Crescita economica, stabilità politica e un benessere sociale che è ancora da raggiungere. Un mix di ingredienti che fanno della Colombia non solo uno dei Paesi più dinamici del continente sudamericano (è la quarta economia, con un Pil in aumento del 5,8% nel 2011) ma anche un ottimo partner per gli investimenti italiani all’estero. Edilizia, tessile, agroalimentare, nautica e macchinari sono i settori su cui, secondo l’ultimo Country presentation, elaborato da Unioncamere, le nostre imprese dovrebbero puntare.
Le opportunità che offre la Colombia sono infatti immense. Innanzitutto è la quarta economia del sudamerica, con una crescita del Pil che si stima del 4,5% nel 2012, in lieve calo rispetto al 5,8% dello scorso anno ma in linea con il rallentamento globale. Gli omicidi e i rapimenti da parte dei guerrilleros sono diminuiti negli ultimi 10 anni rispettivamente del 50% e del 90%, secondo i dati uffciali, segno che la democrazia si sta solidificando. La disoccupazione segue un trend in calo, anche se si aggira ancora intorno al 10%. L’inflazione si mantiene sotto il 3%, e nell’ultimo semestre del 2011 ha segnato un 2,53%.
Come ha dichiarato oggi il ministro dell’economia Juan Carlos Echeverry, sul Wall Street Journal, la forza della Colombia sta nell’aver aperto i propri mercati alla competizione internazionale, decisione che è stata “difficile quanto partorire”. E’ evidente che l’esempio a cui tende la Colombia è il Cile, paese che ha siglato accordi bilaterali con più di 60 paesi diversi. E la Colombia è sulla buona strada: 11 accordi di libero scambio con 48 stati differenti.
E’ inutile negare l’importanza strategica che gli Stati Uniti stanno giocando nello sviluppo colombiano. Il fratello del nord si è accorto di Bogotà, quando Chavez ha iniziato a fare i capricci. Non a caso i tre settori che trainano l’economia del Paese sudamericano sono il petrolio, il carbone e il caffè, che insieme contribuiscono per il 68,5% delle esportazioni colombiane, e di cui quasi un 40% finisce in mani statunitensi. Ma se gli Usa sono un buon trampolino di lancio, la Colombia punta in grande. Come ricorda Echeverry, aprire l’economia significa due cose: “Lanciare un messaggio ai produttori per dire loro che siamo nel Mondo, non solo in Colombia, e che il futuro significa essere competitivi”, nonostante richiederà molti sforzi.
E l’Italia, potrebbe senza dubbio fare di più. Eni ha un accordo con la compagnia petrolifera di Stato colombiana Ecopetrol, e Impregilo si è aggiudicato nel 2010 una commessa da 250 milioni di euro per il progetto quadriennale della costruzione di una centrale idroelettrica. Alcune imprese del Made in Italy sono già presenti sul territorio: dalle firme più prestigiose dall’alta moda italiana (da Ermenegildo Zegna a Moschino, del gruppo Aeffe) ai marchi mondiali dell’alimentazione da Illy a Barilla, così come Fiat, Piaggio e Ducati. Eppure la presenza diretta di aziende italiane in Colombia, per quanto in aumento, é ancora poco rilevante nel Paese. Ma forse la pecca maggiore è l’assenza di un qualsiasi gruppo bancario italiano nel Paese sudamericano.
Secondo i dati elaborati dall’Istat, la presenza di prodotti italiani sul mercato colombiano ha registrato nei primi 10 mesi del 2011 un incremento del 44,3% rispetto allo stesso periodo del 2010, con un giro d’affari di quasi 500 milioni di euro. L’Italia è il terzo fornitore europeo della Colombia e il quarto acquirente, segno che le relazioni tra i due Paesi poggiano su una solida base per essere migliorate. Con una popolazione di 46 milioni di abitanti di cui oltre la metà sotto I 30 anni, il potenziale della Colombia è enorme. Starà alle nostre aziende, e alle istituzioni che dovranno dimostrarsi in grado di aiutarle, voler volare nel paese andino e a capire che la Colombia potrebbe rivelarsi un partner molto conveniente.