“Il cosìdetto decreto crescita è un passo positivo perchè segna un buon passo indietro rispetto all’impostazione della legge di bilancio ed in genere della politica economica di questo governo. Tornano alcune misure di Industria 4.0 già operanti in passato e si cerca di sbloccare gli investimenti. E’ improbabile che queste misure da sole possano determinare una inversione di tendenza dell’andamento della congiuntura che marcia verso una crescita zero, forse si potrà evitare un degrado ancora più accentuato”. Innocenzo Cipolletta, economista, presidente dell’Assonime, esamina con preoccupazione ma con spirito costruttivo la situazione economica italiana, che vede collegata soprattutto al clima generale di sfiducia indotto da tante misure e tante dichiarazioni di esponenti del governo. Uscirne richiederà tempo ed una serie di provvedimenti capaci di far cambiare le aspettative degli investitori.
“Gli investimenti – dichiara ancora Cipolletta a FIRSTonline – si sono fermati perchè alla situazione di incertezza internazionale si è sommato in Italia un clima negativo verso l’industria ed il mondo produttivo in generale, che ha imposto agli operatori di adottare un atteggiamento di prudente attesa. L’Italia non può pensare di rilanciare la domanda per consumi interni per compensare il rallentamento della domanda estera perchè non abbiamo i mezzi finanziari sufficienti. Quindi dobbiamo agire sugli investimenti pubblici, ma anche e soprattutto privati. E questi dipendono molto dalle aspettative che sono diventate negative per via delle posizioni assunte da importanti esponenti del governo. Per cambiarle ci vogliono comportamenti chiari e coerenti con l’obiettivo di ripristinare la fiducia sul nostro sistema economico e sicuramente sarà necessario del tempo per poter risalire la china. La reputazione, come si sa, si fa presto a perderla, ma poi si fa molta fatica a riconquistarla”.
Ma il governo continua a lanciare segnali contraddittori. Ad esempio la nuova commissione d’inchiesta sulle banche, peraltro con un raggio d’azione vasto ed esteso nel tempo, sembra fatta a posta per perpetuare i dubbi sul funzionamento del nostro sistema. Lo stesso presidente della Repubblica ha approvato la legge istitutiva della commissione ma ha messo dei paletti per delimitarne gli ambiti operativi.
“Nella delicata situazione economica in cui si trova il nostro paese non c’era certo bisogno di una nuova commissione d’inchiesta peraltro con un raggio d’azione ancora più ampio di quella della passata legislatura. In questo modo si rischia solo di aumentare l’instabilità dell’intero sistema bancario. Si tratta di azioni politiche velleitarie che portano solo ad una ulteriore conferma della inaffidabilità dell’intero paese specie presso gli investitori esteri. E’ un po’ una mossa suicida destinata ad aumentare la sfiducia degli investitori nei confronti delle nostre banche. Chi mai potrebbe investire nel capitale delle banche italiana quando una commissione d’inchiesta con poteri simili a quelli della Magistratura potrebbe mettere sotto accusa una azienda di credito che poi magari, dopo anni, verrebbe completamente scagionata?”.
Anche sui così detti truffati dalla banche fallite, si continua a pasticciare. Di Maio e Salvini vorrebbero rimborsi generalizzati senza un vaglio per accertare l’effettiva situazione.
“Ancora una volta ha ragione Bruxelles che sostiene che si può procedere al rimborso dei truffati solo dopo un esame attento delle singole situazioni. Insomma si dovrebbe poter rimborsare con soldi pubblici solo i veri truffati, quelli che dimostrano di essere stati ingannati sull’effettivo grado di rischio del loro investimento. Se non si vogliono stravolgere tutti i sani principi di una economia di mercato, occorre essere sicuri che gli azionisti possano venir rimborsati solo dimostrando che sono stati forzati ad acquistare azioni con operazioni finanziate dalla stessa banca attraverso la concessione di prestiti”.
Gli attacchi alle autorità indipendenti che molti esponenti dell’attuale governo invitano senza tanti complimenti a tacere, oppure a farsi eleggere dal popolo, ed in particolare tutta la vicenda del rinnovo delle cariche del Direttorio della Banca d’Italia si muovono in direzione opposta a quella necessaria per ricreare fiducia negli operatori e sicurezza sugli assetti istituzionali necessari per modificare le aspettative che ora sembra si siano fissate sul “brutto stabile”.
“La Banca d’Italia ha subito attacchi non sensati e controproducenti. Ora sembra che il ricambio, che entro certi limiti, poteva essere anche naturale, sia avviato su una strada corretta. Spero che le ultime fasi dell’iter delle nomine non debba subire ulteriori ostacoli politici e che questa pagina possa chiudersi in maniera decorosa e quindi con la riaffermazione della piena autonomia operativa della Banca d’Italia e quindi del riconoscimento della piena indipendenza della Bce”.
C’è ancora aperta la delicata questione della nomina del nuovo Ragioniere generale dello Stato, una carica importante e delicata. Molti esponenti del governo nei mesi passati non hanno nascosto irritazione nei confronti degli ostacoli tecnici e giuridici che il Ragioniere aveva opposto a certi provvedimenti finanziati in maniera quantomeno “disinvolta”.
“Il Ragioniere generale riveste un ruolo di grande importanza stabilito della legge ed opera in quest’ambito nell’interesse generale del paese. La sua nomina dipende dal ministro dell’Economia. Leggo dai giornali nomi di persone provenienti dall’interno dell’amministrazione valide e stimate. Confido quindi in una nomina di buon livello e non di parte. Del resto è assurdo pensare che chiunque possa venir chiamato a ricoprire una carica così rilevante possa poi agire nell’interesse di chi lo ha nominato. Le responsabilità che questa persona dovrà assumere escludono che possa operare al di fuori delle norme e delle prassi consolidate da tempo”.