Prima il successo del Cinema in Piazza nel cuore di Roma ma anche nelle periferie, poi il primato conquistato dal Cinema Troisi, premiato poche settimane fa come la sala con il più alto numero di spettatori in Italia (oltre 60 mila) della stagione 2021-2022. I ragazzi e le ragazze dell’Associazione Piccolo America, da pochi giorni diventata Fondazione Piccolo America, sembrano aver trovato la ricetta giusta per riportare gli spettatori al cinema. Qual è il loro segreto? Lo abbiamo chiesto a Valerio Carocci, presidente del Piccolo America, che ha contribuito alla crescita del progetto sin dalle sue origini, iniziate con la battaglia per la salvaguardia del Cinema America.
A un anno dalla sua apertura, la Sala Troisi di Roma ha vinto il Biglietto d’Oro del Cinema Italiano, promosso da Anec e Anica alle Giornate del Cinema di Sorrento, per aver ottenuto il maggior numero di spettatori della stagione cinematografica 2021-2022 nella categoria assoluta delle monosale con oltre 60mila presenze: è un risultato in netta controtendenza rispetto alle altre sale cinematografiche italiane. Qual è la chiave del vostro successo?
«Il progetto nasce dall’ideazione di un luogo fruibile non solo per l’opera cinematografica, ma anche come spazio culturale a tutto tondo. Ci sono un foyer-bar, una terrazza e uno spazio polifunzionale per mostre ed eventi. Per il risultato che abbiamo ottenuto in questo anno è stata importante anche la presenza di un’aula studio aperta ventiquattr’ore su ventiquattro, trecentosessantacinque giorni l’anno e completamente gratuita. È l’unica aula studio in Italia non legata ad un Ateneo, si può entrare anche alle tre di notte e uscire alle sei del mattino come se fosse un pronto soccorso. È sempre accessibile. Caratteristiche come questa creano un grande senso di comunità intorno alla sala e aiutano a costruire un rapporto solido con il territorio. Parallelamente è una sala che programma dalla mattina alla sera, tutti i giorni».
Proiettate film diversi e a orari differenti…
«Esatto, c’è il matinée alle 11 in mezzo alla settimana con i film di prima visione, mentre il sabato e la domenica ci sono i film di retrospettiva. Assistere ad un film di prima visione costa 7 euro, una cifra abbastanza bassa rispetto alla media dei prezzi dei biglietti dei cinema. Diamo anche la possibilità di fare un abbonamento a un prezzo di 45 euro per 10 ingressi, 4,5 euro l’uno. Il sabato e la domenica assistere alle retrospettive costa invece 3 euro. La scelta è dunque molto ampia, c’è una diversificazione della possibilità di accesso al grande schermo e all’offerta culturale che si rivolge a qualunque ceto sociale della città. L’altro elemento da considerare è la programmazione: proiettiamo dieci-undici film diversi in una settimana. C’è una multiprogrammazione e una varietà enorme di offerta. Molti degli eventi inoltre sono accompagnati da una forte attività di comunicazione e marketing sui social che portiamo avanti da anni, da quando abbiamo iniziato l’avventura del Cinema in Piazza. Spesso sulla base della proiezione si costruisce nel foyer anche un’offerta culinaria ad essa collegata. Per esempio per i film di Woody Allen abbiamo organizzato un brunch americano o per quelli di Miyazaki una colazione giapponese».
Oltre alla formula vincente della Sala Troisi, non pensa che alla base del vostro successo ci sia anche l’onda lunga del Cinema in Piazza che organizzate ogni anno a Roma?
«Quello del Cinema in Piazza è un progetto su cui abbiamo investito tantissimo. Si tratta di una grande manifestazione all’aperto in tre piazze situate nel centro e nella periferia di Roma: San Cosimato a Trastevere, il Casale della Cervelletta a Tor Sapienza e Monte Ciocci all’Aurelia. Sono proiezioni estive di 60 giorni a ingresso gratuito che hanno riabituato il pubblico a fruire il cinema sul grande schermo. Lo stesso pubblico che poi è venuto alla Sala Troisi e ha pagato il biglietto. Abbiamo un indotto doppio rispetto al resto dell’industria, derivante sia dalle proiezioni estive gratuite che dal Cinema Troisi».
L’identikit del pubblico della Sala Troisi è lo stesso di quello del Cinema in Piazza?
«Possiamo dire che si sono mischiati e rafforzati a vicenda. In generale, al Troisi abbiamo un pubblico giovane e attivo: il 70 per cento è under 35 e di questo 70 per cento il 60 per cento ha meno di 29 anni. Sono dati che vanno in controtendenza rispetto alla tradizionale tipologia di pubblico che va a vedere un film nelle sale cinematografiche. Da quando abbiamo aperto il Cinema Troisi abbiamo notato anche un forte ricambio all’interno del Cinema in Piazza, ma anche una coerenza di pubblico che dalla prima esperienza ci ha seguito nella seconda. Possiamo dire che sono due progetti che si sono contagiati positivamente l’un l’altro».
Pensate di attirare al cinema anche un pubblico più adulto?
«Si, noi puntiamo ad un pubblico eterogeneo e variegato come la programmazione. Pensiamo ad ogni tipologia di pubblico, di gusto, ma anche a chi solitamente al cinema non va. In questi anni gli esercenti e i distributori hanno lavorato per dividersi quella fetta di pubblico che andava al cinema. Noi siamo partiti da un presupposto diverso: lavoriamo su chi non va al cinema e lo invogliamo a venire. Formiamo e creiamo spettatori che prima non esistevano, tant’è che la nostra sala è frequentata da un pubblico diverso rispetto a quello che va nelle sale limitrofe. Con molti film, come ad esempio “Siccità” di Paolo Virzì, abbiamo avuto un ottimo risultato sia noi che il Cinema Greenwich di Testaccio. Noi abbiamo attirato un pubblico più giovane, loro più adulto, ma le due sale sono state complementari sul territorio. Poi ovviamente l’età del pubblico dipende anche dal tipo di proiezione che proponiamo».
E poi ci sono le personalità della cultura e del cinema che non vi hanno mai fatto mancare il loro supporto…
«Noi siamo un’esperienza che nasce dalla battaglia per la salvaguardia di una sala cinematografica che era il Cinema America. È in quel contesto che si è creato un rapporto con queste personalità ed è sulla promozione dei loro film di retrospettiva e non solo sulle prime visioni che abbiamo costruito dei legami. Perché nel Cinema in Piazza loro venivano a proiettare film che molti altri avevano dimenticato. Questo bagaglio di relazione ha continuato a crescere, è diventato internazionale e adesso lo stiamo declinando anche all’interno di una programmazione di prima visione con ospiti nazionali e internazionali al Cinema Troisi».
Da tempo è in corso un’aspra contesa tra le sale cinematografiche e lo streaming: il vostro successo dimostra che, se si azzecca la formula giusta, non è affatto detto che nel futuro del cinema ci sia solo lo streaming e che le sale possono ancora fare la loro parte?
«Noi non pensiamo che lo streaming sia un problema se le sale cinematografiche hanno poltrone comode, se la qualità di visione è elevata, se la sala diventa uno spazio di comunità e collettività. Certo se i cinema vengono gestiti come le Poste italiane e diventano solo uno spazio in cui si va, si compra il biglietto, ci si siede da soli e poi si va via, allora tanto vale rimanere a casa. Sono la visione comunitaria, il senso di appartenenza al territorio, l’identità che si prova a partecipare a una visione di un film all’interno di uno spazio culturale che non possono essere sconfitte da una piattaforma. Il cinema resisterà se ci sarà modo di lavorare con sempre maggiore creatività. Non abbiamo la presunzione di pensare di aver trovato la ricetta perfetta o la soluzione, lavoriamo tutti i giorni per migliorarla perché, anche se siamo diventati la sala d’Italia con più spettatori in Italia, bisogna sempre alzare l’asticella. Il cinema un tempo aveva comunque un numero di spettatori molto più elevato, però se si lavora bene, anche andando in direzioni diverse, è possibile sopravvivere alle piattaforme di streaming».