Per quest’anno, a Pasqua, teniamoci leggeri … almeno al cinema. Con questo buon intendimento, chi vi scrive era intenzionato a proporvi la visione di una buona, sana, commedia all’italiana. Uno di quei film che non fanno male a nessuno, si digeriscono facilmente, non provocano bruciori di discussioni e, alla fin fine, assolvono il loro compito di rilassamento e benessere cinematografico. Invece, come talvolta succede, siamo incappati in due prodotti surgelati e scongelati male. Si tratta di Metti la nonna in freezer, con la regia di Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, con Fabio De Luigi e Miriam Leone, e di Una festa esagerata, diretto da Vincenzo Salemme, con lui stesso protagonista, interprete principale, comparsa, direttore luci, costumista etc etc. e altri i nterpretidegni di nota, come Tosca D’Aquino.
I lettori ci perdoneranno una citazione e una parafrasi: “L’arte di non leggere è assai importante. Essa consiste nel non prendere in mano quello che in ogni momento occupa immediatamente la maggior parte del pubblico” di Arthur Schopenhauer. In questo caso occorre l’arte di non vedere certi film che, purtroppo, non è facile da apprendere.
La prima pellicola, già dopo pochi minuti dall’inizio della proiezione, fa sorgere subito una domanda. Perché proporre un film del genere? Non è comico, non è drammatico, non succede nulla che possa vagamente suscitare un interesse in grado di condurre fino alla fine del film con un certo grado di soddisfazione. La storia (tratta da un fatto realmente accaduto) è semplice: una restauratrice in difficoltà finanziarie, sopravvive grazie alla pensione della nonna che, una volta defunta, rischia di mandare in rovina il suo lavoro. Il furbo stratagemma prevede di non denunciare la scomparsa, congelare la salma, e proseguire a riscuotere la pensione. Succede che il destino fa entrare in scena un ufficiale della Guardia di Finanza (che non sembra proprio far emergere una bella immagine) che, alla fine, potrà risolvere il problema. I due protagonisti ce la mettono tutta per dare spessore ai personaggi ma non riescono uscire da una recitazione maldestra e una sceneggiatura rabberciata. A farla breve, non merita più di una stella giusto per dare comunque fiducia a due giovani registi.
Superato il trauma della prima delusione, proviamo a rimediare con il secondo film di Salemme, sperando nella sua esperienza teatrale e cinematografica. Nel suo curriculum compaiono lavori interessanti e collaborazioni qualificate: dai primi film con Nanni Moretti, passando con Giuseppe Tornatore e per finire con una consolidata amicizia con Carlo Vanzina. L’attesa di un film decente era dunque giustificata, almeno in grado di pareggiare il conto con la pellicola precedente di cui abbiamo scritto. La storia, tutta napoletana, si svolge in un condominio benestante del Vomero con vista sul golfo dove fervono i preparativi del diciottesimo compleanno della figlia del protagonista, lo stesso Salemme. Un incidente nefasto manda a monte gli attesi festeggiamenti. A parte qualche persona, probabilmente pagata dalla produzione, in sala cala il gelo dell’insipienza. Battute cotte e bollite, situazioni grottesche ai limiti del ridicolo (che pure potrebbero far sorgere una risata) con il protagonista, regista, attore e comparsa sempre in primo piano, che stenta a dare una fisionomia alla vicenda. E qui, chi scrive, si ferma. Come raramente successo in tanti anni di visioni cinematografiche di ogni genere, questa volta il nulla ha raggiunto il limite ed era giusto uscire alla fine del primo tempo. A malapena merita una stella, per un altro Salemme che abbiamo conosciuto in passato.
È noto che la comicità, il senso dell’umorismo, come pure all’opposto la drammaticità, si riferisce tutta ad una lettura assai soggettiva delle vicende umane. Il cinema, da questo punto di vista, è di grandi aiuto nella possibilità di vedere o rivedere riflessa sul grande schermo la vita reale e, ancor più, se in forma divertente consente meglio di bucare la corazza delle diverse sensibilità. Purtroppo, per questi due film, sembra che ne sia uscito poco di buono. Con buona pace della commedia all’italiana.
Un suggerimento per rivedere un capolavoro della storia del cinema: il 2 aprile del 1968 venne proiettato per la prima volta 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Non solo fantascienza ma un trattato generale sul senso dell’umanità nello spazio e nel tempo. Dopo oltre 50 anni un grande film da vedere e rivedere per altri anni ancora.