperini, il che dà una notevole spinta sia a livello tecnico che psicologico.
Tante le curiosità relative alla finalissima del Mapei Stadium, a cominciare dalla location, la stessa della Supercoppa contro il Napoli e della vittoria in campionato di una settimana fa: la casa del Sassuolo, evidentemente, porta fortuna alla Juventus. Da sottolineare poi la presenza dei tifosi, 4.300 per la precisione, mai così tanti nell’era Covid, segnale di speranza e ripartenza, seppur a piccoli passi. E poi l’ultima di Buffon in maglia bianconera, da capitano e con un trofeo al cielo, fino all’Atalanta, ieri battuta e domenica alleata, seppur indirettamente, nella corsa alla Champions.
Insomma, i capitoli di questa sfida sono stati tantissimi, anche se poi, come in ogni finale che si rispetti, conta soprattutto l’epilogo è quello, ancora una volta, ha sorriso alla Juventus. Vittoria sudata ma, nel complesso, meritata, perché dopo un primo tempo in cui era stata l’Atalanta a giocare meglio e a costruire le occasioni più nitide, i bianconeri sono saliti in cattedra, andando prendersi la coppa con una determinazione che ha ricordato le stagioni passate.
“Avevamo la voglia di vincere e portare a casa questo trofeo, nonostante la stagione non sia stata positiva volevamo fortemente questa vittoria – ha esultato Pirlo – La Juve ha vinto con merito, c’eravamo Messi in testa di conquistare la coppa e lo abbiamo fatto. Il futuro? Io mi riconfermerei, vorrei continuare perché amo questa società e amo allenare, poi ovviamente decideranno loro…”.
Il tecnico sa che i giochi, molto probabilmente, sono già fatti, ma anche che se avesse voluto avere una chance di riconferma avrebbe dovuto vincere la Coppa Italia, per poi completare l’opera domenica prossima con la qualificazione in Champions, per quanto non dipenda più solo da lui. Servirà un successo a Bologna e, contestualmente, che almeno una tra Milan e Napoli inciampi e, visto che gli azzurri riceveranno un Verona in caduta libera, è logico sperare maggiormente proprio in quell’Atalanta battuta ieri.
Ecco, la grande incognita riguarda proprio lo stato psicologico dei bergamaschi: riusciranno a tramutare in rabbia agonistica le scorie della sconfitta o ne saranno sopraffatti? Impossibile dare una risposta esatta, ma certo la seconda finale persa in tre anni fa male a un gruppo che ha sì raggiunto grandi traguardi, ma mai un trofeo a suggellarli.
“C’è delusione, indubbiamente, è stata una partita tirata, anche bella da vedere, sicuramente sfortunata negli episodi per noi – il commento amaro di Gasperini – Quando si parla di vittorie si parla solo dei titoli, ma quelli sono appannaggio di pochissime società, le nostre vittorie passano dagli obiettivi stagionali e noi siamo molto felici di quello che stiamo facendo. Sono molto dispiaciuto per i ragazzi, ma usciamo sicuramente a testa alta”.
Questo è fuor di dubbio, visto che la Dea se l’è giocata ad armi pari per buona parte del match, in particolare nel primo tempo, quando l’1-1 finale le stava sicuramente stretto. Diverse le occasioni create, con Buffon decisivo su Palomino e Zapata, ma un solo gol segnato, per giunta in rimonta, con Malinovskyi, chirurgico nello sfruttare al meglio l’assist di Freuler, a sua volta bravo nel rubare palla a Rabiot (41’).
Prima però, nell’unica sortita offensiva degna di nota, era stata la Juve a passare in vantaggio con Kulusevski, preciso nel finalizzare un’azione rocambolesca, nata da un contrasto “ruvido” tra Cuadrado e Gosens (tante le proteste atalantine, proprio come su un contatto in area tra Rabiot e Pessina) e chiusa con un sinistro a giro (31’).
Ma nella ripresa i ruoli si sono ribaltati, con i bergamaschi pericolosi solo all’inizio (grande salvataggio di De Ligt su Romero) a fronte di una Signora più cattiva e determinata. Prima una parata di Gollini su Kulusevski, poi un clamoroso palo di Chiesa dopo un tacco smarcante di Ronaldo (unico squillo in una gara anonima), infine la rete decisiva dello stesso Chiesa su assist di Kulusevski (73’). A quel punto l’Atalanta, che forse pensava già ai supplementari, non ha più avuto la forza di ribaltare le sorti del match, nonostante Gasperini abbia tentato il tutto per tutto inserendo Ilicic e Miranchuk, oltre ai già presenti Zapata e Muriel.
È finita con Buffon ad alzare la Coppa e tutta la Juve, John Elkann compreso, a festeggiare sul prato del Mapei: il piatto forte si deciderà domenica, ma intanto a Torino è arrivato un altro trofeo e questo, evidentemente, è sempre un buon motivo per esultare.