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Cinema, “Puoi baciare lo sposo”: il ritorno della grande commedia italiana

Due giovani omosessuali espatriati in Germania decidono di tornare in Italia per sposarsi, chiedendo l’unione civile da poco introdotta. Famiglia, società civile, e istituzioni: questi i pilastri su cui si regge il bel film di Alessandro Genovesi.

Cinema, “Puoi baciare lo sposo”: il ritorno della grande commedia italiana

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Evviva!!! Tre stelle e più al merito della novità e della continuità di un glorioso genere del cinema italiano: la commedia. Si tratta della sana, pulita, onesta rappresentazione del nostro Paese con i suoi meriti e suoi limiti, con la sua bellezza e le sue ipocrisie dove anche del brutto e del peggio si può anche ridere.

Parliamo di Puoi baciare lo sposo, appena uscito nelle sale, con la regia di Alessandro Genovesi. La storia è quella di due giovani gay che, espatriati in Germania (” … è facile essere omosessuali a Berlino …”) decidono di sposarsi in Italia. Tornano al paese (l’indimenticata Civita di Bagnoreggio, luogo topico del cinema italiano con la scena di Amici miei dove si intendeva spianare il paese per farci passare l’autostrada) e chiedono al sindaco (Diego Abatantuono, un professionista di indubbia qualità) di celebrare l’unione civile da poco introdotta nel nostro ordinamento.

A suo giudizio, quel matrimonio insano non si deve fare e non intende essere lui ad officiare la cerimonia, nonostante la sua apparente connotazione progressista, aperto e disponibile all’apertura verso gli altri … si ma “ai turisti, ai visitatori …”. Dall’arrivo dei due promessi sposi e dei loro scombinati amici in paese in poi è tutto un susseguirsi di situazioni, dialoghi e sequenze tra il paradosso e il surreale con un finale che, da solo, merita il biglietto per quanto sorprendente. Gli altri protagonisti sono altra piacevole sorpresa e reggono benissimo i ruoli: a partire da Monica Guerritore, Cristiano Caccamo, Salvatore Esposito (abbandonato bene lo stereotipo di Gomorra), Dino Abbrescia, e per finire una brava Diana Del Bufalo.

Un cast che non troverà nessuno di loro candidato a ruoli da protagonista agli Oscar, tantomeno nessuno tra loro che appartiene alla partita di giro dei soliti noti che ormai, a volte noiosamente, compaiono sempre nelle pellicole di genere. Allo stesso tempo un cast che ha dato prova di qualità recitativa pregevole, raffinata per quanto essenziale, senza sbavature e senza macchiettismo.

Il film si regge su una trama narrativa molto attenta al contesto sociale, politico e culturale, in cui oggi il nostro Paese si ritrova. Si parla, appunto, di unioni civili, di rapporti omosessuali, e quindi di come la famiglia anzitutto e poi le Istituzioni e la Chiesa cattolica, affrontano questo tema. Si parla inoltre di emigrazione, di meridione, di chi volente o nolente (sembra più nolente) è costretto ad andare all’estero in cerca di lavoro. Di tutto questo se ne parla con “sentimento”, con ironica leggerezza (e si ride come raramente accade) senza sbavature e compiacimenti lagnosi. Come abbiamo scritto in altre occasioni, questo genere di film di onorata tradizione, la commedia, fotografa, cristallizza, un momento della nostra società e si legge una filigrana ottimista che lascia ben sperare.

La prossima settimana sapremo se Chiamami con il tuo nome avrà raccolto qualche successo agli Oscar. Anche quel film ha affrontato il tema di un rapporto di amore omosessuale come in Puoi baciare lo sposo. Mentre nel primo si trattava di sentimenti puri, in questo secondo il riferimento forte è sul versante istituzionale, sulla rappresentazione civile – il matrimonio – tra persone dello stesso sesso. Quando il cinema accompagna il Paese in questo modo, è un bene per tutti.

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