Il Vietnam è una delle economie asiatiche in più rapida crescita, regolarmente segnalata da Atradius come una delle destinazioni di esportazione più promettenti. Il 30 giugno scorso l’UE e il Paese asiatico hanno firmato l’accordo di libero scambio già negoziato nel dicembre 2016 (EVFTA): esso rappresenta il primo accordo commerciale di questo tipo con un mercato asiatico in via di sviluppo. Una volta ratificato dagli organi legislativi di entrambi i partner, l’accordo eliminerà il 99% di tutte le tariffe doganali per le parti, ridurrà ostacoli normativi e burocrazia e aumenterà l’uso delle norme internazionali da parte del Vietnam.
Tuttavia, si tratta ancora di un accordo non concluso, dal momento che alcuni legislatori europei sono preoccupati per la situazione dei diritti umani nel Paese asiatico. Con l’eliminazione del 99% dei dazi doganali, diversi settori europei beneficeranno di un migliore accesso al mercato, mentre le imprese avranno un migliore accesso agli appalti pubblici, compresi i progetti infrastrutturali. I fornitori di servizi avranno inoltre un accesso notevolmente migliore ai servizi postali, ambientali, finanziari e marittimi. Allo stesso tempo, 169 prodotti alimentari e bevande tradizionali europei saranno protetti contro le imitazioni sul mercato vietnamita.
Con la quasi totale eliminazione dei dazi doganali, le esportazioni vietnamite saranno più competitive nell’UE. Gli esportatori attivi nei settori alimentare, tessile e calzaturiero, arredamento ed elettronica/ICT ne trarranno i maggiori benefici. Anche gli esportatori di prodotti tradizionali vietnamiti come il tè e il caffè locali saranno protetti nell’UE. Inoltre, l’ammodernamento del quadro giuridico vietnamita e il miglioramento della sicurezza alimentare e degli standard di qualità aumenteranno il benessere e gli investimenti.
Tuttavia, ci sono anche sfide da affrontare, soprattutto per imprese e settori che devono far fronte a una maggiore concorrenza nelle importazioni. In Europa, le preoccupazioni sono maggiori nel settore agricolo, dal momento che importazioni meno costose dall’estero potrebbero escludere i prodotti nazionali. In Vietnam, le preoccupazioni riguardano principalmente i settori manifatturieri, che dovranno far fronte alla crescente concorrenza delle importazioni UE di alta qualità. In questo scenario, gli analisti si aspettano una riduzione delle tariffe locali su un orizzonte temporale più lungo per facilitare la transizione delle imprese.
Qualche mese prima, il 1° febbraio scorso, è entrato in vigore l’Economic Partnership Agreement (EPA), il più grande accordo commerciale bilaterale mai concluso dall’UE in termini di dimensioni di mercato. L’accordo prevede l’eliminazione della maggior parte dei dazi sulle merci scambiate fra UE e Giappone. Oltre il 90% delle barriere tariffarie sui beni europei esportati è stato abolito o ridotto già dall’entrata in vigore dell’intesa, e, una volta che essa sarà pienamente attuata, si arriverà alla soglia del 97%. Sono infatti previsti periodi di transizione per alcuni settori “sensibili”: si veda a questo proposito il comparto automobilistico (7 anni). È inoltre garantita la protezione di 205 prodotti agricoli europei di alta qualità, le cosiddette indicazioni geografiche, tra le quali figurano 45 prodotti italiani (dai vini, ai formaggi e salumi).
Secondo le previsioni degli analisti, le imprese dell’UE risparmieranno fino a un miliardo di euro l’anno in termini di minori dazi doganali, di cui 134 milioni su vino e 174 su prodotti di pelletteria e calzature, beneficiando allo stesso tempo dell’eliminazione delle barriere non tariffarie, grazie ad esempio al reciproco riconoscimento degli standard. L’accordo, infine, faciliterà le esportazioni di servizi, per un ammontare di 35 mld (UE) 1,6 mld (Italia). Attenzione particolare è rivolta alle PMI, gli attori principalmente colpiti dagli ostacoli al commercio, alle quali è dedicato un intero capitolo dell’accordo: non a caso, in entrambi i mercati le PMI rappresentano il 99% del tessuto imprenditoriale, contribuiscono a circa due terzi dei posti di lavoro nel settore privato e a oltre la metà della produzione.
Inoltre, l’83% delle imprese dell’UE che esportano in Giappone sono PMI. Ecco allora che l’EPA apre quindi nuove opportunità alle 15mila imprese italiane che fanno affari nel Sol Levante e che nel 2018 hanno esportato oltre 6 mld di merci verso Tokyo, di cui tessile e abbigliamento per un quinto. Inoltre, diversi settori in cui l’Italia è molto competitiva, come prodotti enogastronomici, tessile e abbigliamento, nonché prodotti chimici (tra cui i cosmetici) e plastica, vedranno la completa abolizione delle barriere tariffarie. In uno scenario che vede il Made in Italy crescere a ritmi significativi nei primi mesi del 2019: +15,1% nel periodo gennaio-maggio rispetto allo stesso arco temporale del 2018, con ottime performance proprio nei comparti di pelletteria ed enogastronomico, per non dimenticare mezzi di trasporto, arredamenti, metalli e apparecchi elettrici.
Per riassumere, gli obiettivi di entrambi gli accordi commerciali sono i medesimi:
- facilitare gli scambi tra le parti migliorando l’accesso ai mercati;
- creare posti di lavoro e rafforzare i diritti dei lavoratori;
- proteggere l’ambiente e incoraggiare la sostenibilità;
- proteggere i prodotti alimentare di qualità dalle imitazioni.
Essi costituiscono un forte esempio a livello mondiale contro l’attuale tendenza protezionistica e imprevedibile delle politiche commerciali e dovrebbero offrire maggiori opportunità commerciali. Cinque elementi chiave caratterizzano entrambi gli accordi:
- eliminazione dei dazi all’importazione;
- procedure di conformità e standardizzazione dei prodotti più semplici;
- sostegno alle piccole e medie imprese;
- protezione dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente;
- sostegno agli agricoltori e protezione delle specialità regionali.
Sebbene possano esservi alcuni aggiustamenti potenzialmente delicati, le prospettive a lungo termine di questi trattati commerciali offrono grandi opportunità al Made in Italy: una maggiore concorrenza costringerà i governi ad attuare riforme normative e fiscali e, allo stesso tempo, le imprese dovranno aumentare la qualità e la produttività laddove verranno stimolati investimenti, competitività internazionale e innovazione.