“Io sono certa che Bernanke darà il via libera a nuovi stimoli. Altrimenti la delusione dei mercati rischia di essere davvero pericolosa. Ma non è detto che la Fed scelga per forza la strada del Qe 3. Ci sono alternative”. Claudia Segre, segretaria generale di Assiom, si schiera con il partito degli interventisti.
Eppure l’opinione degli esperti stavolta è divisa. Ben Bernanke concederà il bis? Oppure, stavolta, si asterrà da misure concrete? L’attesa per l’intervento del presidente della Fed oggi pomeriggio in quel di Jackson Hole, Wyoming, cresce di ora in ora. Forse più di un anno fa, quando “elicottero Ben” annunciò, davanti alla platea dei banchieri centrali, l’avvio del pacchetto di stimoli battezzato Qe2: 600 miliardi di dollari che hanno funzionato da salvagente per azioni e bond, fino al giugno scorso. Ma adesso?
A mano a mano che si avvicina l’”ora X” si rafforzano le schiere degli scettici che fanno notare come stavolta la situazione sia diversa rispetto a 12 mesi fa: allora l’inflazione viaggiava sull’1,2%, oggi è al 3,6%; allora la Fed era schierata con il presidente, oggi tre membri su 10 hanno votato contro le scelte del presidente; allora, infine, si parlava di deflazione, oggi non mancano segnali di ripresa.
Stavolta, per dirla con Kenneth Rogoff, “è davvero diverso”. O no?
Per dirla con Rogoff, sembra diverso. Ma non lo è. Il pericolo inflazione, a mio avviso, è davvero remoto. La ripresa è lontana. La crisi del mercato immobiliare resta gravissima, i target ambiziosi che Bernanke si era fissato in materia di occupazione sono lontani anni luce, soprattutto se si considera che i miglioramenti congiunturali in realtà sono dovuti solo al fatto che sono scaduti molti indennizzi per la disoccupazione.
Di qui la scelta obbligata di nuovi stimoli?
Sarebbe molto pericoloso deludere le attese dei mercati. Purtroppo, sia in Europa che in America la politica si rivela impotente a prendere misure efficaci. Perciò non resta che rivolgersi alle autorità monetarie, le uniche che possono dare risposte credibili.
Ma a caro prezzo. La Fed può ancora consentirsi un Qe 3 da 600 -700 miliardi?
Esistono alternative. La banca centrale potrebbe annunciare acquisti concentrato sulla parte extralunga della curva, dai titoli a 15 anni fino ai T bond trentennali.
Con quale obiettivo?
Acquisti mirati sul secondario in quella fascia provocherebbero l’appiattimento della curva con benefici sui tassi. Non solo. L’operazione ha ottime possibilità di successo: i money manager dei fondi pensione e altri investitori che sono i compratori naturali di questi strumenti sarebbero entusiasti di prendere benefici dall’abbassamento della curva vendendo alla Fed i titoli in portafoglio. E, grazie alle plusvalenze, favoriranno l’assorbimento delle nuove emissioni, tra l’altro con il risultato di allungare la duration del debito. Lo sforzo finanziario, infine, sarebbe assai più contenuto.
In attesa di interventi della politica.
La situazione mi sembra congelata, se non peggio. Basta leggere le dichiarazioni minacciose di Perry, il candidato repubblicano alla Casa Bianca: qualsiasi decisione di Bernanke in epoca elettorale va giudicata alla stregua di un tradimento. E’ la conferma che la campagna elettorale è cominciata e che la destra subordina alla battaglia politica l’economia che invece non può attendere.
Ma la congiuntura sembra migliorare. Tutto sommato, le banche Usa se la passano meglio di quelle europee. Vero?
Vero. Hanno fatto una montagna di soldi vendendo allo scoperto i titoli delle banche europee. Poi, al momento di rientrare, ecco che pubblicano report molto negativi sulle banche italiane.