Uso di biocarburanti al pari di quelli sintetici, stop all’inquinamento da plastica entro il 2040. Il G7 sul clima ed energia di Sapporo si è concluso con atti di buona volontà e due obiettivi di medio periodo. Sullo sfondo l’ormai ricorrente abbandono delle fonti fossili al 2050. A dare credito ai rappresentanti dei Paesi più industrializzati dovremmo finalmente intravvedere una strada in discesa nella lotta ai cambiamenti climatici. Tuttavia, nei due giorni di discussioni il dibattito è girato ancora una volta intorno alla Conferenza Onu sul clima di Parigi del 2015. Il lungo documento finale oltre a ribadire quei contenuti vuole stimolare ad accelerare le politiche dei singoli Paesi.
L’Italia, rappresentata dal Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin e dal viceministro Vannia Gava, al vertice ha ottenuto un piccolo successo con il riconoscimento dei biocarburanti come strategici quando nel 2035 si dovranno abbandonare le auto a benzina e diesel. Rispetto alle recenti decisioni in sede Ue, che hanno privilegiato i carburanti sintetici, quelli bio stavolta sono stati ritenuti assimilabili ai sintetici. L’Italia conta sull’impegno degli altri Paesi per godere degli effetti positivi economici sulla lunga filiera nazionale. Tra un anno il vertice sul clima si terrà in Italia e il governo – ammesso che sia lo stesso – intende presentarsi in buona salute nella transizione ecologica. Ovviamente deve perfezionare ancora molti atti a partire dall’applicazione del decreto sul PNRR già passato alla Camera e che la settimana prossima va in Senato.
Il G7 nel 2024 a presidenza italiana: occasione per mostrare passi avanti
“Siamo soddisfatti per il riconoscimento ottenuto dall’Italia rispetto ai biocombustibili sostenibili, che consideriamo decisivi per una transizione energetica graduale e funzionale alla protezione dell’economia e alla crescita. La presidenza italiana saprà ripartire da qui per avanzare in maniera decisa ma pragmatica nel percorso di decarbonizzazione”, ha detto il viceministro Gava. Le date del 2040 e del 2050 sono richiamate nel documento finale del summit che contiene anche un appello all’impegno dei governi per maggiore slancio nelle politiche ambientali nazionali.
Ma è proprio sulle economie nazionali e sugli investimenti nei singoli Paesi che si gioca la credibilità di tutti quelli che partecipano ai vertici mondiali. D’altronde i molti abbandoni degli accordi di Parigi e certe scelte dal sapore sovranista stanno facendo calare la fiducia nei Paesi che avevano sottoscritto quegli accordi. Più di un governo in Europa, in Asia, in America ha dovuto misurare quegli impegni con i costi veri della trasformazione industriale. Pandemia e guerre (non solo quella in Ucraina) hanno, poi, pesantemente condizionato le politiche di reindustrializzazione che in molte parti del mondo non sono per nulla tate avviate.
Il G7 ha chiesto all’Irena (International Renewable Energy Agency) anche uno studio sull’innovazione e la sostenibilità dell’eolico offshore. La fonte è molto diffusa in Nord Europa e a Sapporo è stata giudicata come strategica e indispensabile per abbandonare le fossili. Guarda caso, però, il governo italiano è in ritardo sul cosiddetto decreto FER 2 che disciplina le concessioni e le capacità di produzione. “Le più forti economie del mondo – ha detto il ministro Pichetto Fratin – devono assumersi la responsabilità di guidare la comunità internazionale nella lotta al cambiamento climatico. Serve una somma di azioni e di comportamenti dei vari Paesi, non bastano un provvedimento o una dichiarazione d’intenti”. L’afflizione che si prova ogni volta che si leggono le conclusioni di questi vertici è in ogni caso parte del desiderio di vedere azioni veloci e concrete per fermare il declino del pianeta. Ma tutto dipende solo da chi ha il potere di agire.