Quali e quante società italiane rispondono ai criteri di investimento della finanza islamica? Un gruppo di lavoro dell’Aiaf, l’associazione italiana degli analisti ha esaminato un campione rappresentativo delle società quotate alla Borsa italiana alla luce dei parametri previsti dalla Sharia che non prevedono gli interessi ( risparmiatore e creditore partecipano al rischio d’impresa condividendo utili e perdite) e contemplano una serie di altri concetti morali, etici e di governance.
La ricerca è alla base del convegno “Investimenti esteri in Italia: le opportunità per gli investimenti islamici”, in programma il prossimo 18 ottobre a Roma presso la sede dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (piazza delle Belle Arti 2, inizio alle ore 15).
Tra le aziende italiane Sharia compliant – rispettose, cioè, di alcuni criteri dettati dal credo religioso islamico – spiccano società come Tod’s e Landi Renzo (case history presentata nel corso del convegno) che vantano una presenza significativa nei Paesi musulmani garantendosi un importante plus per il proprio business. “Per una Società italiana quotata – spiega Paolo Balice, Presidente dell’AIAF – essere inserita in un indice islamico può rappresentare sia una possibilità di accedere a un mercato ampio come quello mediorientale che un’apertura verso una cultura differente, oltre che un’opportunità per gli investitori osservanti interessati a investire in Italia”.
Per questo motivo il convegno si pone un obiettivo concreto: far emergere i vantaggi che le imprese italiane potrebbero cogliere guardando alla finanza islamica come una valida alternativa al finanziamento convenzionale, resa possibile, tra l’altro, anche dalla consolidata attrattività del made in Italy in quelle aree.
Ne parleranno: alcun autori della ricerca Aiaf, Enrico Giustiniani, Daniele Cappellini e Tatiana Eifrig; Gianfranco Di Vaio, senior economist della Cassa Depositi e Prestiti; Luca Filippa (managing director del Southern Europe Ftse group); Carlo De Simone (responsabile Desk Italia della Simest). In una seconda sessione Paolo Giachetto dell’Abi parlerà delle opportunità di investimento nelle aziende italiane. Chiuderà l’esperienza di Landi Renzo raccontata dall’investor relator Pierpaolo Marziali.
La finanza islamica è un modo di fare finanza perfettamente legale, diffuso specie nei Paesi dove è prevalente la religione musulmana, dove non è possibile utilizzare gli interessi, proibiti dall’Islam. Il risparmiatore e il creditore partecipano, infatti, al rischio d’impresa condividendo con gli istituti di credito utili e perdite.
La finanza islamica è il risultato di una serie di concetti morali, etici e di governance limitativi, ma non certo vincolanti ai fini dell’attività bancaria che rimane, nelle forme e negli strumenti, del tutto uguale a quella tradizionale. La differenza fondamentale è che, oltre alle leggi ed ai regolamenti nei Paesi in cui operano, i principi della Sharia sono del tutto essenziali ed indispensabili per una banca islamica.