“Abbiamo ottenuto aumenti economici pur in un periodo di deflazione e costruito le basi per garantire il più possibile gli attuali livelli occupazionali e gestire al meglio la prossima ondata di fusioni, anche con strumenti innovativi”. Sono le parole del segretario generale Fabi, Lando Maria Sileoni, in un’intervista a MF, che rivendica con determinazione i risultati ottenuti dopo 18 mesi di trattativa per il rinnovo del contratto dei bancari. Sileoni si dice tranquillo perché “è stato dato il massimo” e aggiunge che “avere un contratto di categoria è fondamentale per garantire i diritti dei lavoratori e per dare stabilità al comparto”.
“Non è stata una passeggiata”, dice Sileoni che sottolinea l’ostilità delle banche che, a suo modo di vedere, “come primo obiettivo, fino all’ultimo hanno provato a sfruttare la situazione per destrutturare il contratto nazionale”. E poi, aggiunge ancora Sileoni, “come secondo obiettivo hanno provato a sostituirlo con i contratti aziendali e di gruppo. Hanno fallito su entrambi i fronti”.
Ma dopo l’ok all’ipotesi di accordo sul rinnovo del contratto dovrà esserci il via libera delle assemblee dei lavoratori. La segreteria nazionale del Fabi avvia a partire da oggi a Milano una serie di incontri con circa 6mila dirigenti sindacali con cui verranno approfonditi tutti i temi legati all’ipotesi di rinnovo (In questo video è elencato il fitto calendario di incontri che partono oggi a Milano e Padova). Poi da maggio al 15 giugno la parola passa alle assemblee dei lavoratori chiamate a dare il loro nulla osta al rinnovo del contratto. Su questo punto Sileoni è perentorio: il via libera al nuovo contratto bancari arriverà “soltanto quando sarà approvato dalle assemblee dei lavoratori” ma aggiunge di ritenere che le stesse assemblee “apprezzeranno il lavoro svolto”.
In caso di un clamoroso ‘no’ da parte delle assemblee partirebbe la disapplicazione, un’eventualità dannosa non solo per le banche ma soprattutto per i dipendenti degli istituti di credito. Lo conferma lo stesso Sileoni spiegando che la disapplicazione bloccherebbe gli scatti d’anzianità, cancellerebbe le ex festività e una serie di permessi retribuiti a vario titolo. Sileoni aggiunge inoltre che con la disapplicazione la “mobilità territoriale non sarebbe più stata regolamentata dal contratto e si sarebbero applicati i principi civilistici che regolano il trasferimento dei lavoratori”.
Altri temi legati all’eventuale disapplicazione sono quelli dell’aumento delle ore di lavoro che passerebbero dalle 37 e 30 attuali a 40, la soppressione dei premi aziendali e l’addio ai buoni pasto. E poi, aggiunge ancora Sileoni, con la disapplicazione: “sarebbe venuto meno l’obbligo di reperibilità per i lavoratori e conseguentemente le relative indennità. L’assegno di maternità obbligatorio sarebbe stato ridotto del 20% e le indennità di rischio per i cassieri video terminalisti sarebbero state tolte. Tutti rischi – precisa – che vengono confermati, in caso di mancata approvazione del contratto nelle assemblee”.