I governanti di tutto il mondo fanno fatica a capire i mercati e spesso mandano segnali confusi e contraddittori con l’unico effetto di aumentare ancora di più l’isteria degli operatori finanziari che fuggono spaventati da qualsiasi investimento possa apparire anche solo ipoteticamente rischioso. Si sta creando un corto circuito che spinge sempre di più la finanza verso il baratro del default e l’economia reale verso la stagnazione o addirittura la recessione.
Certo la situazione è difficile ma se non ci si fa prendere dal panico, se i capi di governo adotteranno comportamenti razionali, se non si arroccheranno sulla difesa di astratti principi teorici o ancor peggio sulla salvaguardia del proprio personale prestigio, la crisi può essere rapidamente riportata sotto controllo e si può avviare una nuova fase di risanamento e di sviluppo. Ci vorrà comunque tempo per completare il risanamento ma almeno si potrà avere una idea chiara sulla direzione di marcia e sulla meta da raggiungere. Altrimenti rischiamo, come già avvenne dopo il crolllo di Wall Street del ’29, che le politiche sbagliate dei governi e delle Banche Centrali trascinino il mondo verso una lunga e drammatica recessione. In primo luogo bisogna fare chiarezza su quello che vogliono i mercati. Sicuramente nessuno chiede ai paesi con debito più elevato di tagliarlo in maniera immediata e drastica taglio. Ma i grandi investitori vorrebbero vedere importanti provvedimenti capaci di rimettere in moto la crescita basata non su un aumento della spesa pubblica ma sulla riorganizzazione dello Stato in modo da dare fiducia alle forze imprenditoriali per indurle ad investire ed a crescere. In altre parole occorre tenere sotto controllo la spesa pubblica puntando al pareggio di bilancio, ma riorganizzarla al proprio interno in modo da eliminare gli sprechi e le inefficienze e magari tassare un pò di più gli evasori ed i ricchi ed un pò meno i salariati e le imprese.
Questo, per l’Italia significa che è del tutto inutile (e sarebbe anche dannoso) dibattere su misure tipo imposta patrimoniale straordinaria di 300 o 400 miliardi di Euro o anche che, come è stato fatto finora, puntare tutte le carte su un aumento della tassazione per azzerare il deficit, perchè senza qualche convincente provvedimento sul rilancio dello sviluppo, queste misure non bastano a cambiare l’opinione degli investitori ed a far tornare la fiducia.
Ma prima di parlare del caso italiano, che comunque in questo momento è l’epicentro della crisi dell’Euro, occorre vedere che cosa le autorità internazionali dovrebbero fare per facilitare una distensione sui mercati. Purtroppo in questi ultimi tempi si susseguono a ritmi ravvicinati vertici su vertici con le più varie composizioni di ministri e banchieri centrali, che però si chiudono il più delle volte con un nulla di fatto gettando ancor più nell’incertezza gli operatori. I mercati hanno mostrato di gradire più collaborazione tra le autorità di vari Stati e più coordinamento operativo. L’annuncio della scorsa settimana delle Banche centrali di tutto il mondo di essere disposte a fornire liquidità in dollari alle banche, così come quello del G20 di ieri sera di fornire tutta la liquidità necessaria al sistema finanziario, sono state accolte positivamente.
Quindi oggi la priorità è quella di rassicurare il sistema finanziario e quindi i risparmiatori, che nessuna banca salterà per mancanza di liquidità, che come ha detto due giorni fa l’ad di Mediobanca Nagel, è l’unico vero motivo per il quale le banche possono andare in crisi. In questa direzione sarebbero necessari ulteriori passi da parte della Bce che continua a tenere inutilmente alti i tassi di interesse quando in tutto il mondo sono pressochè a zero. Soprattutto la banca centrale europea dovrebbe ripristinare le operazioni di finanziamento del sistema bancario a medio termine a tassi fissi in modo da sollevare il sistema dall’ansia di doversi rifinanziare sul mercato a scadenza settimanale, senza sapere se sarà possibile trovare il denaro necessario ed a che prezzo. Poi bisogna implementare il fondo di salvataggio europeo sia come operatività che come dotazione finanziaria.
Infine, la Grecia. Più volte è stato annunciato un impegno sia europeo che del FMI a dare una mano. Certo i greci hanno finora fatto solo una piccola parte di quello che avevano promesso ed è giusto che i creditori gli stiano con il fiato sul collo. Ma in ogni caso bisognerebbe chiarire che il debito greco, anche se dovesse subire una qualche decurtazione, non metterebbe a rischio nessuna banca europea. Si tratta infatti di perdite assorbibili in un certo numero di anni senza gravi scosse. E quindi sarebbe bene che politici e banchieri la smettessero di lanciare allarmi esagerati sulla solidità delle banche europee.
Infine c’è il malato Italia. Noi soffriamo di un particolare deficit di credibilità, come giustamente dice anche il prof. Quadro Curzio in una intervista su Firstonline. Tuttavia le manovre faticosamente varate in luglio ed agosto mettono i conti pubblici su un sentiero che tende verso il pareggio nel 2013. Se l’obiettivo finale è ancora incerto questo dipende da come andrà il Pil e quindi per renderlo più solido e credibile occorre fare una vera manovra di sostegno allo sviluppo basata però su tutte quelle riforme che, come si dice, sono a costo zero: liberalizzazioni, privatizzazioni, semplificazioni legislative oppure tagli agli sprechi e modifica aelle pensioni che possono dare un gettito da utilizzare per favorire i giovani e le categorie di lavoratori più disagiate. Tecnicamente si tratta di cose già note e studiate da tempo. Ma non saranno facili da fare perchè vanno a toccare il potere di grandi corporazioni di interessi, prima fra tutte quello della casta politica che esercita il suo potere soprattutto tramite le società pubbliche sia nazionali che locali. Rimane il problema della reputazione del Governo ed in particolare del presidente del Consiglio e del nostro ministro dell’Economia. Oggi la credibilità di questi signori è così bassa che anche quando riescono a fare cose buone queste non bucano la cortina delle barzellette sull’Italia che dominano i giornali e le TV di tutto il mondo.
Insomma siano in una spirale negativa tanto che anche la comunicazione contribuisce a”massimizzare il danno” facendoci sembrare peggiori di quanto in realtà non siamo, grazie ad un apparato produttivo di tutto rispetto ed alla voglia di fare di tanti imprenditori. Per recuperare bisogna davvero avere un colpo d’ala e soprattutto mostrare maggiore capacità di gestione e maggiore serietà.