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Consulta: no ai tagli sui maxi-stipendi di manager pubblici e magistrati

La Corte Costituzionale ha bocciato la norma varata nel 2010 dal governo Berlusconi per ridurre gli stipendi dei manager pubblici superiori ai 90 mila euro lordi annui – La Consulta ritiene che “il tributo imposto determini un irragionevole effetto discriminatorio” in violazione degli articoli 3 e 53 della Carta.

Consulta: no ai tagli sui maxi-stipendi di manager pubblici e magistrati

La Consulta ha detto no: i tagli ai super stipendi dei dipendenti pubblici sono incostituzionali. Viene così rispedita al mittente la sforbiciata alle buste paga di manager e magistrati prevista dal decreto legge 78 del 2010. In particolare, la Corte Costituzionale ha giudicato contrario ai principi della Carta l’articolo 9 del testo varato dall’ultimo governo Berlusconi, in cui si dispone che dal primo gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2013 “i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, siano ridotti del 5% per la parte eccedente 90 mila euro e fino a 150 mila euro, nonché del 10% per la parte eccedente 150 mila euro“. 

La Consulta ritiene che “il tributo imposto determini un irragionevole effetto discriminatorio“. La norma sarebbe quindi “in aperto contrasto” con due articoli della Costituzione: il numero 3 (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”) e il 53 (“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”). 

Nella sentenza i giudici spiegano che “l’introduzione di un’imposta speciale, sia pure transitoria ed eccezionale, in relazione soltanto ai redditi di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione víola il principio della parità di prelievo a parità di presupposto d’imposta economicamente rilevante“. 

La Corte sottolinea inoltre che “da un lato, a parità di reddito lavorativo, il prelievo è ingiustificatamente limitato ai soli dipendenti pubblici; d’altro lato, il legislatore, pur avendo richiesto il contributo di solidarietà (di indubbia natura tributaria) del 3% sui redditi annui superiori a 300 mila euro, al fine di reperire risorse per la stabilizzazione finanziaria, ha inopinatamente scelto di imporre ai soli dipendenti pubblici, per la medesima finalità, l’ulteriore speciale prelievo tributario oggetto di censura”.

In questo caso, dunque, “l’irragionevolezza non risiede nell’entità del prelievo denunciato – si legge ancora nella sentenza, ma nell’ingiustificata limitazione della platea dei soggetti passivi“. 

Per quanto riguarda i soli magistrati, è stato bocciato anche il comma 22 dello stesso articolo, in cui si disponeva di non erogare “gli acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012”. Era previsto inoltre che “per il triennio 2013-2015 l’acconto spettante per il 2014” fosse pari “alla misura già prevista per l’anno 2010” e che il conguaglio per il 2015 fosse determinato “con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014”.

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