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Confindustria, Paesi produttori: Italia ottava, superata da Brasile e India

L’Italia perde ancora terreno nella classifica internazionale dei maggiori Paesi produttori e nel 2013 scivola in ottava posizione, superata da Brasile e India. In sei anni il nostro Paese è sceso di tre caselle. A stilare la graduatoria è il Centro Studi di Confindustria, che oggi ha pubblicato gli ultimi risultati nel suo rapporto sugli “Scenari Industriali”.

La prima posizione continua ad essere occupata dalla Cina, mentre la medaglia d’argento va agli Stati Uniti e quella di bronzo al Giappone. Al quarto posto si colloca la Germania, seguita da Corea del Sud, India e Brasile. L’arretramento dell’Italia “va al di là della fisiologica avanzata degli emergenti – scrive il Csc –, perché è stato accentuato da demeriti domestici”. 

Tra il 2007 e il 2013 la produzione italiana è calata del 5% medio annuo, “una contrazione che non ha riscontro negli altri più grandi paesi manifatturieri”, si legge ancora nel rapporto. Secondo gli analisti di Confindustria, inoltre, in 12 anni le aziende italiane sono diminuite di 120mila unità e gli occupati di 1milione 160mila unità.

In particolare, il Csc sottolinea il crollo verticale della produzione manifatturiera, che fra il 2000 e il 2013 ha registrato una flessione del 25,5%, mentre quella mondiale è cresciuta del 36,1%. “L’andamento della produzione manifatturiera italiana – spiega il Centro studi – è anomalo rispetto ai principali Paesi industriali, e ha risentito profondamente della contrazione di investimenti e consumi interni”.

Rispetto al 2000, i picchi negativi maggiori si registrano nell’industria dei computer e delle macchine per ufficio (dove la produzione si è praticamente azzerata) e in quella dei tabacchi, entrambi “comparti che si caratterizzavano per trend in caduta libera già prima della crisi”. La produzione si è più che dimezzata nell’elettronica e nel comparto automobilistico ed è prossima al 50% di quella di inizio periodo nel tessile, nella pelletteria e nel legno (esclusi i mobili).

“Sono vitali interventi tempestivi, perché partire in ritardo significa perdere terreno nei confronti dei paesi concorrenti – ha concluso il Csc –. Inoltre, l’urgenza dell’iniziativa politica per mettere al centro il settore manifatturiero è dettata anche dalla sfide che i cambiamenti tecnologici propongono”. Tra la cause individuate da Confindustria, spiccano “il calo della domanda interna, l’asfissia nel credito, l’aumento del costo del lavoro slegato dalla produttività, la redditività che ha toccato nuovi minimi”.

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