Tra il 2007 e il 2012 più di 230 comuni tedeschi hanno fondato la propria utility o hanno riacquisito l’infrastruttura dai privati. Poichè è in procinto di scadere il contratto ventennale di concessione grazie a cui, oggi, tali servizi sono nelle mani soprattutto di Eon, RWE, Vattenfall e EnBW, nuove imprese possono candidarsi quali gestori del servizio: tra queste, gli enti locali.
In particolare, la ri-municipalizzazione riguarda soprattutto le reti elettriche, del gas e del teleriscaldamento. Analogamente al caso del servizio idrico in Francia (di cui avevamo scritto a maggio in “L’acqua di Parigi è più buona?”), la gestione pubblica (meglio se regolata) è, secondo la normativa europea, una delle possibilità di gestione dei servizi pubblici locali, ma non certo l’unica. Ed è buona amministrazione che la scelta sia responsabilmente motivata.
Gli obiettivi della ri-pubblicizzazione
I favorevoli alla scelta di ri-pubblicizzare sostengono che i privati non avrebbero incentivi ad abbandonare le energie convenzionali (il carbone e il nucleare) in favore di fonti di energia rinnovabile. Inoltre ritengono che, essendo l’approvvigionamento energetico un servizio pubblico di base, non dovrebbe essere gestito da aziende private, che per definizione mirano al profitto: in particolare, a essere messe sotto accusa sono le alte tariffe.
Tuttavia, le reti elettriche tedesche sono monopoli naturali regolate dall’Agenzia federale delle reti. Di fatto, quindi, i gestori hanno una capacità molto ridotta di decidere e influenzare i prezzi, che sono invece determinati e controllati da tale Agenzia. Sui prezzi incidono, inoltre, anche gli investimenti in fonti rinnovabili: in Germania, la percentuale di energia elettrica prodotta da dette fonti è pari al 24%.
Secondo diversi studi (tra gli altri, un sondaggio dell’università di Leipzig, KPMG e Monopolkommission), la scelta di ri-municipalizzare è finalizzata a mantenere il controllo delle scelte energetiche e non, invece, a garantire obiettivi di efficienza o limitare l’impatto sociale della fornitura di elettricità da parte dei privati. Basti pensare che in Germania, grazie agli incentivi fiscali, sono già stati raggiunti importanti obiettivi di efficienza energetica: nonostante la crescita economica, sia nel 2011 che nel 2012 la domanda di energia si è ridotta.
Bisogna poi considerare che la ri-pubblicizzazione andrebbe a pesare sui bilanci comunali (alla città di Amburgo costerebbe circa 2 miliardi di euro riacquistare le reti energetiche), senza contare i probabili conflitti di interesse che insorgono quando il ruolo di gestore e controllore viene svolto dallo stesso soggetto. Sarebbe, ad esempio, difficile verificare se i ricavi da oneri di distribuzione vengano utilizzati per finanziare altri servizi (si pensi al trasporto pubblico locale) al fine di non aumentare le tasse, soprattutto in un contesto di finanza locale spesso precaria.
Infine, non bisogna dimenticare che gli investimenti in reti intelligenti sono molto elevati e i comuni potrebbero non disporre delle risorse economiche necessarie; inoltre le municipalizzate si troveranno, oggi, a competere in un mercato molto diverso – più concorrenziale (grazie alla separazione della rete) – rispetto a vent’anni fa, quando i consumatori non avevano fornitori alternativi cui rivolgersi.
La concorrenza tra modelli
Come premesso, non esiste un’unica opzione preferibile in merito al modello di gestione dei servizi pubblici locali: la scelta finale non può che rappresentare l’esito di un percorso costellato di tentativi, errori e correzioni, con la conseguenza che, non essendo stato tale processo ancora completato, non è ora possibile dare un giudizio definitivo.
Come dimostra uno studio di David Hall, Emanuele Lobina e Philipp Terhorst (“Re-municipalisation in the early twenty-first century: water in France and energy in Germany”), nelle scelte di gestione dei servizi pubblici locali è inevitabile che assumano un peso rilevante, oltre alle considerazioni di natura economica-finanziaria, anche quelle politiche e sociali: secondo gli autori, il risultato finale dipende dal continuo confronto e alternanza tra la gestione pubblica e quella privata, oltre che dal grado di accettazione sociale di tali diversi modelli. Ciò è supportato dalla circostanza che sulla decisione tedesca ha giocato un ruolo importante l’influenza dell’associazione nazionale di utilities locali (la VKU, Verbandkommunaler Unternehmen, che conta oltre 1400 membri).
La capacità concorrenziale, quindi, sia tra imprese, che tra modelli di gestione, è fondamentale. Una possibile fonte di inefficienza del modello tedesco potrebbe essere spiegata proprio dalla scarsa concorrenza di tale mercato, dominato da pochi grandi attori (soprattutto i già citati Eon, RWE, Vattenfall e EnBW).
Si consideri, infine, che anche quando la gestione è in mano pubblica le competenze di esperti esterni sono importanti. Uno studio esplorativo dell’Istituto Wuppertal, riguardante gli obiettivi della ri-municipalizzazione delle nuove utilities pubbliche nate dal 2005, conclude che ci sono buone possibilità che sia raggiunta la maggior parte dei dieci obiettivi più importanti che possono essere associati alla fondazione di una start-up, tra cui quelli generali di politica energetica, il cambiamento climatico, gli obiettivi per i servizi pubblici e politica sociale, ma anche gli obiettivi economico- finanziari. Tuttavia, data la complessità di tali fini, si raccomanda il coinvolgimento e l’attiva partecipazione di esperti esterni.
Sia l’esperienza francese dell’acqua sia quella tedesca dell’energia dimostrano dunque il prevalere di scelte motivate e di analisi e valutazioni rigorose. Mentre da noi, almeno finora, prevale la via giudiziaria (e a guadagnarci sono più gli avvocati che tutti i cittadini): dalla Corte Costituzionale alla Cassazione, dalla Corte dei Conti ai Tar.