Famiglie italiane rimandate in conoscenze finanziarie. Il Rapporto 2016 della Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane conferma il basso livello di conoscenze finanziarie delle famiglie italiane con piu del 20% degli intervistati che dichiara di non avere familiarità con alcuno strumento finanziario e l’8% di chi investe che non sa cosa possiede, mentre il restante 80% indica per lo più i titoli di stato e le obbligazioni bancarie.
Solo il 40% degli intervistati è in grado di definire correttamente alcune nozioni di base quali inflazione e rapporto fra rischio e rendimento, mentre concetti più sofisticati relativi a prodotti diffusi registrano percentuali inferiori fino all’11 per cento. La stragrande maggioranza degli intervistati non comprende il concetto di tassi di interesse negativi né conosce fenomeni innovativi quali la consulenza automatizzata. L’altro tema è la grande avversione al rischio e ad ottenere rendimenti inferiori alle aspettative.
Solo 4 italiani su 10 hanno “know how” per investire. Il livello di conoscenze finanziarie, per lo più omogeneo tra uomini e donne, è più elevato tra i soggetti più istruiti e i residenti nel nord Italia. La ridotta alfabetizzazione finanziaria incide sensibilmente sulla comprensione dell’andamento dei mercati e di nuovi fenomeni congiunturali. Il 24% degli intervistati decide in maniera autonoma i propri investimenti, il 38% segue i suggerimenti di familiari e colleghi, il 28% chiede consiglio a un professionista e solo il 10% delega un esperto. Il ricorso alla consulenza professionale cresce all’aumentare della cultura finanziaria.
Metà investimenti in depositi. In base ai dati contenuti nel Rapporto 2016 della Consob, dal 2007 ad oggi, oltre la metà del portafoglio investimenti degli italiani si compone di depositi bancari e postali, mentre diminuisce la quota di ricchezza detenuta in azioni e Titoli di Stato. Per contro, è aumentata la quota di famiglie che possiedono obbligazioni bancarie italiane, il prodotto più diffuso a fine 2015.
Dopo il 2007, si legge nel Rapporto, la composizione del portafoglio degli investitori italiani ha riflesso l’accresciuto interesse per depositi bancari e postali la cui incidenza sulle attività totali è passata dal 38% nel 2007 al 52% nel 2015 a fronte della diminuzione della quota di ricchezza detenuta in azioni (-43%) e Titoli del debito pubblico (-23%). A fine 2015, in particolare, la quota di famiglie che possedeva almeno un prodotto finanziario si è attestata al 50% del totale a fronte del 55% nel 2007.