Manca poco per presentare le proposte all’Ue su clima ed energia. I giorni scorrono veloci verso il 31 dicembre ultima data utile e non è ancora definito cosa dirà l’Italia ai commissari incaricati di stilare le linee della nuova governance climatica. Le aziende di casa insistono sul governo per far capire che la partita è seria. Occhi ben aperti per le scelte che saranno fatte nei primi mesi del 2019, che condizioneranno per molti anni, investimenti, occupazione, strategie commerciali, accordi internazionali. Un panel con rinnovabili, fossili, economia circolare, efficienza energetica.
Quando il centrosinistra è stato spodestato della guida del Paese, la Strategia Energetica Nazionale è stata una delle migliori cose che ha lasciato. Elaborata e discussa in lungo arco di tempo con punti di equilibrio economici ed ambientali di valore. Un lavoro di ampio respiro, riconosciuto, con imprese, associazioni, territori, che sarebbe deleterio oggi rinnegare. L’Anev, l’associazione delle imprese eoliche, è l’ultima in ordine di tempo a muoversi verso la politica per spiegare il ruolo delle sue aziende e far arrivare a Bruxelles proposte concrete.
Ce ne sono anche altre, di comparti energetici fuori dalle rinnovabili, ma l’eolico è la seconda forma di produzione di energia elettrica a livello europeo. Con il 18 % del totale dei consumi domestici ed industriali, vuole crescere ancora. Gli investimenti hanno raggiunto i 22 miliardi di euro, nonostante il calo del 2016. Soldi investiti nell’onshore e nell’offshore, rispettivamente con 7,5 e 14,8 miliardi. La Germania ha investito più di tutti, seguita dal Regno Unito e dall’Italia. Fatto sta che in vista della fine dell’anno, l’industria eolica italiana per farsi sentire ha lanciato una campagna informativa sui social. Una strategia che (sarà un caso ? ) coincide con le modalità comunicative del governo gialloverde.
La decisione di allargare la platea dei sostenitori di questa forma di energia, oltre che al contesto europeo è legata anche ai costi di produzione ed allo sbilanciamento tra energia distribuita e prodotta. Sulle decisioni dell’Autorità per l’energia di casa nostra – Arera – le aziende eoliche lamentano la penalizzazione dei costi compresi tra i 3 i 7 Euro per Megawatt. L’eolico ha spiegato il Presidente dell’Anev Simone Togni è penalizzato da costi burocratici, lungaggini autorizzative e mancanza di strumenti per poter realizzare nuovi impianti. Se a questo si aggiungono i costi in salita stabiliti dall’Ente regolatore, il sistema soffre e qualsiasi idea di nuovi investimenti diventa precaria. A dare man forte c’è anche l’ultimo rapporto di WindEurope, secondo cui puntare su questa fonte di energia vuol dire pensare anche ai gestori dei sistemi di trasmissione. In un quadro meno perturbato possono pianificare e realizzare nuove infrastrutture.
Se l’associazione dell’eolico fa campagna informativa, pero, è bene tenere presente che la fonte energetica che la precede nei consumi globali – il gas naturale – mantiene il suo primato. Si, la partita su clima ed energia dovrebbe (?) terminare nel 2030 con la riduzione delle quote di Co2. Ma gas e petrolio insieme totalizzano il 67,9% dei consumi globali, quasi i due terzi dell’universo energetico. Eurostat certifica che per le imprese questa fonte è ancora insostituibile (22% ) insieme agli altri combustibili fossili e nonostante la spesa crescente per sistemi green. Nell’ultimo anno l’Italia ha speso 14 milioni di euro per importazioni di gas da Russia, Algeria, Libia, Paesi bassi distribuito da Nord a Sud. La SEN del 2017 ha considerato questa combinazione, non breve, di fonti di energia. Una combinazione transitoria certamente, ma ben organizzata per tenere insieme industria, investimenti, consumi e clima. Vedremo cosa alla fine partirà da Roma per il cuore dell’Europa.