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Cinema: da “Tre manifesti ad Ebbing, Missouri” a “Napoli velata” e al duo Albanese-Cortellesi

FIRSTonline

Giudizio dell’autore: 

Maratona di cinema: questa settimana vi proponiamo la visione di quattro film ma le stelline di qualità le diamo ad uno solo che le merita ampliamente: Tre manifesti ad Ebbing, Missouri. Sgombriamo subito il campo: siamo nel solco di un certo cinema made in USA capace di cogliere tutte le trame, tutte letture e tutte le contraddizioni possibili sulla società, la cultura, la politica americana in questo inizio di secolo. Film del genere ne abbiamo già visti: si tratta di storie di ordinaria ingiustizia, di banale odio razziale, di normale allergia alle diversità di genere in un piccolo paese di uno stato del profondo Sud degli Stati Uniti, il luogo delle armi facili, delle lacerazioni sociali mai sanate, della cultura da ultima frontiera (come era il Missouri) mai risolta e superata.  

Una donna, la straordinaria Frances McDormand, moglie di Joel Coen e indimenticata protagonista di Fargo, cerca giustizia per la figlia stuprata, uccisa e bruciata mentre tornava a casa. La trama suggerisce nessun colpevole quindi tutti colpevoli, e l’inerzia delle indagini lascia intendere che, forse, della ricerca del vero colpevole non interessa quasi a nessuno. Il film mescola il dramma puro, la denuncia sociale, e non manca il colpo di scena con una puntata di umorismo gelido come una lama perché, comunque, in quel piccolo mondo di quel piccolo paese, si nasconde quasi tutto il male del mondo. Che fare? Giustizia da soli? C’è tutto il tempo per pensare, per riflettere, per capire. 

Il film si regge quasi completamente sul ruolo della madre offesa nell’ingiustizia, efficace nella sua essenziale e ruvida gestualità e espressività, e colpisce a fondo l’emozione dello spettatore. Alta scuola di recitazione, giustamente premiata più volte come attrice protagonista che raramente si vede sullo schermo. Non sono da meno gli altri attori che costruiscono un affresco di umanità credibile. Sceneggiatura serrata e grande fotografia senza alcuna necessità di ricorrere ad effetti o trucchi scenici: semplicemente una buona scrittura in mano ad un ottimo regista, il britannico Martin McDonagh. 

Il secondo film, per chi non lo avesse visto, è nelle sale già da alcuni giorni e merita di essere segnalato. Si tratta di Come un gatto in tangenziale con due protagonisti di sicuro interesse: Antonio Albanese e Paola Cortellesi. Il film è firmato alla regia da Riccardo Milani (marito della stessa Cortellesi) formato alla buona scuola della commedia italiana: già aiuto regista di Mario Monicelli e Nanni Moretti. La storia è semplice quanto efficace: due adolescenti con alle spalle famiglie di radicale e profonda diversità vivono la loro tenera storia di amore mentre i rispettivi genitori gestiscono tra mille difficoltà il conflitto sociale e culturale che li divide. Tutto ispirato a situazioni reali, le case popolari della periferia romana – Bastogi – e le persone, vere, che ci vivono. Se talvolta il cinema italiano regge l’urto della crisi di spettatori al botteghino (i dati 2017 sono allarmanti) è anche grazie all’intelligenza e alla creatività di chi cerca nuovi linguaggi e nuove idee narrative. Tutto scorre con i ritmi giusti e le trovate comiche rendono bene il costo del biglietto.  

Esattamente il contrario, invece, per quanto riguarda una vecchia gloria della commedia italiana: Carlo Verdone in Benedetta follia. Scritto, diretto e interpretato dallo stesso Verdone la storia ci porta tra le vicende di un uomo maturo abbandonato dalla moglie che cerca conforto in incontri occasionali nel Web, con il supporto di una simpatica Ilenia Pastorelli troppo simile al personaggio che l’ha resa famosa in Jeeg Robot. Tutto troppo poco e banale in situazioni, ambienti, personaggi che non riescono a rendere la metà di quello che potrebbero e dovrebbero. Verdone stesso è esaurito nella vena creativa e non si trova traccia della ricca galleria di storie, uomini e situazioni che hanno reso grande il suo ruolo nella storia del cinema italiano. Gelo in sala: strappa a fatica un sorriso per qualche battuta. 

Infine, merita la segnalazione Napoli Velata, di Ferzan Ozpetek. Anzitutto il solito personaggio invisibile, l’attante, sempre presente in tutto il film che da solo regge la narrazione, come il titolo stesso suggerisce. È la Napoli dei misteri, dei segreti, della storia millenaria in tanti suoi aspetti ancora ricca e fascinosa. Il film gode di un cast di tutto rispetto a partire da Giovanna Mezzogiorno, insieme ad Anna Bonaiuto, Peppe Barra ed altri ottimi protagonisti. La trama si riferisce ad un giallo, ad un thriller, sulla morte del giovane amante della protagonista. Vicoli, panorami, suggestioni di una Napoli sempre generosa di passioni nel bene e nel bello che mostra quanto nel male che spesso rappresenta. Velata e misteriosa, appunto, come questa storia tutta di cinema. 

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Categories: Cultura