Nel quadro allarmante sul consumo di suolo evidenziato dall’ultimo rapporto dell’istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), Milano sembra essere un’isola felice, mostrando dati molto contenuti: nel 2019 è stato consumato meno di un ettaro di suolo, contro gli 11 dell’anno precedente.
Abbiamo chiesto a Michele Munafò, responsabile del rapporto Ispra, di spiegare e analizzare questo sorprendente dato milanese.
Come si può leggere questo dato così contenuto per una città come Milano? È diventata una città virtuosa?
«Il fenomeno del consumo di suolo dovrebbe essere valutato su un periodo temporale più ampio di un singolo anno. Per esempio, bisogna considerare che nei sette anni della rilevazione di Ispra, Milano ha aumentato il consumo di suolo di 125 ettari e il trend discendente dovrà semmai essere confermato nei prossimi anni. Inoltre, va considerata la situazione del suolo attuale, che vede il 58% dell’area comunale, pari a 10.500 ettari, ormai artificializzato: un territorio in una situazione di criticità evidente. Roma – per fare un paragone – ha consumato il 23% della sua area, anche se le aree costruite coprono una superficie molto più vasta, pari a 30.000 ettari».
Quali altri fattori contingenti possono aver giocato un ruolo importante nei dati su Milano?
«Il singolo dato annuale può essere influenzato da diversi fattori contingenti. La cadenza dell’apertura dei cantieri, per esempio. Occorre vedere se i cantieri non erano stati registrati l’anno precedente, oppure se non erano stati aperti su un terreno già considerato consumato. Ci possono essere anche questioni tecniche, legate per esempio alla qualità delle immagini satellitari utilizzate, che potrebbero sottostimare, in alcuni casi, il dato del consumo di suolo».
Come valuta la situazione milanese dal punto di vista del consumo di suolo?
«A Milano, come in altre città italiane, i terreni sono quasi saturi. Proprio per questo le poche aree naturali residue sono preziosissime e vanno tutelate. Anche un consumo di suolo limitato in una situazione di questo genere ha un impatto e conseguenze molto importanti, che non si possono ignorare. Aver già consumato oltre la metà del suolo disponibile crea gravi rischi al funzionamento del territorio».
Ha visto negli ultimi anni un cambiamento delle modalità di consumo di suolo?
«Negli ultimi anni in Italia il consumo si sta concentrando nelle aree urbane, nelle residue aree ancora aperte. Ciò è guidato da fattori soprattutto economici, visto che la redditività di quelle aree è decisamente elevata. I terreni lontani dalle aree urbane sono ritenuti meno interessanti. Ma sono proprio quei pochi terreni ancora esistenti nelle aree urbane che sono ancora più preziosi».
Forse non tutti conoscono le conseguenze della perdita di suolo. Quali sono le principali in particolare per una città?
«Perdere permeabilità del suolo ha notevoli ripercussioni per esempio sul fluire delle acque, portando ad allagamenti e all’aumento dei fenomeni di dissesto. Porta ad ulteriori aumenti delle temperature nelle aree urbane, in una situazione già critica. Senza suolo si perde un importantissimo serbatoio di carbonio. Più in generale, il suolo è fondamentale nel contrasto ai cambiamenti climatici ed è un’indispensabile riserva di biodiversità. Insomma, dal suolo dipende il nostro benessere».
I PROGETTI CHE MINACCIANO MILANO
Nonostante la situazione sia meno critica che in altre città d’Italia, su Milano pendono diversi progetti immobiliari che – se realizzati – aumenterebbero notevolmente il consumo di suolo. L’amministrazione comunale, pur sollecitata da comitati e associazioni cittadini, fa orecchie da mercante. Alcuni esempi:
- Un caso è nel quartiere San Siro, dove un progetto presentato da investitori cinesi e americani (proprietari delle due squadre cittadine di calcio) vorrebbe costruire un nuovo stadio e insieme tre grattacieli, un centro commerciale, un hotel e altro ancora esattamente sopra a un’area di verde profondo di oltre 5 ettari con oltre 100 alberi ad alto fusto. “Qualsiasi porzione di suolo, anche piccola, che viene consumata, rappresenta un danno irreversibile, e può portare conseguenze importanti o ingigantire quelle già esistenti, come la perdita di biodiversità, il mancato stoccaggio di CO2, il maggior rischio di alluvione e una più accentuata isola di calore urbana – ha dichiarato Luca Mercalli, noto meteorologo e membro del consiglio Scientifico di Ispra – E ciò riguarda anche i 5 ettari di verde profondo accanto a San Siro: ricoprirli di altro cemento porterà altri danni all’ecosistema della zona e alla qualità della vita dei cittadini”.
- Nel Parco La goccia (quartiere Bovisa), su un totale di 40 ettari, il piano regolatore generale permette di costruire sulla metà. Dei 20 ettari rimanenti, 4 sono già stati cantierizzati. Gli altri 16 sono a rischio.
- È di questi giorni l’apertura di vasche di laminazione che vorrebbero risolvere il problema delle esondazione del fiume Seveso. Oltre al fatto che tali vasche – secondo molti studi – non è vero che risolverebbero il problema, ma anzi ne creerebbero di nuovi, esse verrebbero costruite su un verde profondo con alberi maturi e bosco per l’estensione di altri 4 ettari.
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Ringrazio il prof Munafò per la sua analisi. Aggiungo che anche sulla Piazza d'Armi di Milano Baggio il PGT prevede la costruzione di 145.000 mq di slp con l'abbattimento di 20.000 mq di terreno alberato. Altro che riduzione del consumo di suolo! Una continua e vergognosa narrazione tossica che la nostra Associazione e la Rete dei Comitati milanesi smaschera quotidianamente.
Maria Castiglioni - Le Giardiniere-Milano