Per quanto riguarda l’Italia, dopo la mancata partecipazione dei nostri film in concorso lo scorso anno, questa volta ben due partecipano per la Palma d’Oro: Dogman, di Matteo Garrore e Lazzaro felice di Alice Rohrwacher. Il primo è liberamente tratto da una vicenda realmente accaduta negli anni ’80 a Roma, nel pieno delle nefandezze della Banda della Magliana dove il protagonista cerca una specie di riscatto umano sociale attraverso una sua personale vendetta. Una storia torbida, cupa e violenta, come proprio avvenivano in quel periodo nella Capitale e in un quartiere che da dato il nome ad una delle saghe criminali più brutali nella storia della città. Garrone si è fatto le ossa con questo genere di pellicole ispirate al mondo della malavita più o meno organizzata: il suo Gomorra del 2008, tratto dal libro di Giorgio Saviano, ne ha segnato un punto di svolta nello stile, nel linguaggio, che successivamente sarà ripreso per molti aspetti nelle fortunata serie Tv andata in onda su Sky a partire dal 2014 e giunta ora alla terza edizione. Il regista è sensibile al mondo della televisione ed è suo un buon prodotto realizzato nel 2012: Reality, che ha pure avuto un riconoscimento proprio a Cannes.
Il secondo film in concorso si riferisce ad una storia semplice, essenziale, come in parte lo era il precedente film, Le meraviglie del 2014, firmato dalla regista toscana. L’ambiente è la sana campagna dei valori forti e primitivi dove i buoni sono buoni fino in fondo e, in questo caso il giovane protagonista vive un racconto di sincera e semplice amicizia con un suo coetaneo. In ballo ci sono i sentimenti e la Rohwacher sembra essere molto capace a maneggiare una materia molto delicata, dove è facile scadere in luoghi comuni di facile presa sul grande pubblico. Finora ha dato prova di riuscire e anche lei a Cannes, nelle edizioni precedenti ha ricevuto il legittimo riconoscimento.
Nella squadra proposta da Rai Cinema, compare anche nella sezione Un certain regard, Euforia con la firma alla regia di Valeria Golino. La storia si riferisce a due fratelli, Riccardo Scamarcio e Valerio Mastandrea, che la vita rimette l’uno di fronte all’altro nella loro sostanziale diversità di scelte di vita, di ambiente sociale e culturale. Un imprenditore affermato, di successo, spregiudicato e rampante come spesso capita di vedere, e l’altro insegnante in una scuola media di provincia, piccola e semplice come il suo mondo. Anche la Golino, nel 2013 nella stessa sezione, ha ricevuto riconoscimenti con Miele, la sua prima opera cinematografica.
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Il cinema italiano si completa a Cannes, nella Quinzaine des Réalisateurs, con un lavoro di Gianni Zanasi, Troppa grazia, che chiuderà la rassegna. Poi partecipa La strada dei Samouni di Stefano Savona con le animazioni di Simone Massi. Infine, il nome affermato di Marco Bellocchio con La lotta.
In verità, non si completa correttamente la squadra con i nostri colori. Infatti, al momento e salvo ripensamenti dell’ultima ora, manca Loro, l’atteso lavoro di Paolo Sorrentino, liberamente ispirato alla vita pubblica e privata di Silvio Berlusconi. Sul perché e sul percome sia stata presa questa decisione correranno fiumi di inchiostro e anche noi parteciperemo al dibattito non appena sarà possibile vederlo nelle sale. Di certo possiamo dire che il mercato del cinema non è insensibile alle vicende della politica, nazionale e non solo, e non stupisce più di tanto che sia stata operata questa scelta. A meno che non si voglia pensare che si possa trattare di una mera operazione di marketing: bene o male purchè se ne parli. Rimaniamo in attesa.
La vera, grande, assenza invece riguarda un pilastro, una icona del cinema mondiale, un capitolo fondamentale della sua storia ormai ultracentenaria: Orson Welles. E rappresenta un altro tassello della battaglia in corso tra Cannes da un lato e il gigante Netflix dall’altro. Il titolo che non vedremo sul grande schermo è The other side of the wind, girato tra il 1970 e il 1976 . È probabile invece che si potrà vedere sul piccolo schermo della televisione una volta che i proprietari dei diritti, Netflix, deciderà di renderlo disponibile in streaming. Si tratta dell’ultimo, forse fondamentale, lavoro di uno tra i più importanti artisti del cinema dell’era contemporanea, una specie di testamento incompiuto, dove si racconta proprio di un regista alla fine della sua carriera. Vedere un film del genere sul grande schermo può fare la differenza. Come abbiamo scritto sull’argomento, questa vicenda rappresenta un segnale forte dello scontro in atto tra i mondi del cinema e della produzione/diffusione di audiovisivi attraverso la televisione. Difficile parteggiare per l’una o per l’altra parte. La suggestione del grande schermo è forte, la possibilità di vedere film dove e quando possibile non è da meno.