Per Carlo Bonomi, nuovo presidente di Confindustria, da ora inizia il difficile. Fino a oggi ha dimostrato di saper agire con un carattere di ferro, impermeabile (ma non indifferente) alle provocazioni che da almeno sei mesi hanno cercato di mettere in discussione il suo status di imprenditore, al solo scopo di sfilacciare la tela intessuta da tempo con il mondo delle imprese. Nemmeno la sfacciata campagna messa in atto per favorire Licia Mattioli sui media lungo tutta la settimana precedente la votazione ha potuto rovesciare la scelta, ampia e convinta, di sostegno all’imprenditore milanese. Una candidatura dichiaratamente alternativa rispetto a quella voluta, preparata e gestita da una casta confederale da troppo tempo assuefatta al “salario di cittadinanza confindustriale”, così definito da uno scafato frequentatore dei piani alti di viale dell’Astronomia. Il voto non solo ha confermato la valutazione dei Saggi, ma, con il doppio delle preferenze registrate in favore di Bonomi, ha sicuramente censurato la capricciosa impuntatura della vicepresidente uscente.
Ora vanno messe in soffitta anche le formali dichiarazioni di buon lavoro dei perdenti e i loro buoni propositi di collaborazione per evitare l’inquinamento dei programmi di cambiamento e di riforma del sistema rappresentativo. L’esempio più eclatante viene ancora una volta dai bresciani. Alla vigilia del voto, il Consiglio della loro Associazione ha deciso di schierarsi pubblicamente, con tanto di comunicato stampa, per Mattioli, dando un’ulteriore prova di imprudenza e dimostrando, se ce ne fosse stato bisogno, di ignorare la volontà maggioritaria dei loro colleghi, così come quando avevano gettato nella mischia anzitempo il loro presidente Giuseppe Pasini. Purtroppo è la seconda volta che la potente Associazione bresciana affonda i suoi candidati alla presidenza di Confindustria ancora fermi ai blocchi di partenza.
Ora a Carlo Bonomi corre l’obbligo di mettere in pista una squadra autorevole, fuori dalle convenienze di breve respiro. Una squadra caratterizzata dalle competenze conquistate sul campo, in fabbrica, a conferma degli impegni assunti. La scelta dei vicepresidenti sarà emblematica; una scelta assunta con responsabilità in prima persona, lontana dal partito dei salotti romani e dalle sirene delle grandi firme e delle grandi testate. Toccherà a loro affrontare, da subito, situazioni del tutto nuove, impreviste, ma tali da determinare profondi cambiamenti nella struttura manifatturiera del Paese e nelle relazioni economiche internazionali. Un esempio: la necessaria riorganizzazione della presenza al lavoro, in fabbrica e negli uffici, con la determinazione di nuove inusuali forme di turnazione, implicheranno creatività progettuali ed organizzative, scontrandosi forse con crescenti difficoltà, ma che potranno rappresentare una occasione di forte ripresa della produttività e delle economie di scala.
Certo, fin da subito, in questa fase temporale di progetto e di empirismo, Confindustria deve essere pronta ad avanzare la proposta di una completa detassazione della parte di salario proveniente dal nuovo regime, dal notturno, dal festivo e dalle indennità di turnazione. Si potranno così rimpinguare le buste paga e restituire un poco di liquidità ai bilanci delle famiglie italiane. Da subito, ripeto, prima che la Cisl di Annamaria Furlan dissotterri l’ascia della riduzione generalizzata dell’orario di lavoro.
Sul terreno dei rapporti sindacali, si sente il bisogno di accelerare il decentramento (non solo dei livelli) di un’effettiva contrattazione nelle categorie per sottrarsi dalla mai sopita voglia centralistica e di utilizzare la materia contrattuale ai fini concertativi su cui basare il rapporto con la politica.
Toccherà alla nuova squadra riaprire l’agenda polverosa ed interminabile delle crisi aziendali da tempo inerte al Ministero dello sviluppo economico. Abbiamo spesso sollevato da queste colonne il problema della LUISS e del Sole24Ore, occasioni strategiche per quella cultura industriale troppo spesso minacciata. Con le relazioni internazionali e in quelle domestiche europee forse diventa prioritaria una riflessione approfondita sulle procedure di elezione dei vertici, sulla selezione della dirigenza, sul ruolo delle associazioni territoriali e in primis delle categorie, sulle loro direzioni spesso funzionali e referenziali alle presidenze di turno. C’è tanta carne al fuoco nel camino della Confindustria. A me pare che Carlo Bonomi non abbia fretta di servirla cruda, ma nemmeno abbia incertezze tali da farla bruciare. Auguri.