Il Presidente della Confindustria, Carlo Bonomi, è stato più duro con i sindacati per la loro riluttanza all’obbligatorietà del Green Pass in fabbrica o con il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, per la bozza anti-imprese del decreto legge sulle delocalizzazioni? E’ una bella domanda ma certo l’intervento di Bonomi al Meeting dell’amicizia di Rimini non ha risparmiato nessuno.
Co i sindacati il presidente della Confindustria è stato decisamente severo per i loro ondeggiamenti sull’obbligatorietà del Green Pass: “Il loro è stato un grave errore: in un momento drammatico per il Paese, che ha già avuto 128 mila morti per Covid, è doveroso vaccinarsi e io sono pronto a sedermi al tavolo con i sindacati” per concordare nuove norme. Ma quello che non si può fare è mandare la palla in tribuna e fare lo scaricabarile chiedendo alla politica di risolvere ogni problema con una legge e nascondendo le contraddizioni che si annidano tra i sindacati sul Green Pass. “C’è una differenza di posizione tra i partiti che difficilmente potrà farci arrivare a una legge a breve” sull’obbligo di Green Pass. Ecco perchè bisogna affrontare i problemi a viso aperto e trovare nuove soluzioni e nuovi accordi tra le parti sociali, non nascondere la testa sotto la sabbia. Non a caso – ha ricordato Bonomi – anche gli ex segretari della Cisl, Pezzotta, e della Uil, Benvenuti hanno tirato le orecchie alle Confederazioni sindacali spingendoli ad accettare l’obbligatorietà del Green Pass, non per dividere i lavoratori ma per metterli in sicurezza.
Ma molto critico il capo degli industriali è stato anche con il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che ogni giorno di più si sta rivelando il tallone d’Achille del Governo Draghi: “Il suo decreto sulle delocalizzazioni è punitivo per le imprese. Orlando e il sottosegretario al Mise Todde pensano di colpire le imprese sull’onda emotiva di alcuni casi che hanno tutt’altra origine. Accusano di mancata correttezza ma se parliamo di correttezza lo Stato cominci a pagare i 58 miliardi che deve alle imprese private e provveda a chiudere le 1.200 imprese a partecipazione pubblica che costano 2,6 miliardi all’anno. Invochiamo il reshoring e poi facciamo provvedimenti punitivi” sulle delocalizzazioni. “Dopo aver letto il provvedimento di Orlando – ha detto ironicamente il presidente della Confindustria – mi ha telefonato il mio collega spagnolo, ringraziandomi: le imprese andranno a investire in Spagna”. Bel risultato per Orlando.