L’elezione di Squinzi al vertice di Confindustria continua a suscitare aspre polemiche all’interno del mondo industriale. Non solo ieri Bombassei ha riunito a Milano una sessantina di suoi sostenitori per riaffermare che la battaglia non è finita con il voto di Giunta che ha visto prevalere Squinzi di misura e grazie soprattutto alla confluenza sul suo nome di Eni ed Enel, ma che bisogna continuare a portare avanti le istanze di profondo rinnovamento dell’organizzazione rispetto alle idee continuiste espresse dal presidente designato.
Intanto anche in Federmeccanica c’è stata una profonda spaccatura che ha messo in discussione la stessa permanenza in carica dell’attuale presidente Luigi Ceccanti. All’origine dell’aspra contestazione c’è la decisione di Ceccanti di votare in Giunta per Squinzi senza aver sentito preventivamente la propria base né aver discusso la questione nell’ambito del proprio Consiglio direttivo. Bombassei si è molto risentito di questo metodo che a suo parere dimostra quanto poco un certo gruppo di potere rappresenti l’effettiva volontà della base ed ha scritto una dura lettera a Ceccanti accusandolo di aver fatto solo una scelta di convenienza personale, che mette a rischio sia il corretto modo di operare dell’associazione, sia i rapporti personali.
A questo punto l’Associazione di Brescia ha chiesto ufficialmente le dimissioni di Ceccanti, subito spalleggiata da quella di Torino. Si è accesa così un’aspra discussione tra quanti volevano votare la sfiducia e quanti invece propendevano per una strada meno traumatica. Ceccanti a quel punto si è ufficialmente scusato per l’errore commesso e quindi è riuscito ad evitare una votazione. Ma il malessere rimane. Bisognerà vedere ora se Brescia insiste sulla propria posizione fino ad arrivare a ritirare le deleghe a Fermeccanica di rappresentanza sulle questioni sindacali. In qual caso si avrebbe una clamorosa rottura (dopo quella della Fiat) nella più importante categoria confindustriale deputata a negoziare il contratto dei metalmeccanici e che si trova di fronte la categoria più agguerrita dei sindacati: la Fiom.
Una insoddisfazione quella degli industriali meccanici che non sembra destinata a rientrare tanto presto, considerando anche le posizioni sostanzialmente agnostiche espresse da Squinzi sull’art. 18 che di fatto lasciano solo il governo a difendere la riforma (peraltro ancora timida ed insufficiente) tendente a limitare l’istituto del reintegro che invece ora è applicato nella quasi totalità dei casi che arrivano alla decisione della Magistratura.