L’offerta di moneta in Cina ad agosto ha rallentato al 12,8% anno su anno; una dinamica più debole del mese precedente quando l’aumento era stato del 13,5%. Il dato, anticipato dal primo ministro, ha preoccupato gli investitori, che temono sempre – ma il timore è stato finora smentito – che il rallentamento possa portare a una rotta. Una percentuale del 12,8% è pur sempre superiore alla crescita del Pil nominale, segno che le condizioni monetarie rimangono permissive. L’indice regionale MSCI Asia Pacific sta comunque chiudendo con una perdita dello 0,8%. Il Nikkei non è calato, e trae conforto da uno yen che continua vicino ai livelli deboli di ieri (106,4).
Il dollaro australiano sta finalmente scendendo, facendo contenta la banca centrale che, assieme a molti economisti, vuole un dollaro più debole: l’occasione prossima è stata un’altra riduzione del prezzo del minerale di ferro, che ha fatto dire alla Goldman Sachs che si avvicina la fine della “Età del ferro”. Il dollaro Usa, pur mantenendosi su livelli elevati, è calato contro euro; la moneta unica ha riguadagnato quota 1,29 (1,292 nel primo pomeriggio giapponese). L’oro si mantiene sui livelli bassi di ieri: 1258 $/oncia e il petrolio, malgrado la riduzione delle scorte in America, non si discosta dai livelli deboli di eri (92.8 $/b). Sono leggermente negativi i futures azionari su Londra e New York.