Arnica, biancospino, camomilla, erica, genziana e salvia: sono alcune delle piante officinali più diffuse al mondo. Il loro uso trae origini da tempi antichi, sin dalla compresa dell’uomo sulla terra. Comprendono tutte le specie vegetali (spontanee e coltivate) che possono essere usate come medicinali, cosmetici, profumi, liquori, aromatizzanti, fitoterapici e altro ancora. Una tradizione ancora molto sentita a Collepardo, sede di uno dei pochi Orti Botanici dell’Appennino, di un Ecomuseo e di un corso di erboristeria. In tempi recenti, sono state classificate oltre 1200 specie di erbe in questa terra, appartenenti a circa 150 famiglie diverse, dalle quali, nei secoli, i monaci della vicina Abbazia di Trisulti hanno tratto utili medicamenti. Un viaggio nella natura che porta con sé tutta la storia popolare di un tempo e che conserva ancora quei valori antichi, assolutamente da non perdere.
Collepardo è un tipico paesino medievale di circa 900 abitanti nel basso Lazio, a metà strada tra Frosinone e Fiuggi. Noto per le sue grotte, la Certosa di Trisulti, il Monastero di San Domenico, il Santuario delle Cese e il Ponte dei Santi, ma soprattutto per l’abbondanza di erbe officinali. Dal 2003 è stato insignito della Bandiera Arancione del Touring Club e grazie alla favorevole esposizione naturalistica, questo territorio presenta una eccezionale biodiversità unica al mondo.
Storie e leggende di Collepardo
Il patrimonio naturalistico presente nel territorio è anche protagonista di numerose storie e leggende, a partire dal nome. Secondo l’ipotesi più diffusa, il nome è dovuto probabilmente alla presenza nel territorio di animali selvatici (gatti o linci), a ciò si ispira lo lo stemma comunale raffigurante un felino mentre beve l’acqua di un torrente. Ma esistono anche altre teorie: una di queste riconduce il nome al primo comandante dell’antica colonia di Goti stanziata nella zona; secondo un’altra il nome deriva dal latino Collis arduis (collina impervia) attraverso un’ipotetica forma intermedia Collis pardis.
Infine, Giuseppe Capone, studioso locale, ha formulato un’ulteriore ipotesi per la quale il nome deriverebbe da pardes (giardino), dunque “colle giardino”. Inoltre, si narra che il centauro Chirone, maestro di Esculapio, dio della medicina, si curò una grave ferita con le erbe spontanee raccolte in questa terra e che aveva il suo “Orto del Cantauro” proprio qui.
Famosa ancora oggi è la Notte di San Giovanni, che si tiene ogni 23 giugno. Come nell’antichità, questa serata è l’occasione ideale per rivivere le antiche atmosfere attraverso racconti, leggende, musiche e balli popolari, attorno a un grande falò. Viene preparata la cosiddetta “Guazza di San Giovanni” (ossia acqua con infusione di fiori raccolti sul momento), con la quale avviene il tradizionale “Battesimo del Compare”: ognuno, munito di un mazzo di fiori, battezza un uomo o una donna che, da quel momento, diventa suo “Compare di San Giovanni”. Nel corso dei secoli la nottata che precede questa ricorrenza ha conservato una sua propria ritualità, avente lo scopo di difendere gli uomini da ogni influsso maligno.
L’azienda Sarandrea Marco & C.
E proprio a Collepardo sorge l’azienda Sarandrea Marco & C., diventata punto di riferimento nell’ambito delle piante officinali, utilizzate per la produzione di prodotti fitoterapici e liquori che non hanno rivali al mondo. Diversi sono stati i riconoscimenti che la famiglia Sarandrea ha ricevuto negli anni, a partire dalla medaglia d’oro del 1923, passando per quella d’argento, targhe d’onore e premi speciali, fino alla nomina della Sarandrea Marco & C. s.r.l. come “Azienda dell’anno 2017”.
Tutti gli estratti dell’azienda sono ottenuti dalla macerazione di piante fresche, raccolte in ambiente naturale protetto e non contaminato, poste in soluzione idroalcolica o idrogliceroalcolica subito dopo la raccolta. Le materie prime vegetali sono fresche, ad eccezione delle droghe di piante che devono essere reperite dall’estero, ovviamente nella loro forma secca.
La filiera produttiva, parte dalla selezione del territorio di raccolta prediligendo quelli di natura selvatica, con vegetazione autoctona e incontaminata. I siti di raccolta sono scelti in base alla loro lontananza da aree industriali, stradali ed anche agricole per evitare l’eventuale contaminazione da parte di pesticidi utilizzati nelle produzioni intensive. Inoltre, la raccolta avviene manualmente rispettando il tempo balsamico (quando la pianta contiene il massimo del principio attivo), senza alcun utensile metallico che potrebbe ossidare la pianta. Infine, la lavorazione è condotta con tecnologia refrigerated cutter, che consente di preservare tutto il principio attivo presente nel materiale vegetale.