Con una decisione a sorpresa – praticamente all’indomani dell’intesa (non si sa ancora quanto solida) sul cessate-il-fuoco nell’Est dell’Ucraina raggiunta a Minsk fra Angela Merkel, François Hollande e Vladimir Putin, e forse alla vigilia di un possibile intervento europeo in Libia per bloccare l’avanzata militare dell’Isis – il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha nominato il francese Michel Barnier, già due volte commissario Ue (prima con Prodi e poi fino a ottobre scorso con Barroso II), consigliere speciale per la politica europea di sicurezza e di difesa. Dimezzando così di fatto le competenze di Federica Mogherini, appena tre mesi e mezzo dopo la sua nomina nel duplice ruolo di alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri e, appunto, la Politica di sicurezza nonché di vicepresidente della Commissione.
Juncker, nell’annunciare la nomina, ha dichiarato che Barnier, “grazie alla vasta esperienza maturata nel settore della sicurezza e della difesa, è la persona giusta per consigliare sia me sia l’alto rappresentante/vicepresidente Federica Mogherini su queste materie così importanti per il futuro dell’Europa”. Il presidente della Commissione poi ha illustrato brevemente la motivazione all’origine della nuova nomina, senza indicare però quale dovrà essere la suddivisione dei compiti in tema di sicurezza e di difesa fra la Mogherini e Barnier. “All’entrata in carica dell’attuale Commissione – ha aggiunto – abbiamo dichiarato che l’Europa avrebbe dovuto essere resa più forte in termini di sicurezza e di difesa. Certo, l’Europa ha principalmente un potere di persuasione, ma a lungo andare anche il potere di persuasione più forte ha bisogno di un minimo di capacità di difesa integrate”. Lasciando intendere così che, presumibilmente con riferimento più specifico alla crisi politico-militare esplosa in Libia, non si può escludere una qualche forma di intervento armato europeo in quel teatro di guerra.
Se così è, la scelta di coinvolgere Michel Barnier, dirigente europeo di lungo corso, si potrebbe interpretare come un tentativo di rafforzare il peso politico dell’Unione europea in tema di difesa nel contesto di uno scenario di quasi-guerra. Ma, se questa interpretazione fosse corretta, allora l’arrivo dell’ex-commissario francese assumerebbe il significato di una dichiarazione di (mezza) sfiducia da parte di Jean-Claude Juncker nei confronti di Federica Mogherini. Ipotesi che, se confermata, rischierebbe di aprire un contenzioso politico-diplomatico fra la presidenza dell’Esecutivo europeo e il governo italiano (che ha candidato, e insistito, proprio per quell’incarico il ministro degli Esteri allora in carica). Contenzioso che – in un momento in cui l’Isis minaccia esplicitamente il nostro Paese e anche l’attuale responsabile della Farnesina, Paolo Gentiloni – sarebbe del tutto inopportuno.
Sta di fatto, comunque, che l’iniziativa di Juncker – quali che fossero le sue intenzioni e i suoi obiettivi – ha indebolito oggettivamente il peso politico di Federica Mogherini (e, di riflesso, del suo sponsor Matteo Renzi) sulla scena europea in una fase di gravi tensioni politiche e anche militari ai suoi confini. Né si può trascurare il fatto che a trattare con Putin a Mosca e poi a siglare a Minsk l’accordo con lo zar del Cremlino per il cessate-il-fuoco nell’Est dell’Ucraina siano stati Angela Merkel e François Hollande (ossia la Germania e la Francia al massimo livello). Mentre per l’Unione europea non c’era nessuno: né Jean-Claude Juncker né Federica Mogherini; assenze che la dicono lunga sull’ormai cronica debolezza politica di un’Europa sempre più divisa al suo interno e conseguentemente poco credibile sullo scenario globale.
Quanto alla Mogherini – che sia stata o meno preventivamente informata dell’arrivo del consigliere speciale – sinora si è limitata a fare buon viso a cattivo gioco. “Mi complimento per la nomina di Michel Barnier nel ruolo di consigliere speciale del presidente Juncker per la difesa e la sicurezza. E sono certa – ha dichiarato subito dopo l’annuncio dell’arrivo dell’ex-commissario europeo – che la sua esperienza apporterà valore aggiunto al lavoro del presidente in questo campo, e sarò felice di assicurare piena collaborazione da parte dei miei servizi”.
A parte questa sua dichiarazione, la Mogherini ha continuato a seguire i dossier che la tengono impegnata da quando ha assunto l’incarico di alto rappresentante per gli Affari esteri, la Difesa e la Sicurezza. Ieri ha rilasciato una dura dichiarazione indirizzata alla Russia e ai ribelli che Mosca sostiene nell’Est dell’Ucraina, denunciando “una chiara violazione del cessate-il-fuoco a Debaltseve” e intimando alla Russia e ai separatisti ucraini “l’immediato e pieno rispetto degli impegni assunti a Minsk, nonché della risoluzione approvata martedì dal Consiglio di sicurezza dell’Onu”. E ha confermato il suo impegno di recarsi lunedì in Bosnia-Erzegovina per contatti con i governanti di quel Paese in vista di un ulteriore avvicinamento all’Unione europea (puntura di spillo per Putin?).
Quanto poi all’esperienza specifica di Barnier in tema di difesa e di sicurezza (sulla quale alcuni commentatori hanno manifestato qualche perplessità) una nota della presidenza della Commissione sottolinea che l’ex-commissario ha fatto parte del praesidium della Convenzione che redasse un progetto di Costituzione europea bocciato poi dai referendum in Francia e in Olanda, presiedendo nel 2001 il gruppo di lavoro sulla difesa. Che, in qualità di consigliere speciale di José Manuel Barroso durante il primo dei due mandati di presidente dell’Esecutivo europeo, nel 2006 ha presentato al Consiglio europeo la proposta di creare una forza europea di protezione civile. E che, da titolare del portafoglio Mercato interno e Servizi nella seconda Commissione Barroso, ha guidato (con altri) la task force sulla difesa e ha esercitato la supervisione comunicazione della stessa Commissione sui mercati europei della difesa.
Sempre dalla nota della presidenza della Commissione si apprende infine un particolare che potrebbe aiutare a comprendere il senso della nomina di Barnier. Il quale “esordirà nella sua nuova funzione assistendo il presidente della Commissione nella preparazione del contributo ai lavori del Consiglio europeo dedicati alla politica Ue della difesa”. Chiarimento che però non chiarisce del tutto il motivo del ricorso a un consulente esterno – di alto livello, certo – né quali saranno i suoi compiti al termine di questo esordio.
Né, infine, si possono ignorare del tutto altri dati di fatto che potrebbero quanto meno aver contribuito a orientare la decisione di Juncker. Il primo è che Barnier è un esponente di rilievo del Partito popolare europeo come il presidente della Commissione, nella cui ottica l francese potrebbe bilanciare politicamente un alto rappresentante di matrice socialista. Il secondo è che Barnier è popolare, sì, ma è francese; e la Francia vanta una presenza non secondaria nei mercati della difesa, oltre a cospicui interessi economici e politici in Africa. Per cui sarebbe fantapolitica ipotizzare che Parigi possa avere in qualche misura sponsorizzato l’ex-commissario europeo? Il quale oltre tutto, come tiene a precisare lo staff di Juncker, lavorerà per la Commissione a tempo (quanto, non si sa) e a costo zero; mantenendo però per tre anni, come tutti gli ex-commissari, il lauto assegno di “reinserimento”.