Il Centro Studi di Confindustria taglia le previsioni sull’andamento del Pil italiano. Le nuove stime parlano di una recessione dello 0,5% nel 2014 (dal -0,4% indicato a settembre), seguita nel 2015 e nel 2016 da una crescita rispettivamente dello 0,5 e dell’1,1%. Eppure, “il mantenimento della previsione 2015 ai valori indicati a settembre – spiegano gli economisti di viale dell’Astronomia – pur in un contesto molto più propizio, è già un segno di fiducia rispetto alle previsioni all’ingiù operate dalla maggior parte degli analisti, soprattutto internazionali”. Nel dettaglio, secondo il CsC l’Italia uscirà dalla recessione già dal primo trimestre del 2015, che si chiuderà con un Pil positivo dello 0,2%, e “lo scenario economico globale si presenta migliore rispetto a tre mesi fa”, anche se “l’incertezza rimane”.
IL PERICOLO DELLA “CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA”
Un fattore che potrebbe pesare sul futuro andamento del Pil italiano è l’eventuale applicazione della clausola di salvaguardia inserita nella legge di Stabilità, che prevede un incremento delle imposte indirette pari a 12,8 miliardi di euro, lo 0,8% del Pil. Se la clausola scattasse “farebbe ricadere l’economia in recessione – scrivono da Confindustria –. Evitarne l’applicazione è quindi necessario per stabilizzare il Paese sul ritrovato percorso di crescita”.
LA ZAVORRA DELLA CORRUZIONE: PERSI 300 MILIARDI IN 20 ANNI
L’ostacolo più importante da superare è però la corruzione, che rappresenta una “zavorra per lo sviluppo – si legge ancora nello studio – un vero freno per il progresso economico e civile”, al punto che un aumento di un punto dell’indice di corruzione è correlato con una diminuzione del tasso di crescita annuo del Pil pro capite di 0,8 punti percentuali.
D’altra parte, se il Paese riuscisse a ridurre la corruzione ai livelli della Spagna, il nostro tasso di crescita annuo aumenterebbe di 0,6 punti percentuali, e se con Mani pulite l’Italia avesse ridotto la corruzione al livello della Francia (-1%), il Pil 2014 sarebbe stato superiore di circa 300 miliardi (5mila euro a persona).
Per riportare in modo strutturale l’Italia a ritmi di sviluppo “ben più elevati degli attuali – proseguono gli analisti del CsC – è cruciale diminuire drasticamente la corruzione, che è la punta dell’iceberg dell’illegalità diffusa e della mancanza di rispetto delle regole. Nella lotta alla corruzione, le imprese, con l’aiuto delle loro associazioni, possono dare un contributo decisivo adottando codici di condotta efficaci e applicando sanzioni di ostracismo esteso per farli rispettare. Dunque, con i giusti accorgimenti le imprese italiane e le loro associazioni hanno le risorse necessarie per vincere” questa battaglia.
L’INFLAZIONE RISALIRA’ SOLO NEL 2016 (0,6%)
Quanto alla dinamica dell’inflazione, secondo Confindustria nel 2014 e nel 2015 si attesterà allo 0,2%, mentre nel 2016 risalirà allo 0,6%. La deflazione, in ogni caso, non fa paura: il Csc esclude “il materializzarsi di un processo generalizzato di riduzione dei livelli dei prezzi in Italia”.
REDDITI AI LIVELLI DEL 1997, PERSI 3.700 EURO A TESTA DAL 2007
Il rapporto rivela inoltre che i redditi degli italiani sono tornati quest’anno ai livelli del 1997, con una perdita di 3.700 euro per abitante dal 2007 (- 12,3%). Il regresso ha comportato la rinuncia a sei settimane l’anno di consumi: come se le famiglie italiane smettessero di spendere a metà novembre.
Proprio dalle previsioni sull’andamento dei consumi, tuttavia, arrivano le prime indicazioni positive: quest’anno la spesa delle famiglie – nelle previsioni del CsC – aumenterà dello 0,2%, ma l’incremento sarà allo 0,5% nel 2015 e allo 0,8% nel 2016.
SENZA LAVORO 8,6 MILIONI DI PERSONE
Ben meno incoraggiante è il quadro sul versante del lavoro. Da viale dell’Astronomia, infatti, fanno sapere che oggi in Italia sono 8,6 milioni le persone a cui manca lavoro, in modo totale o parziale. Il mercato resta dunque “debole”. Secondo i calcoli degli economisti di Confindustria, ai 3 milioni e 300mila disoccupati stimati nel terzo trimestre del 2014 (+113,2% rispetto a sette anni prima) bisogna aggiungere altri due gruppi di senza lavoro: gli occupati part-time involontari (2 milioni e 595mila, +111,8%) e i non-occupati che sarebbero disponibili a lavorare ma non hanno compito azioni di ricerca attiva perché scoraggiati (1 milione e 708mila individui, +73,4%) oppure perché stanno aspettando l’esito di passate azioni di ricerca (725mila).