Lo chiamano il “tocco” di Peter Jackson, ma poterebbe ben presto perdere efficacia. La Nuova Zelanda, importante centro per l’industria cinematografica mondiale, grazie anche al successo del regista del Signore degli Anelli, potrebbe presto perdere in appetibilità, a favore di altre location più economiche.
Un business internazionale – Indubbiamente il visionario regista neozelandese, proiettato al successo internazionale per la trasposizione cinematografica della trilogia di Tolkien, ha messo Wellington nella mappa delle location cinematografiche più richieste al mondo. A parte la natura incontaminata e i paesaggi mozzafiato, il Paese oceanico, e la sua capitale in primis, offrono anche strutture logistiche all’avanguardia per la produzione di film d’azione e cartoni animati. La Weta Digital (effetti speciali), la Weta Workshop (costumi e scenografie) e gli Stone Street Studios, appartenenti a Jackson, al pluripremiato mago di trucchi e costumi Richard Taylor e Jamie Selkirk, si sono aggiudicati importanti contratti negli effetti speciali di film di successo, quali X-Men, Le cronache di Narnia, I viaggi di Gulliver e il remake di A-Team. Weta Digital è oggi il secondo più importante gruppo di animazione digitale al mondo dopo la statunitense Pixar.
L’enigma Avatar – Questo primato duramente conquistato, però, potrebbe essere facilmente perso perché sempre più Paesi cercano di attirare le grandi produzioni cinematografiche, promettendo condizioni di favore e, speso, bassa manodopera. Per il momento Steven Spielberg ha confermato che il secondo film di Tin Tin, a cui seguirà probabilmente un terzo, sarà diretto da Jackson. Le riprese cominceranno non appena il regista kiwi avrà terminato la produzione dello Hobbit, il film tratto dal romanzo di Tolkien che vede Ian McKellen e Martin Freeman tra i suoi interpreti e che verrà inaugurato proprio a Wellington il prossimo novembre. Proiettata nelle sale lo scorso anno, la prima avventura cinematografica di Tin Tin, intitolata Il segreto dell’unicorno, ha finora incassato 371 milioni di dollari in tutto il mondo e il secondo episodio promette di essere un altro hit.
Nonostante la conferma dell’impegno di Spielberg e il contratto per fornire gli effetti speciali al nuovo film di Superman-Uomo d’acciaio, l’industria cinematografica kiwi trema per la possible perdita di quello che si preannuncia un nuovo successo di botteghino. La posta in gioco è alta. Più di 360 milioni di dollari neozelandesi (224 milioni di euro) sono stati spesi in Nuova Zelanda (di cui almeno 100 nella sola città di Wellington) e 1500 persone sono state impiegate per la produzione della prima puntata di Avatar, il blockbuster fantascientifico di James Cameron che ha stracciato il record di utili registrato dal Titanic. Centinaia di animatori digitali hanno lavorato per anni sulle complesse immagini generate al computer. Il gruppo Weta ha anche prodotto il disegno concettuale, i costumi, le armi e le attrezzature per il film ecologista.
Avatar è stato un film importante per l’industria cinematografica downunder perchè è stato il primo, enorme successo internazionale, a essere stato prodotto interamente in Nuova Zelanda, a parte i film di Jackson che, però, giocavano in casa. Ora a Wellington si teme che la Lightstorm Entertainment, la società di Cameron, scelga di girare Avatar 2 e 3 altrove, in una delle nuove mecche cinematografiche low cost. Una decisione questa che infliggerebbe un serio colpo all’industria neozelandese, dopo che la Twenty Century Fox, che ha prodotto il primo Avatar, ha registrato profitti pari a 1,35 miliardi di dollari Usa (grazie ad Avatar e il cartone animato The Ice Age) e si è vista assegnare sconti fiscali per ben 53 milioni di dollari neozelandesi (33 milioni di euro) dal Governo kiwi.
Sconti fiscali – Secondo il Large Budget Screen Production Grant (LBSPG), infatti, le produzioni cinematografiche che spendono più di 15 milioni di dollari neozelandesi (9,4 milioni di euro) nel Paese australe, possono accedere a contributi pari al 15% delle spese effettuate. Dal 2007, il grant è stato esteso anche ai film che effettuano solamente lavori di post-produzione, o di effetti visivi e digitali per una spesa che va dai 3 ai 15 milioni di dollari. “Godiamo di una grande reputazione in tutto il mondo – afferma Delia Shanley, manager di Film Wellington – per il talento dei nostri tecnici nel campo degli effetti speciali e della produzione cinematografica”. Senza queste agevolazioni, però ammette Shanley, i grandi studios americani non si sarebbero mai avvicinati alla Nuova Zelanda. Dal 2003 il Governo di Wellington ha versato 189,4 milioni di dollari (118 milioni di euro) alle produzioni straniere. Sforzi che hanno contribuito alla generazione, per la produzione cinematografica locale, di profitti esteri per 542 milioni di dollari (338 milioni di euro) nel solo 2009, ponendo il Paese al terzo posto mondiale dopo Canada e Gran Bretagna in questo settore di business.
La concorrenza – Molti Paesi hanno fiutato l’affare e sono ora messi sul mercato con pacchetti concorrenziali. La Corea del Sud, per esempio, ha recentemente annunciato che investirà 178 milioni di dollari Usa nell’industria computer graphics, con un focus sulla tecnologia 3D, in un chiaro tentativo di inserirsi in un business altamente profittevole, riportato in auge proprio da Avatar. Incentivi fiscali sono stati anche promessi dallo Stato della California, che ha annunciato crediti per almeno il 20% delle spese, e quello della Florida che lanciato nei giorni scorsi un pacchetto di incentivi fiscali dal valore di 300 milioni di dollari per varie industrie, quella dell’intrattenimento compresa. Molti Stati statunitensi stanno approntando pacchetti simili per riportare l’industria cinematografica entro i confini americani, dopo l’esodo di massa degli ultimi anni a causa degli alti costi di produzione interni. Altri Paesi in prima linea sono il Canada, la Repubblica Ceca, Irlanda e Messico.
Fiato sospeso – La notizia che Cameron abbia acquistato una fattoria nella regione di Wairarapa, a una decina di minuti di volo di elicottero dai tetti della Weta di Jackson, ha fatto pensare a molti che il geniale regista americano si affiderà ancora al talento neozelandese per le sue opere. Allo stesso tempo, però, Cameron e il suo team hanno spostato la loro sede di lavoro nel Media Campus di MBS a Hollywood dove sono stati prodotti film del calibro di I pirati dei Caraibi e Iron Man. La Nuova Zelanda resta col fiato sospeso.