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Conti pubblici: l’Italia paga oltre un miliardo di euro in sanzioni per aver infranto le regole Ue

Sono un’ottantina le procedure di infrazione aperte. Si va dall’ambiente agli aiuti di Stato. E altre si prospettano all’orizzonte tra cui quella sui balneari. Invece di pagare multe si potrebbero risolvere i problemi a monte

Conti pubblici: l’Italia paga oltre un miliardo di euro in sanzioni per aver infranto le regole Ue

Che cosa potrebbe fare uno Stato con un miliardo? Potrebbe impegarlo in molto settori, certamente meglio di come sta facendo l’Italia che getta questo tesoretto in sanzioni all’Unione europea per non essersi adeguata alle regole comunitarie. Eppure non sono mancati, per anni, i moniti di Bruxelles.
Il dossier del Senato “Relazione sull’impatto finanziario degli atti e delle procedure giurisdizionali e di precontenzioso con l’Unione europea” pubblicato ad aprile ufficializza il totale delle sanzioni già versate: “Hanno superato il miliardo di euro“. Sono 1,088 miliardi per la precisione.

Italia in cima alla non nobile classifica europea con 80 infrazioni aperte

Le procedure aperte contro i Paesi membri sono 1.724 e l’Italia è tra i paesi con il maggior numero di procedure d’infrazione in Europa: 80 infrazioni di cui 63 per violazione del diritto Ue e 17 per mancato recepimento di direttive, riporta Milena Gabanelli nel suo Dataroom sul Corriere, con dati aggiornati al 28 settembre. Eppure la Costituzione italiana (artt.11 e 117) riconosce il primato del diritto europeo su quello nazionale. In testa alla non nobile classifica c’è la Spagna con 95 infrazioni, seguita da Belgio (94), Bulgaria (92), Grecia (90) e Polonia (83). I Paesi che ne hanno di meno sono Estonia (39), Lituania (40), Finlandia (45).

I faticosi tentativi per migliorare la situazione

Per scongiurare nuove multe il governo Meloni ha approvato a giugno il “decreto salva infrazioni“, che punta alla chiusura di 13 procedure e la prevenzione di altre 11. Secondo la Commissione europea, che ieri ha dato le sue valutazioni sulla manovra, nel solo 2022 sono state aperte 551 nuove procedure, di cui 12 ai danni dell’Italia. Sempre a fine 2022 gli iter ancora in corso erano in tutto 1991. Secondo gli ultimi dati della presidenza del Consiglio a Roma, le procedure aperte contro l’Italia sono in calo rispetto agli anni scorsi: erano 100 nel settembre 2014 e 81 nel settembre 2019.

Il motivo del miglioramento, spiega Daniele Gallo, professore di diritto comunitario alla Luiss di Roma va ricondotto a due fattori: “Prima di tutto, la tendenza è da attribuire alla nascita di un ufficio apposito, presso la presidenza del Consiglio. C’è maggiore efficienza amministrativa. In secondo luogo, da qualche anno la fase precedente l’apertura della procedura, detta fase-pilota, viene dedicata a un dialogo informale che spesso risolve la diatriba”.

L’iter delle procedure di Bruxelles: dalla messa in mora al deferimento alla Corte di Giustizia

Ogni Stato, in quanto appartenente alla comunità europea, è tenuto ad accogliere le direttive Ue e tradurle in leggi nazionali, entro due anni al massimo, e poi a rispettarle. Chi non lo fa, viene intercettato dalla Commissione che può aprire una procedura di infrazione.
La pratica inizia con una lettera di messa in mora dove la Commissione concede due mesi per rispondere. Segue una lettera di “parere motivato”, con cui si precisano altre richieste. Se lo Stato continua a non seguire le indicazioni della Commissione, c’è un primo deferimento alla Corte di Giustizia Ue. A quel punto, se non ci si adegua, la Corte emette una seconda sentenza con la quale può decretare sanzioni economiche forfettarie e/o giornaliere finché il Paese non si mette in regola. Nel caso in cui lo Stato decida di non pagare, l’Unione si rifà riducendo gli importi dei fondi comunitari destinati al Paese in questione.

Il primato italiano davanti alla Corte di Giustizia

L’Italia detiene in Europa il non nobile primato delle infrazioni finite davanti alla Corte di Giustizia: 23 procedure in contenzioso, prima di Grecia (19), Polonia (17) e Ungheria (15), secondo il Corriere. Tra le infrazioni italiane arrivate davanti alla Corte c’è di tutto: l’esenzione dalle accise sui carburanti degli yacht a noleggio (la normativa europea impone lo sconto solo per le imbarcazioni usate a fini commerciali come pescherecci e traghetti e non per chi affitta barche a uso personale); il superamento dei valori limite di PM10 nell’aria delle città italiane, il ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione verso i fornitori (la direttiva 2011/7/EU prevede un limite di 30 giorni per il saldo delle fatture, ma i nostri tempi medi si attestano ancora sui 70 giorni nel 2022) e il recupero dei prelievi arretrati sulle quote latte.

Quanto stiamo pagando per ambiente e aiuti di stato

Tra le condanne definitive che hanno procurato all’Italia esborsi imponenti, 3 sono legate al settore dell’ambiente , 2 agli aiuti di Stato e una agli aiuti irregolari concessi alle aziende
La condanna più pesante riguarda i rifiuti della Campania. La procedura è stata aperta nel 2007, ma è stata ignorata. Nel 2015 è allora partita la sanzione per la quale l’Italia ha già pagato 311 milioni di euro. E ancora oggi, a 8 anni di distanza, la Regione non ha completato una rete integrata di impianti di smaltimento. La conseguenza è che il nostro Paese continua a sborsare 60 mila euro al giorno.
Inoltre è partita nel 2014 la condanna per 200 siti di discariche abusive disseminate su tutto il territorio nazionale (la procedura era stata aperta nel 2003): ad oggi sono già stati versati 261,8 milioni di euro. C’è da dire che la situazione è migliorata dopo la nomina, nel 2017, del commissario unico alle bonifiche: restano da risanare 18 siti e la multa semestrale è passata dagli iniziali 42,8 milioni di euro a 4 milioni.
Nel 2018 è stata la volta dei Comuni che hanno le fogne senza i depuratori: 123 mancati interventi in 81 agglomerati, prevalentemente dislocati in Sicilia, Calabria e Campania. L’Italia è stata condannata al pagamento di 165 mila euro al giorno e sono stati già versati 142.867.997 euro, riferisce il Corriere. Da allora sono stati resi conformi solo 15 agglomerati, per quel che riguarda gli altri è come se 4,5 milioni di persone riversassero le loro fogne nei fiumi, nei canali, o in mare. La domanda è: quanti sistemi di depurazione si potrebbero realizzare con quei 165.000 euro al giorno che inevec si bruciano in multe?

All’orizzonte si delineano altre infrazioni

A breve potrebbero arrivare altre 6 procedure. Fra queste la violazione della direttiva europea 2004/18/CE per la proroga senza gara della concessione autostradale Civitavecchia-Livorno alla società SAT. C’è poi l’eterna storia degli stabilimenti balneari. Dal 2009 Bruxelles ci chiede che le concessioni delle spiagge vengano messe a gara, per rispettare il principio della libera concorrenza, sancito dalla direttiva Bolkestein del 2006. Dopo un lungo tira e molla, il 3 dicembre 2020 è partita la procedura d’infrazione. Il Ddl Concorrenza approvato dal governo Draghi prevedeva di risolvere la questione entro quest’anno, ma il governo Meloni ha deciso di spostare la scadenza al gennaio 2025.

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