Il Futuro dei mercati azionari europei si gioca attorno le regole che impattano sugli emittenti e alla buona governance societaria. Questi i due temi principali che sono stati approfonditi nel convegno organizzato ieri in Borsa Italiana da Assonime e EuropeanIssuers a cui hanno partecipato, tra gli altri, Massimo Tononi (Presidente Borsa Italiana), Didier Lombard (Presidente di EuropeanIssuers), Emil Paulis (DG Internal Market and Services della Commissione Europea), Xavier Rolet (CEO London Stock Exchange), Carlo Bozotti (Presidente e CEO, STMicroelectronics), Laurent Degabriel (ESMA), Alberto Giovannini (CEO, Unifortune Sgr), Jörgen Holmquist (Presidente ECGI), Andrea Beltratti (Intesa Sanpaolo), Gabriele Galateri di Genola (Presidente di Assicurazioni Generali e del Comitato per la corporate governance) e Dominique Senequier (CEO, AXA Private Equity). Le osservazioni finali sono invece state affidate al ministro dell’economia Vittorio Grilli.
Torna così nel dibattito il tema centrale della governance: uno strumento essenziale anche per le imprese che cercano l’accesso ai mercati e che vogliono attrarre investitori privati. “Quando le compagnie sono governate in modo trasparente – ha detto Micossi – avranno facilità di accesso ai mercati dei capitali e troveranno investitori stabili disponibili a supportare le loro strategie di crescita. Allo stesso tempo una povera corporate governance toglie potenziale dalla compagnia e può spianare la strada al declino e alla spoliazione degli azionisti”.
MICOSSI, EQUILIBRIO TRA REGOLE OBBLIGATORIE E NO
Le regole sulla corporate governance delle società quotate nell’Unione Europea sono una combinazione di legislazione, sia a livello europeo sia nazionale, e normative non vincolanti (soft), incluse le raccomandazioni e i codici di corporate governance. La Commissione Europea pubblicherà presto un Piano di azione sulla corporate governance, facendo seguito al Green Paper del 2011.
Per Micossi è importante mantenere un equilibrio tra regole e cogenti e no. “Le regole cogenti stabiliscono i principi generali e gli standard minimi – ha spiegato Micossi – e infatti la legge non dovrebbe avere come suo scopo di regolare in dettaglio tutte le questioni legate alle operazioni societarie perché la legislazione non è sempre capace di assicurare i cambiamenti che può richiedere lo sviluppo del business. Qui è dove c’è bisogno di strumenti di governance non obbligatori. L’auto regolazione fissa le pratiche migliori, L’auto-disciplina può essere usata per coprire le aree grigie o per alzare gli standard legali, può essere cambiata più velocemente, qualche volta aprendo la strada a utili cambiamenti nelle leggi”.
Per quanto riguarda l’Italia negli ultimi dieci anni sono state introdotte sia regole obbligatorie sia soft in linea con i migliori standard europei: la Consob nel 2010 ha adottato una normativa sulle transazioni con le parti correlate; è operativa la piena trasparenza sulle remunerazioni dei direttori ed è stata adottata una nuova legislazione sulle assemblee societarie e sulla questione di genere. Senza dimenticare la recente legge che ha proibito l’interlocking in entità finanziarie in concorrenza che ha portato a 70 modifiche nei board delle società italiane quotate. A fine 2011 è stato adottato un nuovo codice sulla Corporate Governance che ha adottato raccomandazioni innovative sul ruolo e composizione del board, ha rafforzato il risk management e steso nuove raccomandazioni sulla remunerazione. Insieme al nuovo codice (quarta versione dopo quelle del 1999, 2002e 2006) si p dato vita anche un nuovo Comitato per la corporate governance con l’obiettivo di promuovere le best practices, aggiornare il codice e monitorare l’implementazione del codice. Il codice si basa su tre pilastri: l’efficacia del board of directors, l’indipendenza e la rendicontazione anche grazie a report annuali dettagliati sulla corporate governance.
GALATERI, L’ITALIA HA FATTO PROGRESSI SIGNIFICATIVI
“In Italia – fa notare Gabriele Galateri di Genola, presidente del Comitato chiamato a intervenire sul tema nel convegno di ieri nonché presidente delle Assicurazioni Generali – lo spazio coperto dalle regole obbligatorie è più grande che in altri Paesi, per questo il codice può apparire piuttosto leggero in alcuni casi”. Un esempio: è previsto il Collegio sindacale come responsabile per la funzione dei controlli interni e questo riduce il ruolo del Comitato per il controllo e i rischi dentro al board of directors.
È in agenda proprio per oggi un incontro del Comitato presieduto da Galateri di Genola per discutere su come valutare il livello di implementazione del codice. “Particolare attenzione – ha spiegato Galateri di Genola – sarà prestata al tema del comply or explain e del monitoraggio, tenendo presente anche gli sviluppi nei diversi Stati membri dell’Unione Europea”. Verrà poi esaminato anche il ruolo degli investitori istituzionali nell’esercitare i loro diritti di azionisti. La prossima riunione si terrà nella prima metà del 2013.“Per la mia personale esperienza – ha concluso Galateri di Genola, la corporate governance in Italia ha fatto progressi significativi nelle società quotate, la maggioranza sono in linea con le best practice degli altri mercati che ovviamente sono sempre in evoluzione”.
BELTRATTI, BILANCIARE AL MEGLIO COSTI E BENEFICI PER LA PROPRIA SOCIETà
Sul tema della regolamentazione è intervenuto anche Andrea Beltratti, docente alla Bocconi e presidente del Cdg di intesa Sanpaolo, che si chiede “quanto dobbiamo regolamentare”? Dobbiamo fare attenzione, risponde. “La Corporate Governance può essere scelta al meglio bilanciando costi e benefici, anche alla luce del framework sul tema del Paese (in tema di protezione degli investitori) – afferma – C’è evidenza internazionale che buone compagnie situate in Paesi deboli sono disponibili a investire in corporate governance per mandare un segnale forte agli investitori e ottenere per esempio un minore costo del capitale. Ci sono differenze nei settori, nelle dimensioni delle compagnie, oggi troppe regole potrebbero non permettere alle società di trovare la migliore struttura”.
GRILLI, NON Più REGOLE MA MIGLIORE DEFINIZIONE E SUPERVISIONE
“Good company e good governance vanno insieme”, commenta anche il ministro dell’Economia Vittorio Grilli nelle sue riflessioni conclusive, in cui ha ripercorso la crisi, i problemi e cosa è stato fatto fino a qui, ribadendo la centralità del progetto di Unione bancaria, con il primo passo nella supervisione unica se si vuole un piano di gioco comune ed evitare la segmentazione dei mercati che danneggia società e mercati. “Dobbiamo ridisegnare le regole – ha spiegato – in questo processo all’inizio sembra siano troppe e che rendano la vita più difficile. Ma il mondo delle regole prima della crisi non era soddisfacente. Così non è questione di più regole ma di una migliore definizione e supervisione”. Regole che devono essere coerenti nei diversi mercati, Paesi e aree economiche: “se vogliamo che i risparmi siano ben allocati dobbiamo far sì che le regole siano ben applicate ovunque”, ha sottolineato nel suo discorso in cui ha risollevato il tema dello scarso accesso ai mercati finanziari da parte delle Pmi. Per Grilli l’Europa ha già fatto molti sforzi e preso decisioni a differenza di altri Paesi e nel prossimo futuro verrà presa a benchmark e non sarà più percepita come un area rimasta indietro.