“Dopo un anno ancora niente per i giovani: solo crescita ingessata”. Questa l’accusa al governo lanciata da Alessio Rossi, presidente Giovani Imprenditori di Confindustria, durante il convegno dell’associazione in corso a Rapallo.
Gli industriali avevano chiesto provvedimenti urgenti per far ripartire il Paese, ma la risposta dell’Esecutivo “è stata debole”, ha aggiunto Rossi, sottolineando che “il decreto crescita sarebbe forse più prudente chiamarlo decreto dita incrociate”.
Per quanto riguarda Flat Tax e reddito di cittadinanza, si tratta di misure realizzate “a debito: riparliamone quando si potranno fare senza sfondare i conti pubblici. Intanto possiamo abbassare subito il cuneo fiscale, perché mette più soldi in tasca ai lavoratori e fa ripartire lo sviluppo”.
Quota 100, invece, “ci sta tornando indietro come un boomerang – continua il Presidente dei Giovani Imprenditori – perché la Commissione europea l’ha messa all’indice, ma il vero problema è che questa misura genera un paradosso: in uno dei Paesi più vecchi d’Europa non si può avere un sistema pensionistico insostenibile”.
In conclusione, “da anni facciamo proposte, ci siamo rivolti a tutti i governi. Stavolta non c’è più niente da aggiungere. Non è che non abbiamo niente da dire, non sappiamo a chi dirlo, perché davanti a noi ci sono solo campagne elettorali interminabili e mai un confronto serio”. Secondo Rossi, ora che la crescita italiana è ferma, la produzione industriale cala, gli investimenti rallentano e il lavoro soffre, “servono confronti, non balconi”.
In questo scenario, se davvero l’Unione europea aprisse una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia, il Paese “potrebbe finire in panchina”, mentre “dobbiamo avere un chiodo fisso, dimostrare affidabilità ed essere credibili – ha detto ancora Rossi – Stupisce un po’ sentire il nostro premier parlare di una sorta di autocorrezione naturale che dovrebbe mettere al riparo il nostro Paese dalla procedura. La raccomandazione recapitata all’Italia da Bruxelles infrange l’illusione di continuare a fare deficit senza guardare alle conseguenze, ripristinando un’oggettività, o si accetta il dialogo con l’Ue e i suoi ‘numerini’, oppure si paga il prezzo delle conseguenze”.
Per questo, secondo Rossi, l’Italia non deve ingaggiare “una guerra di posizione con le istituzioni europee: se è vero che è arrivato il momento di migliorarle, allora dobbiamo smettere di dipingerle come avversarie. Pertanto, l’unico modo per riformare l’Unione europea è starci dentro da protagonisti”.
Infine, come già Mario Draghi nel corso della conferenza stampa di giovedì, Rossi si è scagliato contro l’idea dei minibot: “Pensare che il problema del debito pubblico sia risolvibile con i minibot è come provarci con i soldi del Monopoli”.
Peraltro, se nel 2020 scatteranno le clausole di salvaguardia, “aumenteranno Iva e accise: per non farle scattare servono 23 miliardi e vanno trovati senza intervenire sul deficit”. Rossi ha rilevato che 23 miliardi è più o meno il valore di una legge di bilancio, quindi il Governo deve reperire il doppio delle risorse: “Ormai i nostri conti pubblici sono ufficialmente sotto la vigilanza europea e insieme alla flessibilità economica è finita anche la nostra pazienza”.