Vedere le sorti della seconda potenza manifatturiera d’Europa appese agli umori del senatore Lello Ciampolillo non poteva non mobilitare chi davvero tiene in piedi l’economia del Paese. Vent’anni di antipolitica, dell’uno vale uno, della sottosegretaria Laura Castelli che replica “Questo lo dice a lei” a Pier Carlo Padoan, direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale, hanno avuto gli effetti che vediamo da tempo nella qualità della classe dirigente politica di un Paese che è pur sempre membro del G7. Da Vicenza arriva un colpo senza precedenti all’attuale classe politica, mittente il capo degli industriali, Luciano Vescovi. I toni sono davvero inusuali per un big di Confindustria, ma probabilmente lo spettacolo in Parlamento dei giorni scorsi ha passato il segno. “Il tempo è finito. Basta improvvisazione, basta incompetenza” è l’appello che deve arrivare fortissimo a Roma.
“Lo spettacolo che abbiamo visto a Palazzo Madama non è degno dei milioni di persone che soffrono in questo Paese – continua Vescovi – perché, se si continua così, il peggio deve ancora venire. Serve uno scatto di dignità da parte delle persone che, nella società civile, hanno senso di responsabilità. E guardo alle associazioni imprenditoriali, ai sindacati, all’università, alla scuola – con il coinvolgimento necessario e finora dimenticato degli studenti – e al terzo settore. È finito il tempo degli schiamazzi e delle rivendicazioni di parte e di retrobottega: dobbiamo metterci insieme, fare sintesi, fare tutti un passo indietro e dare, tutti, un contributo in base alle rispettive competenze e capacità, con lo stesso spirito della Costituente. Dobbiamo farlo ora, non c’è più tempo di aspettare”.
Vicenza non è una provincia qualsiasi della galassia produttiva e industriale italiana: si misura in 12.200 euro per ogni abitante del vicentino il valore aggiunto prodotto dall’industria berica nel 2019. In tutta Italia, solo Modena, con 12.600 euro, è riuscita a fare meglio nel comparto industriale. Di fatto, da Vicenza viene lanciato un appello alle forze sociali del Paese, per non arrendersi ad uno scoramento anche comprensibile rispetto alla inadeguatezza della politica.
“Le istituzioni nazionali, di fronte al loro palese fallimento – prosegue la nota – abbiano finalmente l’umiltà di fare squadra con il resto del paese ma, dall’altra parte, la società civile deve prendersi fino in fondo le proprie responsabilità: usciamo dalle logiche di parte, facciamo il doveroso mea culpa, riuniamo le migliori menti del Paese assieme a coloro che hanno il potere di fare e di cambiare le cose, stabiliamo insieme (studiando, guardano i dati e i numeri, ascoltando il paese reale e, senza vergogna, guardando a coloro che hanno fatto meglio di noi, prima di noi) che Italia vogliamo per i nostri figli”.