“Sono misure assistenziali che non risolvono la questione del mercato”. E’ secco il giudizio di Carlo Sforza Fogliani, presidente di Confedilizia, l’associazione dei proprietari di immobili, sul Piano casa appena presentato dall’esecutivo di Matteo Renzi.
Il progetto dell’esecutivo, elaborato dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi, ha tre obiettivi: sostegno all’affitto a canone concordato, ampliamento dell’offerta di alloggi popolari, e sviluppo dell’edilizia residenziale sociale. Costo dell’operazione: 1 miliardo e 741 milioni di euro.
Fogliani, con una cifra del genere si può ripartire?
Quei soldi sono abbastanza per fare quel che il Governo ha deciso di fare. Ma è denaro che serve in parte a combattere l’emergenza abitativa, non a prevenirla. Non è lo shock di cui il mercato immobiliare ha bisogno.
Cosa non la convince?
Il problema è che il piano contiene interventi insufficienti per rianimare il mercato, in sofferenza per l’eccessiva tassazione che ha avuto il suo apice con il governo di Mario Monti e non ha cambiato rotta durante l’esecutivo di Enrico Letta. Provvedimenti come il sostegno agli alloggi popolari non risolvono l’emergenza abitativa.
Perché?
Perché i nuovi immobili pubblici o parapubblici che costruiranno saranno pronti tra 6, 7 o anche 10 anni, mentre la gente ha bisogno di affittare a prezzi accessibili già da subito.
Cosa bisognerebbe fare?
L’emergenza abitativa deriva dall’eccessiva tassazione, superiore al reddito che i beni producono. Non c’è incentivo ad acquistare, affittare o costruire. Una misura che sarebbe stata utile c’era, ma è sparita. Parlo della riduzione della Tasi al 4 per mille per i proprietari di seconde e terze case che affittano a canone concordato. Ma Lupi su questo non ha avuto il via libera della Ragioneria dello Stato [che aveva calcolato in 95 milioni l’anno per il quadriennio 2014-2017 il costo dell’operazione ndr].
C’è qualcosa che la convince?
Il Piano casa contiene anche dei segnali importanti. Mi riferisco alla lotta alle occupazioni abusive, con gli occupanti che non potranno più ottenere o richiedere la residenza e l’allacciamento alle utenze. Ma anche alla cedolare secca, con l’aliquota ridotta ulteriormente dal 15% al 10% per chi affitta a canone concordato.
E la possibilità per gli inquilini di riscattare la casa dopo almeno 7 anni?
Per questo dobbiamo attendere. La questione sarà più chiara solo più avanti, visto che varrà solo per i nuovi contratti e non per quelli in corso. Ma credo sia un provvedimento molto limitato, dubito si faranno nuovi contratti con il patto di riscatto fin qui descritto a queste condizioni. Si tratta di misure che non hanno un grande impatto, come quella sulla spesa per l’acquisto di mobili a seguito di ristrutturazione, su cui sono previste detrazioni Irpef, che potrà essere superiore a quella per la ristrutturazione stessa. Sì, è qualcosa di buono, ma non è una novità. Ci sono miglioramenti, ma non ha avuto un grande effetto finora.