4354. Tanti sono gli esposti pervenuti in Consob nel corso del 2016, con un incremento su base annua del 147%. Ancor più eloquente il dato relativo alle banche: 3051 ricorsi il 298% in più. Il dato offre un’immagine immediata dell’anno orribile del risparmio italiano, come è emersa dalla relazione annuale illustrata ieri dal presidente Giuseppe Vegas. Ma il presidente della Consob non è tipo da scoraggiarsi. Di fronte all’incognito, chiude la sua presentazione, occorre “applicare il principio del filosofo di Koenigsberg: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”. E ci vuole proprio l’etica di Kant per non farsi prendere dallo sconforto di fronte a queste ed altre difficoltà che hanno segnato la piazza finanziaria italiana nel 2016, anno segnato da una sorta di ritorno al materasso, simbolo di paura e di insicurezza per il tesoretto delle famiglie a leggere certi dati.
In particolare, ”la Borsa ha perso centralità” ha detto il responsabile della Commissione. A parte i fondi “gli italiani tendono sempre di più ad allocare il proprio risparmio presso conti correnti bancari o postali”. E’ un segno di ansia per il futuro: “fra il 2007 e il 2016 l’incidenza dei depositi bancari e postali sulle attività finanziarie totali è passata dal 38,1% al 46,8%, mentre la ricchezza detenuta in azioni e titoli di debito pubblico è passata, rispettivamente, dal 10,5% al 5,3% e dal 13,4% al 10,8%”. Non solo. “C’e’ stata una progressiva estensione delle aree di rischio, a partire dai titoli di Stato e dalle obbligazioni bancarie, fino ad arrivare agli stessi depositi che oggi, alla luce del bail-in, devono essere valutati alla stregua di una qualsiasi forma di investimento’.
Proprio il criterio del bail-in, deciso tra l’altro ad un tavolo “cui la Consob non è stata chiamata” è una delle principali cause dello “shock normativo” distinto da elementi fortemente distorsivi, a partire dalla decisione di adottare le nuove regole con effetto retroattivo, una scelta che contrasta con i principi di fondo del diritto “e che va corretta quanto prima”. Lo stesso Vegas propone di rimetter mano al coinvolgimento degli obbligazionisti, oggi senza rete: si potrebbe introdurre, per esempio, una soglia di salvaguardia a 100.000 euro, analoga a quella prevista per i correntisti. Il risultato? “Il primo e provvisorio bilancio non può dirsi positivo: le stesse regole che l’Europa si è data per assicurare stabilità si sono rivelate un fattore di instabilità”.
Ma la relazione di Vegas non guarda solo alle spalle né si limita a lamentele contro gli errori altrui. O, tantomeno, a scaricare le colpe sull’Europa. Tutt’altro. Vegas ha voluto inserire nella relazione di quest’anno un richiamo alla necessità di difendere l’euro e la comunità a 28: guai ad evocare, come fanno Lega Nord e Cinque Stelle, lo scenario dell’uscita italiana dall’area euro. Così si metterebbe a repentaglio, sottolinea il presidente “la stabilità, il buon funzionamento del sistema finanziario e la salvaguardia del mercato, obiettivi che rientrano nella missione istituzionale della Consob”. “Il solo annuncio di un ritorno ad una valuta nazionale provocherebbe un immediato deflusso di capitali tale da mettere gravemente a repentaglio la capacità dell’Italia di rifinanziare il terzo debito pubblico più alto del mondo”.
Al contrario, l’Italia deve essere pronta a sfruttare le opportunità della Brexit. “Milano deve porsi con determinazione l’obiettivo di accogliere le imprese britanniche – ma non solo queste – che stanno valutando di lasciare Londra. Il legame tra Piazza Affari e il London Stock Exchange, dopo il fallimento delle nozze tra Francoforte e Londra, può rappresentare un asset prezioso, grazie alla complementarietà dei due mercati: “Milano può ambire, infatti, a diventare uno dei principali poli di riferimento in Europa per l’asset management”. Per vincere la sfida occorrono però “passi concreti”. Alcuni sono già stati compiuti, vedi la flat tax per i cittadini stranieri ad alto reddito. Urge però sospendere la Tobin tax introdotta dal governo Monti per compiacere Angela Merkel (che ben si è guardata dal prendere un’iniziativa analoga). E “considerare con attenzione” alcune misure prese con la manovra correttiva, vedi il meccanismi dello split payment.
Insomma, per cogliere i benefici dell’Unione Europea occorrono più presenza e personalità, quelle che l’Italia non ha dimostrato al momento del varo del bail in, sperimentato con grande insuccesso solo dalle nostre parti, o quando abbiamo gravato la Borsa italiana di fardelli fiscali e amministrativi più gravosi dei mercati “cugini”. Al contrario, ci sono i margini per un recupero, purché si prendano per tempo le iniziative giuste e coraggiose: un mercato regolamenti dei crediti deteriorati, per evitare che il problema non si trasformi solo in un’occasione di guadagno per la speculazione internazionale. Ma anche un approccio “laico” ed aperto all’innovazione per il Fintech, per evitare una nuova, drammatica emigrazione dei flussi finanziari oltre confine. Anche in questo caso ”ogni ritardo comporta una perdita di competitività”.