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Cinema: Molly’s game, da campionessa di sci alle bische

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Giudizio dell’autore: 

Per chi scrive, gli scacchi, il tresette e il poker dovrebbero essere materie di insegnamento già dalle scuole elementari. Non sono semplicemente “giochi” ma meccanismi di relazione sociale fondamentali, in grado di fornire tutti gli strumenti utili a vivere sani e corretti rapporti tra gli individui. Si usa dire che si vive come si gioca e si gioca come si vive: significa anzitutto rispetto delle regole, e poi intuizione, ragionamento, conoscenza dell’avversario, uso razionale del tempo e delle proprie energie, mentali e fisiche. Per il poker, in particolare, è necessario aggiungere il senso e il valore della posta in gioco, il denaro, in grado di alterare per molti aspetti tutto il terreno di “gioco” cioè, più o meno, quanto avviene esattamente nella vita reale.  

Di questo argomento si racconta in Molly’s game, tratto da una storia vera e firmata dall’esordiente Aaron Sorkin. Interpretato da una superlativa Jessica Chastain, di rara bellezza e capacità, il film racconta le storia di una donna che da promessa mancata dello sci olimpico, a causa di un incidente sulle piste, inizia una fortunata attività come organizzatrice di tavoli da gioco per personaggi molto facoltosi. In questo mondo, intorno al tavolo verde, si intrecciano storie e situazioni non tutte legali e, infatti, l’FBI indaga su oscuri intrecci con organizzazioni malavitose. La storia di Molly scorre bene, i dialoghi sono serrati e non banali, i personaggi sono credibili e tutta la sceneggiatura rende la visione gradevole, salvo lungaggini su alcuni dialoghi che nell’economia generale si potevano tagliare tranquillamente.

La pellicola è molto teatrale e poggia molto sulle parole, sulle riflessioni, sui confronti tra diversi punti di vista. Non potevano mancare sequenze di partite mozzafiato con poste in palio molto elevate. Per chi conosce questo mondo, anche solo superficialmente, sa bene quanta adrenalina corre in certi momenti e i successo di questi film consiste proprio in quanta ne fa correre allo spettatore. Non c’è confronto con illustri precedenti cinematografici, tuttavia gli ingredienti del pathos ci sono. La protagonista, da sola, tiene banco per tutta la durata della pellicola e riesce bene a raccontare una vicenda umana che, comunque la si voglia osservare, è di grande fascino. Chi ama questo genere di film ritrova, in alcuni passaggi, sequenze storiche di memorabili partite a poker. Ne citiamo due sulle tante che sono nella storia del cinema: La casa dei giochi, di David Mamet del 1987 (per chi scrive in testa alla classifica) e Regalo di Natale di Pupi Avati del 1984 (ineguagliabile tra gli italiani). Per dovere di cronaca citiamo Il giocatore (Rounders) di John Dahl – 1998 e Cincinnati Kid di Norman Jewison del 1965.  

Il film racconta una storia che è propria di quel mondo di giochi tra l’azzardo e l’intelligenza (il poker, da questo punto di vista, segna uno spartiacque tra chi ha le carte in mano in un modo piuttosto che nell’altro) ma anche la vicenda umana di un’adolescente in crescita con un padre (un compassato Kevin Kostner) troppo in pressione sulla figlia. Ci sono spunti interessanti e non banali che rendono Molly’s game un film che merita la visione.  

Negli Stati Uniti, uscito lo scorso anno, ha riscosso un discreto successo. In Italia, dove vive un popolo di giocatori (le cifre sono impressionanti: secondo un articolo del Sole 24 Ore “Commisurata al Prodotto Interno Lordo, la Spesa del nostro Paese – nel gioco d’azzardo , pari allo 0,85%, supera di poco quella degli Stati Uniti (0,78) e della Gran Bretagna (0,75), è il doppio di quella francese (0,41) e più del doppio di quella tedesca (0,31)” è verosimile immaginare che possa riscuotere un buon successo. 

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Tags: CinemaUltima