Pubblichiamo l’analisi di Didier Rabattu e Odile Lande-Broussy, team di gestione del fondo LO Funds Emerging Consumer di Lombard Odier Investment Managers.
Di recente, gli investitori nei mercati emergenti hanno dovuto affrontare, con non poche difficoltà, uno dei peggiori periodi degli ultimi due decenni in termini di performance negativa rispetto ai mercati sviluppati.
Risk management, esposizione macro e selezione dei titoli sono i tre fattori chiave per riuscire a gestire situazioni così complesse. È risaputo che nei momenti di crisi le valute emergenti hanno una forte correlazione tra di loro. Di conseguenza, ogni posizione rilevante sui Paesi in via di sviluppo, e il relativo rischio, è legata all’esposizione alle diverse divise.
E’ quindi molto importante avere una solida metodologia di investimento, così da valutare fattori quali la corporate governance di un’azienda, la leadership in specifici settori, un business che comporti un elevato ritorno sul capitale e un livello di indebitamento molto basso. Non bisogna inoltre dimenticare che i mercati emergenti, per loro natura, sono per lo più di piccole dimensioni e hanno dinamiche specifiche.
Oggi, comunque, il grosso punto interrogativo riguarda la possibile destinazione della liquidità in circolazione, con il mercato globale delle obbligazioni in decisa difficoltà dopo una corsa al rialzo durata quasi trenta anni.
Parlando di emergenti, un’interessante chiave di lettura è quella dei consumi. La popolazione dei paesi in via di sviluppo, pari a cinque miliardi di persone, staevidentemente crescendo più velocemente rispetto al mondo sviluppato, con tassi di lungo periodo simili a quelli registrati in Europa e Usa negli anni del dopoguerra.
Occorre però una precisazione, un elemento che molti investitori spesso dimenticano: il mondo emergente non è un mercato unico e tantomeno omogeneo. Questo valesia per le performance dei mercati sia per i fondamentali economici. Possiamo indicativamente considerare sei grandi aree: Cina, Sud-Est asiatico, India, Africa eMedio Oriente, Europa orientale e America Latina. In ognuna di queste zone le dinamiche sono molto differenti, i paesi non crescono allo stesso ritmo né nellastessa direzione e anche all’interno di questi stessi blocchi sussistono diversità significative.
Prendiamo ad esempio il Vietnam: nonostante sia geograficamente molto vicino alla Thailandia ne è molto distante, sia economicamente sia politicamente, mentre il Cileè l’opposto economico e politico dell’Argentina, nonostante abbia un confine in comune, e l’Arabia Saudita ha davvero poco da condividere con il vicino Egitto.
Se da un lato bisogna dunque stare attenti alle diversità, bisogna anche considerare che vi sono sufficienti punti in comune. Il Sud-Est asiatico (Tailandia, Malaysia,Filippine, Vietnam, Indonesia) sta vivendo un boom grazie alla crescita ben equilibrata degli ultimi anni. Presenta infatti un rapporto debito / Pil sotto controllo,un solido capitale locale, istituzioni finanziarie sicure, buon equilibrio tra infrastrutture, consumi ed export e una riduzione della corruzione a tutti i livelli.
Anche il Cile, la Colombia, il Perù, la Polonia, la Turchia fanno parte di questo gruppo, mentre Brasile, Argentina, Sud Africa e Ucraina sono esclusi e sonosuscettibili a problematiche di vario genere.
Cosa accade invece in India? La crescita del Pil del 5% segue il trend dei vicini, ma nonostante il calo dei prezzi dell’oro, del petrolio e dei beni di consumo, l’inflazione e i tassi d’interesse si mantengono alti. Il deficit delle partite correnti, però, non è elevato e ancora una volta nei prossimi mesi il paese dovrà trovare il giusto equilibrio tra le variabili metriche. Nella pratica, il costante aumento della popolazione che si accompagna a un maggiore benessere è in linea con quanto sperimentato da Stati Uniti ed Europa nel dopoguerra. Allo stesso modo, per questi mercati si attende un’espansione nel settore food & beverage, dei supermercati e della ristorazione.
I governi emergenti, tra cui primo fra tutti quello della Cina, devono espandere le proprie economie incoraggiando la crescita delle nascenti classi medie. Esattamentecome avvenuto per gli odierni paesi sviluppati, i consumi saranno il più importante fattore di crescita nei mercati emergenti per i prossimi decenni. L’export di per sé non sarà più sufficiente, poiché Europa e Stati Uniti non possono essere all’infinito mercati di sbocco, e le infrastrutture sono esageratamente costose nel breve periodo.
L’igiene, per esempio, è un’evidente priorità di tutti i governi e quello cinese in particolare è desideroso di dare una ripulita all’intera catena dei consumi, partendo dai coltivatori fino ad arrivare ai venditori. Scandali nei settori caseari, degli alimenti per l’infanzia, nella carne di maiale e di pollo, stanno obbligando il governo a far pressione per una completa modernizzazione nel settore alimentare.
Ancora una volta, basta dare uno sguardo alla storia recente per rendersi conto di quanto accaduto in Europa e negli Stati Uniti tra la fine della Seconda GuerraMondiale e la fine degli anni ’80.