Cipro potrebbe avere presto bisogno di un piano di salvataggio, divenendo così il quarto paese dell’Unione Europea, dopo Grecia, Irlanda e Portogallo a richiedere ufficialmente un piano di aiuti internazionale. Questo l’allarme lanciato ieri da Bank of Cyprus, la più grande banca commerciale dell’isola, che ha sollecitato azioni decise da parte della classe politica del Paese.
“I mercati si muovono in fretta, in questa situazione il disaccordo e l’indecisione sono punite, le azioni decise sono ricompensate. Non facendo nulla rischiamo di mettere in pericolo la nostra capacità di rifinanziamento: le conseguenze sarebbero disastrose”, comunica l’istituto. “La minaccia di entrare in un programma di salvataggio dell’Unione Europea, con tutto ciò che di grave comporterebbe, è immediata”. L’appello segue di un paio di settimane quello del governatore della Banca centrale cipriota, Athanassios Orphanides, che aveva prospettato la necessità di aiuti internazionali per risolvere la terribile crisi economica e politica che sta investendo il Paese.
La Commissione europea ha però subito smentito: “La questione di un pacchetto di aiuti finanziari a Cipro non è sul tavolo”, hanno fatto sapere da Bruxelles. “Confidiamo nel fatto che Cipro riesca ad adempiere gli impegni presi sul deficit (sotto il 4% del pil nel 2011 e sotto il 2,5% nel 2012). Le autorità cipriote possono contare sul pieno supporto della Commissione nel loro impegno per consolidare le finanze e rilanciare l’economia del Paese ma devono fare quanto necessario”.
Secondo Bank of Cyprus un eventuale ricorso al salvataggio esterno potrebbe seriamente danneggiare la reputazione del Paese. L’isola offre una serie di riduzioni di tasse per imprese internazionali e potrebbe non essere più in grado di farlo sotto il giogo di un piano di aiuti internazionale. I Paesi europei potrebbero infatti alzare la voce contro il sistema di sgravi fiscali che ha permesso a Cipro in questi anni di diventare un importante centro di servizi finanziari.
La situazione sull’isola è molto critica ed aggrava il momento già difficile vissuto da tutta l’Unione Europea. Sotto tensione per le vicende greche, Cipro ha subito altri tre duri colpi nel giro di poche settimane. Alla paralisi politica dovuta al mancato accordo sulle misure di austerity necessarie per il risanamento delle finanze pubbliche si sono aggiunti l’esplosione nella principale centrale elettrica del Paese e il downgrading dei titoli di stato da parte delle principali agenzie di rating, con Standard & Poor’s che ha recentemente declassato il titolo a BBB+. Causa principale è stata l’enorme quantità di titoli greci, stimata sui 5 miliardi di euro, posseduta dalle banche cipriote e il fatto che l’economia del Paese è molto esposta alle vicende del Paese ellenico attraverso il commercio.
L’esplosione dell’11 luglio in una base militare della marina ha amplificato i problemi. La storia risale al gennaio del 2009, quando una nave cargo che trasportava munizioni dall’Iran verso la Siria venne intercettata, su mandato delle Nazioni unite, dalla marina statunitense. La nave fu scortata fino ad un porto sull’isola di Cipro. All’interno furono trovati munizioni, proiettili, polvere da sparo, materiali per l’innesco. Il tutto per quasi una tonnellata di materiale esplosivo. I Paesi europei rifiutarono di occuparsi del carico. Gli Stati Uniti promisero di dare assistenza a Cipro per liberarsi del materiale ma nessuna azione seguì alla promessa. Così in attesa di sbloccare la situazione, i comandanti della base navale stiparono tutto in una tenda all’interno della base. Fino a quando l’11 luglio di due anni dopo un incendio divampato vicino alla tenda l’ha in breve tempo raggiunta, provocando una violentissima esplosione: 13 morti e la più grande centrale elettrica, che offriva circa metà dell’intero fabbisogno di elettricità del Paese, distrutta. Le stime per rimettere a posto i danni alla centrale superano i due miliardi di euro.
Il retroscena spiega perchè Cipro potrebbe però ricevere aiuti dai fondi europei per lo sviluppo delle infrastrutture, i quali dovrebbero limitare il rischio di aver bisogno di un piano di salvataggio. L’incidente ha avuto drastiche conseguenze. L’intero Consiglio dei ministri si è dimesso e il Paese attende ora che il presidente Dimitris Christofias formi un nuovo Governo. Le previsioni per la crescita economica sono state riviste. Le stime dell’1,5% per quest’anno e del 2,5% per il 2012 sono state abbassate allo 0% per quest’anno e circa l’1% per l’anno prossimo, tenuto conto delle importanti spese per la ricostruzione della centrale e delle perdite legate alle interruzioni della corrente per le imprese. Infine, seppur smentita dalla Commissione, l’ipotesi di un ulteriore piano di salvataggio da parte dell’Europa per rimettere a posto le finanze del piccolo Paese del Mediterraneo orientale.
Cipro potrebbe così essere il quarto paese dei 17 dell’area euro ad aver bisogno di un piano di salvataggio, dopo Grecia, Portogallo e Irlanda. A dire il vero l’isola è economicamente insignificante all’interno dell’unione monetaria, contando lo 0,2% dell’economia della zona euro. Il Pil del Paese nel 2010 è stato di 25 miliardi di euro (la metà di quello dell’isola di Rodi). La stima di quanto necessario per rimettere in sesto le finanze del paese ammonta a 2,7 miliardi di euro per il 2011. Una cifra che sicuramente non metterebbe sotto sforzo i Paesi europei, che per gli altri tre bisognosi di aiuto hanno già speso un totale di 382 miliardi di euro. Il segnale più grave sarebbe però l’ennesima prova di quanto facilmente si possa allargare il contagio e di come i problemi di uno Stato possano rapidamente riguardare quelli vicini.