Terzo Paese dell’America Latina per dimensioni demografiche (51 milioni di abitanti) e quarto per PIL assoluto dopo Brasile, Messico e Argentina, la Colombia è l’unica tra le maggiori economie della regione a non essere stata coinvolta nelle crisi del debito estero degli anni ‘80. La solidità e la capacità della Colombia di resistere a shock interni ed esterni l’hanno portata a diventare il 37esimo membro dell’OCSE nell’aprile 2020; in precedenza la Colombia aveva fatto registrare un solo anno di recessione dagli anni ‘30 in poi. Il calo del Pil nel 2020 è stato pesante (-6,8%), ma SACE prevede che l’economia andina sarà tra quelle a più rapida ripresa di tutta l’area (+5,2% quest’anno e +3,6% nel 2022): a questo proposito sarà fondamentale proseguire nella diversificazione dell’economia e mantenere politiche fiscali pragmatiche pro crescita.
Forte di un legame politico, militare e strategico con gli USA, la Colombia fa parte dal 2012, con Cile, Messico e Perù, dell’Alleanza del Pacifico. Numerosi sono gli accordi di libero scambio in vigore: tra i più importanti quello con gli Washington (2012), UE (2014) e Mercosur (2017). Inoltre, per aumentare il potenziale di crescita il Paese sta cercando di colmare il gap rispetto ai partner commerciali in ambito infrastrutturale e di diversificare sempre più l’economia, con sforzi rilevanti in transizione energetica, turismo ed economie creative.
Il disavanzo delle partite correnti si è ridotto nel corso del 2020, grazie al contesto di forte contrazione degli utili legati alle società straniere che operano nel paese; d’altro canto, i disavanzi dei servizi e degli scambi sono rimasti piuttosto stabili, con questi ultimi che hanno segnalato forti cali sia dal lato delle importazioni che delle esportazioni. Nel frattempo, gli IDE hanno registrato un brusco calo e probabilmente non sono stati in grado di coprire completamente il disavanzo delle partite correnti.
Al fine di soddisfare le esigenze di finanziamento esterno, il governo ha emesso obbligazioni sui mercati internazionali e ha stipulato crediti a lungo termine con banche multilaterali estere. Come riportato da Coface, lo scorso luglio il debito estero totale si è attestato al 53,6% del PIL, in aumento rispetto al 42,7% del dicembre precedente. Inoltre, la detenzione di titoli di Stato in valuta locale da non residenti è un altro fattore di rischio (circa 21,5 miliardi di dollari o 7,7% del PIL).
Pertanto, per migliorare i fondamentali macroeconomici, il governo ha assicurato l’espansione della linea di credito flessibile con il FMI a 17,3 miliardi. A settembre 2020, le riserve in valuta estera si sono attestate a 56,9 miliardi di dollari (pari a circa 16 mesi di importazioni). Gli analisti prevedono che, nel corso di quest’anno, il disavanzo delle partite correnti si amplierà, con la ripresa della domanda interna che dovrebbe superare l’aumento dell’export. Per quanto riguarda i conti di bilancio, lo shock negativo del COVID-19 ha portato il Comitato Consultivo per le Regole di Bilancio a sospendere i limiti del disavanzo pubblico nel biennio 2020-21, dando alle autorità ulteriore spazio fiscale per affrontare le conseguenze della crisi.
La presenza italiana in Colombia e i rapporti commerciali sono in crescita nel corso degli ultimi anni, con un grande potenziale: rispetto ad altri Paesi dell’area come Argentina e Brasile che hanno legami culturali molto più forti con l’Italia, la Colombia rappresenta una meta ancora solo parzialmente esplorata. Si tratta di un mercato in cui entrare non è semplice a causa della forte competizione globale ma che può dare buoni ritorni, anche nel medio termine. Secondo gli analisti, la necessità per il Made in Italy di mettere radici più profonde nel Paese è evidente dai dati sull’export: dopo un picco di oltre 700 milioni di euro nel 2014, il Bel Paese è riuscito ad avvicinarsi a tale soglia solo nel 2019 per poi tornare a meno di 500 milioni lo scorso anno, il livello più basso dal 2011 a questa parte, complice la pandemia.