Il default si avvicina e Cipro potrebbe dire addio all’Eurozona. Invece di fare progressi, la crisi dell’isola si fa sempre più complicata. Il ministro delle Finanze Michalis Sarris ha lasciato Mosca, dove era arrivato martedì per chiedere aiuto. Niente da fare: “La Russia non ci può concedere un prestito perché l’ammontare del credito renderebbe il nostro debito insostenibile”, ha detto ieri il ministro Sarris alla televisione di stato cipriota, aggiungendo che al momento c’è un “ottimismo limitato” sulla possibilità di trovare una formula per evitare il crack.
Le richieste di Cipro alla Russia erano due: il prolungamento del credito da 2,5 miliardi di euro ricevuto due anni fa (che scade nel 2016), con tanto di riduzione del tasso d’interesse (ora al 4,5%), e un ulteriore prestito da cinque miliardi. Nicosia avrebbe offerto in cambio una quota nella sua riserva di gas offshore non ancora sviluppata (nei giorni scorsi si era parlato di Gazprom e Rosneft come parti attive nell’operazione), ma le autorità russe hanno negato qualsiasi interesse del Cremlino in questo senso. Erano circolate indiscrezioni anche su un possibile interessamento di Mosca all’acquisto della Banca Laki (Banca Popolare di Cipro) e di altre istituzioni, in cambio di concessioni per un porto da destinare alla flotta russa (Cipro è un nodo strategico a pochi chilometri dalle coste siriane). Ma tutti questi progetti sono andati in fumo. Il ministro delle finanze russo, Anton Siluanov, ha confermato che il negoziato è finito: Mosca non è interessata alle proposte di Cipro.
A Nicosia non rimane che tentare la strada di un piano B, ma anche questo percorso appare ricco di ostacoli. L’ipotesi più concreta è la creazione di un “fondo di solidarietà” per raccogliere 5,8 miliardi di euro, ovvero la somma che manca all’appello per sbloccare il prestito internazionale stanziato da Unione europea e Fmi (un credito da 10 miliardi fondamentale per ricapitalizzare lo sproporzionato settore bancario cipriota, che per dimensioni supera di otto volte il Pil dell’isola).
Il Parlamento cipriota avrebbe dovuto dare il via libera al fondo questa mattina, ma la seduta è stata rinviata per consentire alla commissione Finanze di riesaminare i progetti di legge destinati a recuperare i soldi necessari.
Per evitare il maxi-prelievo forzoso bocciato martedì dal Parlamento sono state avanzate diverse ipotesi: la nazionalizzazione dei fondi pensione delle compagnie pubbliche e para-statali; l’espropriazione e la vendita di beni in mano alla Chiesa ortodossa; l’emissione di debito garantito dai futuri proventi dello sfruttamento delle risorse energetiche; la fusione dei due maggiori istituti di credito del Paese per ridurre le necessità di ricapitalizzazione.
Al momento si tratta solo di progetti, ma il tempo stringe. La Banca centrale europea ieri ha lanciato un ultimatum, affermando che garantirà a Cipro l’attuale livello di liquidità d’emergenza solo fino a lunedì prossimo. A meno che nel frattempo non si trovi una soluzione.
Intanto, l’agenzia di rating Standrd & Poor’s ha tagliato la valutazione sull’isola da CCC+ a a CCC, mantenendo un outlook negativo.