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Claudio Martelli, un libro su una storia di grande passione politica tra Craxi, i meriti e i bisogni

Non so se “Ricordati di vivere” di Claudio Martelli sia un libro riuscito dal punto di vista politico, né tantomeno posso azzardare un giudizio sul valore letterario delle quasi seicento pagine di un’ autobiografia non soltanto politica, ma soprattutto politica. Perché, come ci ha insegnato proprio Pietro Nenni, la politica è soprattutto “un grande fatto umano”, nel quale credo si mescolano passioni, sentimenti e, perché no, talvolta, vigorosi e malinconici risentimenti. 

E il racconto di Martelli si svolge intrecciando questi atteggiamenti dell’animo umano con la cronaca di anni difficili della storia del nostro paese: le speranze con la nascita del primo centro-sinistra negli anni sessanta e il tentativo, purtroppo fallito, dell’unificazione socialista e poi il sessantotto, il declino dell’alleanza che aveva il suo perno nella Dc e nei socialisti, i successivi tentativi (falliti forse perché poco convinti) di creare le condizioni di un’alternativa di sinistra, e poi il crollo o meglio lo sgretolamento finale della prima Repubblica, sotto i colpi delle Procure della repubblica e di Mani pulite. Il tutto in un Paese attraversato dalla stagione delle stragi mafiose, ma non soltanto mafiose, dai veleni sul funzionamento e quindi sulle deviazioni dei servizi segreti, e poi dal terrorismo e dagli anni di piombo, culminati nel delitto Moro.

Naturalmente quella di Martelli è soprattutto la storia di un dirigente socialista, che, dopo una brevissima parentesi tra i repubblicani, approda alla sezione di corso Monforte del Psi. al gruppo dei socialisti milanesi, all’amicizia con Bettino Craxi, e alla frequentazione degli autonomisti milanesi: da Tognoli a Finetti. Già perché a Milano, anche durante la lunga segreteria di De Martino, c’erano soprattutto i nenniani. E non a caso Martelli racconta di quando, con grande generosità Craxi gli chiese di accompagnarlo a Crans sur Sierre in Val d’Aosta in visita al vecchio leader dei socialisti. C’è anche una bella fotografia dove ad un Craxi con una pesante giacca di lana e ad un Nenni appoggiato al bastone si accompagna un Martelli completamente avvolto in una o più coperte.

Siamo partiti da Nenni, ma Martelli nella sua storia politica è soprattutto colui che cercò di modernizzare non soltanto il partito, ma la strategia politica dei socialisti italiani. E in questo senso va ricordato soprattutto il suo discorso alla conferenza programmatica del Psi di Rimini. Eravamo nei primi anni ’80, i socialisti erano ancora al governo con la Dc, Ma si cominciava anche a pensare all’alternativa di sinistra. Il discorso di Martelli che passò alle cronache come quello “sul merito e il bisogno” cercava prima di tutto di individuare quelli che avrebbero essere gli interlocutori dei socialisti degli anni ’80. Questi erano “tutti coloro posti nelle condizioni determinate dal bisogno e tutti gli individui possessori di un merito” perché “quale che sia il bisogno e quale che sia il merito, soltanto chi può agire perché vuole o perché deve è destinatario delle azioni di riforma”. 

A Rimini quella volta c’ero anche io per raccontare la conferenza ai lettori de “Il sole 24 ore” e ricordo che il ragionamento di Martelli mi rimandò a quanto, da adolescente, avevo sentito dire in un comizio a Napoli da Giuseppe Saragat, allorché spiegava che l’obbiettivo dei socialisti democratici e dei riformisti non era quello di fare tutti gli uomini uguali, ma di concedere a tutti le stesse condizioni di partenza, perché solo così il merito avrebbe potuto fare la sua parte. Racconta Martelli: “Il discorso di Rimini fu interrotto da applausi ripetuti, e da un’ovazione finale lunga cinque minuti, con tutti delegati in piedi e non pochi con le lacrime aglio occhi. Solo Craxi rimase seduto”.

Qualche anno dopo, più o meno alla vigilia del precipitare di Tangentopoli, fu ancora un volta Craxi a gelare Martelli in una riunione della direzione del Psi. All’ordine del giorno c’era l’autoriforma del partito più volte annunciata, Martelli si preparava ad illustrare le sue proposte in tal senso, ma Bettino lo fermò con un “non ora Claudio”. Eppure, nonostante nel libro si affaccino non soltanto alcune diverse valutazione tra i due leader del socialismo riformista, ma anche un certo risentimento da parte di Martelli rispetto ad alcune scelte di Craxi (per esempio allorché questi indicò a Scalfaro i tre nomi per l’incarico di formare il governo, aggiungendo che Amato, De Michelis e Martelli erano in un ordine non soltanto alfabetico), i motivi che accomunano la storia socialista dei due dirigenti, sono largamente superiori a quelli di divisione. Entrambi, con meriti, demeriti e drammi personali, si sono spesi per la modernizzazione del socialismo e della sinistra italiana.

Infine un’ultima considerazione: alla fine di un libro che racconta la dolorosa storia degli ultimi anni del partito storico del socialismo italiano, resta soprattutto in chi quelle storie le ha seguite e in parte vissute, un’amara malinconia per quando la politica era ancora la politica.

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