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Concordato per Premafin e tutti i soldi in Fonsai: è il contropiano Palladio-Sator

CONCORDATO PER PREMAFIN, TUTTI I SOLDI IN FONSAI

PALLADIO- SATOR: COSì 420 MILIONI DI UTILI NEL 2015

Fusione tra Fonsai e Milano Assicurazioni “per semplificare il business”. Cessione della compagnia serba Ddo, della Ligure Sasa e di Banca Sai oltre ad altre partecipazioni immobiliari. Ma ,soprattutto, “non c’è nessuna possibilità” di procedere alla fusione tra Premafin, da ricapitalizzare solo per sostenere l’aumento di Fonsai, e la compagnia. Ecco la chiave di volta della controproposta Palladio- Sator per il salvataggio Fonsai: la compagnia, rafforzata nel capitale e snellita da alcune cessioni, potrà puntare ad un utile netto di 420 milioni nel 2015 con un margine di solvibilità prossimo ai 140 punti percentuali. Meglio di quanto avverrà con il piano Unipol. La ragione? “Noi non intendiamo consumare solvency ratio con la fusione con Premafin”, risponde Matteo Arpe alle domande degli analisti nella conference call convocata da lui e da Roberto Meneguzzo di Palladio. «La nostra proposta – insiste Arpe – punta a liberare Fonsai da una cattiva governance e da un’operazione peggiore. Crea un competitore indipendente, finanziariamente forte nel mercato italiano dei danni”.

La logica dei numeri, dopo l’assemblea che ha dato all’84% via libera alla proposta del cda di Fonsai, sembra escludere qualsiasi possibilità di vittoria per la coppia Arpe- Meneguzzo. Ma i due non la pensano così. Anzi, sottolinea Arpe, “«non abbiamo considerato fino ad ora alcuna via d’uscita. Non abbiamo deciso alcun ‘piano B’ o alcun piano di uscita”. Del resto, secondo il banchiere, l’esclusiva tra Premafin e Unipol è destinata a decadere alla prima modifica del piano originario. “E’ solo una questione di tempo, speriamo nel breve tempo”. E dopo la “svolta”, da giocarsi su un terreno esclusivamente giuridico, il mercato potrà confrontare le due proposte. Quella di Unipol, che prevede la fusione a quattro, compresa Premafin “sembra complicata ed effettivamente è complicata” ironizza il numero uno di Sator). L’alternativa consiste nel non far pesare sugli azionisti Fonsai i debiti accumulati con le banche da Premafin, problema da affrontare a parte, senza danni per i soci della compagnia, sostiene la coppia Arpe-Meneguzzo.

Per la holding la ristrutturazione dovrebbe avvenire sotto la protezione dell’articolo 67 della legge fallimentare per «riportare una struttura finanziaria più bilanciata». In particolar, il piano Premafin prevede la restituzione in contanti di 100 milioni, la ristrutturazione di 150 milioni di debito senior e di 150 milioni attraverso la sottoscrizione di un veicolo di investimento. Per quanto riguarda invece Fonsai il debito subordinato “sarà ristrutturato per dividere equamente la responsabilità del rilancio di Fonsai fra tutti gli stakeholders” secondo lo schema che Arpe ha già utilizzato per Banca Profilo. La compagnia, assicura Arpe tornerà a distribuire una cedola dal 2014. “ E ci aspettiamo una politica dei dividendi attorno al 60% dell’utile operativo».

Insomma, “Fondiaria Sai non è una ‘bad company, ma una società in una cattiva situazione e il piano Sator-Palladio la risolverà» si legge nelle slide di presentazione del piano non a caso intitolato “Mettere Fonsai al primo posto. Un modo semplice di creare valore”. Fondiaria Sai, incalza Meneguzzo, “è una buona società, con un buon potenziale in attesa di venir liberato». Per questo ci vuole una «governance semplice, effettiva e con un sistema indipendente” che valorizzi “un medium management di livello assoluto” quale quello di cui dispone la compagnia. Anche nel piano Sator-Palladio è prevista, infine, la fusione tra Fondiaria-Sai e la controllata Milano Assicurazioni “per semplificare la struttura del business”. E le cessioni? Qualcosa si deve vendere, senza fretta e senza deprimere i prezzi. In particolare: la compagnia serba Ddor, la Liguria Sasa, concentrata nel Nord Ovest, e Banca Sai. Più la catena alberghiera Ata Hotels e altre attività nell’immobiliare, nel comparto agricolo e sanitario, frutto delle scelte di una governance da far dimenticare al più presto.

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