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Confindustria, a che cosa serve e a chi serve realmente? Retroscena della corsa alla Presidenza. Il caso Orsini

Confindustria

A cosa serve Confindustria? A chi serve Confindustria? Basta cambiare pronome per mutare radicalmente il senso della domanda.

Il primo pronome (cosa) condensa le finalità positive del sistema confindustriale per l’intera Italia. E in estrema sintesi alla domanda si può rispondere: Confindustria serve a creare le condizioni migliori per favorire la crescita dell’economia italiana che fa leva sul manifatturiero. Perché il manifatturiero? Perché il Bel Paese è povero di materie prime e deve importarle, e può farlo solo in cambio dell’esportazione di propri prodotti commerciabili internazionalmente, che sono in larghissima prevalenza manufatti. Vale la pena di ricordare Carlo Cipolla, che ammoniva gli italiani che per prosperare dobbiamo esportare e per esportare «dobbiamo sempre inventare cose nuove che piacciono». Tanto che si potrebbe ben forgiare il seguente sillogismo: no industria-no export; no export-no PIL; ergo, no industria-no PIL.

Il secondo pronome (chi) rimanda, invece, alle singole persone che possono trarre da Confindustria benefici molto maggiori di quanto le loro competenze e capacità lavorative di imprenditori potrebbero mai guadagnare loro.

Dunque, tra il «cosa» e il «chi» c’è l’abisso che separa l’interesse generale, che fa di Confindustria un’istituzione e quasi un bene pubblico, da quello particolare di chi di volta in volta la sfrutta.

La corsa alla presidenza di Confindustria: chi sarà il leader dell’industria italiana?

Allora, chiunque abbia a cuore i destini dell’economia e della società italiane non può non seguire con attenzione e coinvolgimento le vicende che porteranno prima all’individuazione dei candidati e poi all’elezione del nuovo presidente di Confindustria. Facendo il tifo perché sia una personalità degna di ricoprire tale elevato ruolo. Soprattutto dopo due presidenze alquanto opache e scarsamente rappresentative della parte dell’industria manifatturiera italiana più dinamica, innovativa e capace di stare e confrontarsi sui mercati esteri.

Anzi, a dirla tutta, troppo spesso le persone che si sono succedute negli ultimi otto anni al settimo piano di Viale dell’Astronomia hanno molto badato a riservarsi, per il durante o per il dopo del loro mandato, prebende e favori, anche andando direttamente contro l’efficace ed efficiente funzionamento della struttura confindustriale stessa.

Perciò occorre porsi la domanda se i candidati che sono riportati dalla stampa come probabili componenti della rosa finale rispondano all’identikit ideale di chi dovrebbe salire al soglio, oppure no.

Per la valutazione si possono usare almeno tre criteri: le dimensioni aziendali delle imprese da loro guidate, i comportamenti tenuti in passate esperienze confindustriali, e la longevità della loro frequentazione ai vertici confindustriali. Il primo criterio serve a capire se hanno quelle spalle larghe e quella vista lunga che nascono dalla loro esperienza imprenditoriale. Il secondo per mettere alla prova la loro probità. E il terzo per comprendere se siano più o meno “professionisti” della vita associativa o abbiano uno sguardo sufficientemente distaccato da poter realmente intervenire per rilanciare la più importante (finora?) associazione imprenditoriale europea (non solo italiana).

Orsini: candidato a Confindustria sotto il peso di opache gestioni finanziarie

Quattro sono i candidati di cui si legge più spesso il nome sui quotidiani. Di essi uno non passa il vaglio di nessuno dei tre criteri: il Signor Emanuele Orsini. Infatti, riguardo al primo criterio non si può fare a meno di notare che il Signor Orsini è a capo di una realtà economica davvero piccola, che lui cerca di accreditare come media aggregando aziende in cui ha partecipazioni assai ridotte e perfino quella della (ex)moglie (un prosciuttificio). Per quel che concerne il terzo criterio il suo passato confindustriale lo qualifica di diritto tra i professionisti della vita associativa. Ma è soprattutto il secondo criterio che preoccupa enormemente.

Tra le passate cariche associative ricoperte, il Signor Orsini è stato presidente di Federlegnoarredo (FLA). La quale raccoglie tutte le aziende che in un modo o nell’altro lavorano il legno e/producono beni di arredamento. Ossia una delle tre «F» (Food, Fashion e, appunto, Furniture) che sono considerate; la quintessenza del made in Italy; campioni del bello e ben fatto che Cipolla avrebbe portato in palmo di mano.

Ai non addetti ai lavori si può ricordare che in pancia a FLA c’è la società FLA Eventi spa (FLAE), che organizza il Salone del mobile di Milano, oltre alle fiere tecniche del settore. Il fatturato di FLAE nel 2022 ha sfiorato i 45 milioni. E il Signor Orsini ricopriva anche la carica di presidente del cda di FLAE, come naturale ricaduta della sua carica associativa.

Dicono che per tale posizione al vertice di FLAE si fosse attribuito una remunerazione annua di 400mila euro, oltre a una serie di perks (come l’appartamento a Milano), ma sono quasi certamente maldicenze. Quel che è certo, invece, è che il Signor Orsini stipulò nel 2019 un contratto di leasing, con costi a carico di FLAE, per una Porsche Panamera, versione 4E-Hybrid Sport Turismo. Pur disponendo di un servizio completo NCC con autovetture di gamma alta. 

Dalle carte in possesso di FIRSTonline risulta anche che il Signor Orsini abbia riconosciuto la non inappuntabilità di tale comportamento e che a fine giugno 2020, ossia quasi un mese dopo essere diventato vicepresidente in Viale dell’Astronomia, abbia saldato a FLAE quasi 20mila euro di contropartita per la cessione a se stesso del contratto di leasing. Restano però da pagare a FLAE poco meno di 27mila euro per il pregresso indebito beneficio. Inoltre, nel biennio precedente il Signor Orsini ha fatto pagare a FLAE i costi per l’uso personale di un’altra auto prestigiosa e costosa, una BMW 740L XDrive tg.

Tutto questo all’insaputa e senza alcuna deliberazione degli organi collegiali.

Orsini tra finestre e scandali: un’ombra sul cammino di Confindustria

Il Signor Orsini è originario dell’Emilia-Romagna, tanto che ha già raccolto l’endorsement alla sua candidatura di gran parte delle territoriali di quella regione. Ed è nota la passione emiliana per i motori. Ma pare che il suo uso di addebitare costi personali al sistema associativo confindustriale non si sia limitato alle belle autovetture. Da un altro documento in possesso di FIRSTonline risulta che il Signor Orsini abbia “compensato” un debito personale per l’acquisto e il montaggio di serramenti, pari a oltre 13mila euro, con un credito di una controllata di FLAE verso la stessa impresa che aveva eseguito i lavori nella casa di montagna del Signor Orsini. Particolare interessante: la controllata di FLAE è stata poi acquisita al 60% da Fiera Milano spa, di cui è presidente l’attuale Presidente di Confindustria, che poi ha chiamato il Signor Orsini alla carica di vicepresidente, che aveva negoziato la cessione di quel 60%.

Non sembra in nessun modo opportuno che a una carica così importante del sistema associativo imprenditoriale italiano possa essere eletta una persona che si è comportata in modo davvero poco trasparente e, per giunta, per importi pecuniari tutto sommato risibili (non evidentemente per le tasche di un operaia/o). A quale tipo di compromesso, per vantaggi personali, sarebbe pronta una volta insediata al vertice confindustriale?

Tornano allora le domande iniziali. Che possono essere riformulate nel modo seguente: servire Confindustria o servirsi di Confindustria? Prima che sia troppo tardi, sarebbe opportuno che chi sostiene oggi la candidatura del Signor Orsini ritirasse il suo appoggio. Ne va anche della sua faccia.

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Categories: Economia e Imprese