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Confindustria ha bisogno di una vera spending review: coraggio, presidente Squinzi

Coraggio, presidente Squinzi: non guardi in faccia a nessuno e nella giunta di Confindustria di domani affronti il nodo dei tagli senza tentennamenti e con rapidità – L’esempio della presidenza Lucchini degli anni ’80 – Sprechi e privilegi devono finire – Ridimensionare la burocrazia centrale – Il caso del Sole 24 Ore – Basta assemblee all’Auditorium

Confindustria ha bisogno di una vera spending review: coraggio, presidente Squinzi

I conti di viale dell’Astronomia e la difficile situazione finanziaria che imprigiona in generale tutto il sistema Confindustria è il primo vero ostacolo che il Presidente Squinzi si trova sulla sua strada. La Giunta di giovedì ne è la prima tappa.

I 500 milioni di  euro che si presumono essere il costo del sistema, le liquidazioni d’oro di cui fruiscono i vertici dirigenziali e le spese che non si riescono a ridurre, contrastano con un assetto finanziario ed organizzativo in continuo dimagrimento per la crisi che attanaglia la nostra economia e le defezioni di centinaia e centinaia di imprese associate.

Da qui la decisione di prendere il sacco “in cima” con tagli di “almeno del 25%” come dichiara  un autorevole imprenditore. “Anche del 30%…se necessario”. Ma se fosse assunta la strada dei tagli lineari la scommessa di Squinzi per un risanamento strutturale del sistema andrebbe rapidamente a sfumare.

I risparmi di cassa non farebbero emergere le diffuse sacche di privilegio, le nicchie intrecciate di sperperi e di inefficienze, la reale situazione delle associate territoriali e dei loro patrimoni e delle categorie di settore che vivono, sotto questo aspetto, una loro vita propria autonoma ed opaca.

Una situazione siffatta si presentò nella prima metà degli anni ottanta. Il peso dei debiti lasciati da Sirio, l’imponente moloch informatico voluto da Guido Carli; l’anarchia contributiva che regolava l’appartenenza territoriale delle imprese alle associazioni di settore, i diffusi privilegi assicurativi e pensionistici in capo a gran parte del personale dirigente, aumentati e resi incontrollabili da patti sottoscritti  localmente o con interventi “ad personam”, l’assoluta opacità di cambio  di valuta dell’intera rappresentanza a Bruxelles misero a dura prova la Presidenza del tempo.

Mitico rimane il consistente “premio annuale” che gratificava in kruggerand- oro il direttore di Assobirra. L’azzeramento dei privilegi di Bruxelles, l’emersione di risorse consistenti dalle casse della Luiss, una oculata gestione e un più preciso funzionamento del doppio inquadramento spinsero il sistema a valutare con attenzione la questione finanziaria e a sostenere  la scelta di Luigi Lucchini sull’autonomia del Sole 24 ore dotandolo di una società propria per la raccolta pubblicitaria. Fu questa la scelta(in contrapposizione alla Publikompas e alla Manzoni) che garantì risorse importanti finalizzate a sostenere l’attività e il risanamento del sistema.

La contendibilità di tutte le cariche associative e la presenza delle imprese ex pubbliche, monopolistiche e concessionarie, formarono quel mix di sicurezza economica e di solidarietà individuali fra cordate non estranee alla politica che hanno retto fino a qualche anno fa.

Oggi le cose sono cambiate e le scelte si presentano assai difficili. Le imprese grandi o piccole) guardano al costo associativo con crescente scetticismo, anche a quello del comparto di appartenenza. Molte si allontanano, altre non pagano, centinaia muoiono o falliscono. Le entrate ordinarie diventano un terno al lotto messe in discussione anche per la scarsità e la mediocre qualità di servizi che la macchina eroga ai propri iscritti.

Il giornale di casa ha smesso da tempo di distribuire dividendi. Una politica editoriale-mediatica e una improvvida vocazione al gigantismo immobiliare ha asciugato il fiume di risorse del Sole 24 Ore che, come tutte le testate, si misura anch’esso con ristrutturazioni e licenziamenti.

In alcune associazioni territoriali si parla apertamente di ricorso alla cassa integrazione per i propri dipendenti con rari  casi di disdetta delle  ricche consulenze che rendono eterni i vecchi del sistema. Non si ha nemmeno notizia di una mirata utilizzazione del ricco patrimonio immobiliare  delle stesse.

Il presidente Squinzi non deve inoltrarsi sulla strada dei tagli lineari e delle loro percentuali. Faccia quello che la sua testa di grande imprenditore gli suggerisce: affondare le mani nell’impasto, conoscere ,valutare e decidere. Con rapidità. Ma deve dare subito alcuni esempi centrali, come ridurre il reggimento di vice presidenti e di delegati, affrontare il tema dei servizi reali alle imprese sottratti da una pletora di società  di consulenza che hanno invaso le associazioni, guardare nei conti delle società parallele al sistema che spaziano dall’editoria specializzata, alle missioni estere e alle fiere, fare un poco di cassa necessaria alle ristrutturazioni collocando parte delle azioni del Sole 24 ore presso le ancora ricche associazioni sia territoriali che di categoria.

Dimagrirebbe la sede centrale di viale dell’Astronomia e perderebbe forza la burocrazia centrale ma sarebbe più facile per Confindustria riprendersi un ruolo di rappresentanza degli interessi reali delle imprese manifatturiere.

P.S: Riporti Squinzi nella casa di viale dell’Astronomia a Roma l’assemblea annuale. Restituisca quell’appuntamento all’agenda del Paese e delle imprese. Via da subito dall’Auditorium della musics scelto per una platea gigantesca di curiosi, presenzialisti, faccendieri e dame salottiere, esperte in pubbliche relazioni ovvero di quella rete delle conoscenze che caratterizza e ha reso così viscido il nostro capitalismo.

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