Voto dell’autore:
Una storia drammatica di ordinaria paura, interna ad una famiglia ed un paese dove nessuno ha la coscienza a posto. Questa la trama di Villetta con ospiti firmata dal regista Ivano Di Matteo con Marco Giallini e Michela Cescon da pochi giorni nelle sale. La vicenda si svolge in un imprecisato luogo del Nord Est d’Italia, dove una famiglia, apparentemente benestante e influente, si trova al centro di una tragedia che li travolge, insieme al poliziotto locale di origini napoletane, il medico, il parroco, la domestica e suo figlio ed altri personaggi di origini rumene.
Nessuno sembra essere al posto giusto e quasi tutti hanno qualche scheletro nell’armadio: il sacerdote attratto dalle parrocchiane, il poliziotto che gestisce strani traffici, il medico non è da meno, il marito traditore, la moglie confusa con sua madre taccagna e malvagia insieme alla figlia arrabbiata.
Insomma, un quadretto non proprio edificante ma, forse, non lontano da tante situazioni più o meno reali. Il filo conduttore della storia è tutta cronaca italiana e, in particolare riferita alla paura di trovarsi uno sconosciuto in casa e al possesso più o meno legale di armi. Intorno a questo presupposto si snoda il racconto e tutto avviene in modo assai crudo, duro, quasi chirurgico, senza mezze misure.
Ogni personaggio (recitazione discreta) si mostra senza mezze misure e non si parteggia per nessuno, ci sono solo i cattivi che, alla fine, se la cavano con una busta piena di soldi con la quale cercano di tappare la voragine della loro meschinità. Non c’è giustizia e non c’è perdono, traspare solo un’arida sensazione di deserto morale. I tre personaggi “istituzionali” cioè il rappresentante della Legge, il sacerdote e il medico, insieme all’imprenditore e alla sua “istituzione” familiare” sono trascinati in un gorgo torbido che li mette tutti sullo stesso piano.
Si tratta di un film lontano da quel genere tutto italiano di noir provinciale, borghese, di scontro sociale, di ricchi contro poveri, di italiani contro immigrati, dove vengono in mente lavori di Piero Germi, di Mario Monicelli, e tra i contemporanei, il Virzì cinico e spietato del Capitale Umano. Villetta con ospiti si colloca in una terra di mezzo che non è compiutamente definita: non riesce, infatti, ad essere graffiante quanto potrebbe e tantomeno avvincente quanto vorrebbe.
La sceneggiatura sembra soffrire molto l’influenza dei fatti più o meno quotidiani che avvengono in quasi ogni parte d’Italia. Merita, comunque, attenzione tutto ciò che svela, anche con il cinema, quell’anima cattiva, razzista, pistolera e corrotta che, purtroppo, sembra essere molto diffusa in questo Paese.
Nota a margine: ci troviamo in una pausa stagionale dove l’offerta di nuovi titoli è bassa e nelle sale, fatto nuovo, si ripropongono successi del recente passato come, ad esempio, Pasasite del coreano Bong Joon-ho vincitore di tanti premi (vedi recensione dello scorso novembre). Si tratta di una operazione commerciale che la dice lunga sulle dinamiche del mercato cinematografico.