Le betoniere non sono state ferme durante la pandemia da Covid-19: anzi hanno girato all’impazzata, consumando suolo senza sosta, invece di utilizzare e ristrutturare l’esistente. Nel 2021 sono stati consumati oltre 2 metri quadrati di nuovo suolo al secondo, il valore più alto negli ultimi 10 anni: con una media di 19 ettari al giorno, si è arrivati a un totale di 70 km quadrati di nuove coperture artificiali in un solo anno.
Emerge dal rapporto annuale sul Consumo di suolo redatto da Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. “Le conseguenze sono anche economiche, e i “costi nascosti”, dovuti alla crescente impermeabilizzazione e artificializzazione del suolo degli ultimi 15 anni, sono stimati in 8 miliardi di euro l’anno che potrebbero incidere in maniera significativa sulle possibilità di ripresa del nostro Paese” dice il Rapporto.
Il cemento ricopre 21.500 km quadrati di suolo nazionale, dei quali 5.400, cioè un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici che rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato.
“Se negli ultimi cinque anni eravamo “fermi” a circa 14 ettari al giorno di suolo consumato, ora siamo schizzati a 19: più 34% in un solo anno” dice Paolo Pileri, ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. “La risorsa meno rinnovabile e meno resiliente dalla quale tutto e tutti dipendiamo, il suolo, è stata asfaltata con allegria mentre noi eravamo chiusi in casa” dice Pileri su Altraeconomia. “Addio alle promesse di sostenibilità, addio slogan politici che fingono di preoccuparsi dell’ambiente, addio Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: tutto torna a dieci anni fa, tutto da rifare e all’orizzonte non ci sono bagliori, né di sensibilità né di saggezza”.
Tra il 2006 e il 2021 l’Italia ha perso 1.153 chilometri quadrati di suolo naturale o seminaturale, con una media di 77 chilometri quadrati all’anno. La perdita, si legge nel rapporto, è avvenuta “a causa principalmente dell’espansione urbana e delle sue trasformazioni collaterali che, rendendo il suolo impermeabile, oltre all’aumento degli allagamenti e delle ondate di calore, provoca la perdita di aree verdi, di biodiversità e dei servizi ecosistemici”.
Consumo di suolo, sotto accusa le leggi regionali
“Il consumo di suolo del 34% in un solo anno dimostra anche ai più sordi quanto fallimentari siano le leggi regionali che da anni affermano di averne limitato i consumi ma che invece non hanno sortito alcun risultato degno di nota” dice ancora Pileri. “Semmai hanno contribuito a ottenere il risultato opposto: la Lombardia è ancora la Regione in cima alla lista con più 883 ettari di suoli cementificati “ed è quella che più di altre sventola la sua legge urbanistica del 2014, con i suoi piani regionali che dice essere virtuosi”, seguita dal Veneto “dove ormai si soffoca tanto è il cemento (più 684 ettari), poi è il turno dell’Emilia-Romagna, “la Regione che si dice progressista ma poi ha in tasca una legge urbanistica che non ha fermato nessuna cementificazione (più 658 ettari)”. Poi c’è Piemonte (più 630) e Puglia (più 499).
“Forse non si è ancora capita la gravità ed è anche per questo che lodo il lavoro rigoroso di Ispra-Snpa (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente) che tenacemente continua a pubblicare dati, indicatori, fatti e immagini. Non opinioni e “interessi da verificare”, dice il docente el Politecnico.
Tra i comuni, Roma conferma la tendenza dell’ultimo periodo e anche quest’anno consuma più suolo di tutte le altre città italiane: in 12 mesi la Capitale perde altri 95 ettari di suolo. Inoltre, Venezia (+24 ettari relativi alla terraferma), Milano (+19), Napoli (+18), Perugia (+13), e L’Aquila (+12) sono i comuni capoluogo di Regione con i maggiori aumenti. Solamente Como, Impruneta, Marano di Valpolicella hanno risparmiato suolo.
Consumo di suolo porta più tasse per la collettività
In un solo anno sulle spalle di ogni italiano sono piombati 3,46 metri quadrati di cemento in più che si aggiungono ai 359 dell’2020.
E “siccome 10mila metri quadrati non cementificati offrono benefici collettivi per circa 80mila euro all’anno, questo ci aiuta a dire che consumare suolo significa alimentare il debito pubblico o, se preferite, le tasse” dice Pileri.
Ai consumi netti di suolo (pari a oltre 6.330 ettari) bisogna poi aggiungere 28.558 ettari di territorio bruciato quest’anno (secondo i dati forniti dall’European forest fire information system al 23 luglio 2022) ovvero più 2,2% rispetto al valor medio degli ultimi 15 anni. Inoltre bisogna considerare il fatto che ogni 45 minuti abbiamo una frana con tanto di perdita di suolo.
“Nessuno vuole fermare l’edilizia e l’urbanistica ma solo quelle non sostenibili. Questi numeri sono la prova provata dell’incapacità strutturale delle nostre classi politiche e tecniche ad arginare una situazione che nuoce gravemente all’ambiente e alla salute del Paese” conclude il professore.
risultato di un Paese che da 50 anni non ha nessuna forma di programmazione. A fronte di consumo di terreni soprattutto agricoli c’è un territorio interno completamente abbandonato penso solo all’Appennino. Riforma immediata del Titolo V altro che autonomie alla ” casareccia”
Va eliminata la piccola deleteri “politica” i localismi e regionalismi vero tumore di questo Paese