Un condòmino non ha la facoltà di dare ordini alla portiera del proprio palazzo, neppure se ritiene che non lavori adeguatamente. A stabilirlo non è la decisione di un’assemblea di condominio dopo un litigio tra vicini di casa, ma la legge dello Stato.
Non si può ordinare alla portinaia di pulire le scale, minacciare l’invio di eventuali lettere di richiamo o rimproverare il lavoratore per qualche mancanza nello svolgimento delle sue funzioni.
L’unica figura che può impartire disposizioni al portiere, all’addetto alle pulizie o a quello della manutenzione è l’amministratore pro tempore del condominio che potrebbe configurarsi a tutti gli effetti come un vero e proprio capo, un datore di lavoro che gestisce un’azienda (il condominio, appunto) e dà direttive ai singoli dipendenti. Questo ciò che dice l’articolo 2 comma 1 lett. B) del Dlgs 81/2008.
Ed è sempre l’amministratore ad avere il compito di richiamare il lavoratore inadempiente qualora ve ne sia la necessità.
Il condòmino può però esprimere il proprio parere in assemblea, segnalando all’amministratore un’inadempienza o un bisogno. Sarà dovere di quest’ultimo verificare la fattibilità della richiesta e comunicarla al portiere. Si ricorda inoltre che, in base a quanto stabilito dal decreto legislativo n.81 del 15 giugno 2015 il datore di lavoro ha il potere di variazione di mansione, purché riconducibile allo stesso livello di inquadramento del lavoratore.